A seguito delle attività di monitoraggio dei nostri volontari, vi presentiamo la classifica (in ordine crescente di quantità rilevate) dei rifiuti che è più frequente incontrare in spiaggia, soprattutto dopo le mareggiate. Tutte le foto sono state scattate dai Gre Lazio nel mese di giugno 2019.
10 - BOE
Esatto: boe. Enormi. Lunghe anche fino ad un metro, che di solito ancorate in un determinato punto allo scopo di segnalazione di zone pericolose per la navigazione (scogliere, secche, ecc.) o rotte da seguire in particolari zone (entrate di porti, ecc.), oppure destinate a realizzare un punto di ormeggio sicuro per navi e imbarcazioni in porti e rade, evitando così l'uso delle proprie ancore. E poi gavitelli, le boe di forma doppio conica molto diffuse per ormeggiare piccoli natanti a poche decine di metri dalla riva. Tutti in polietilene. E spesso ancora con pezzi di cima o catene attaccate.
9 - BOTTIGLIE DI VETRO
Un materiale sempre meno utilizzato, il vetro, ma che spesso si ritrova anche in spiaggia. Nelle tipologie, per giunta, di maggior spessore, fattore che sicuramente ha contribuito a far resistere i contenitori a scuotimenti e urti. Un tempo erano un canale di comunicazione, oppure uno strumento per tracciare il percorso delle correnti (soprattutto quelle oceaniche). Tuttavia, risulterebbe abbastanza inutile cercarvi all'interno un messaggio come quello lasciato da uno degli 813 marinai dell'incrociatore Fiume dispersi a seguito della battaglia navale di Gaudo e Capo Matapan
(nel Sud del Peloponneso) nel 1941 e ritrovato su una spiaggia di
Cagliari nel 1952: oggigiorno si tratta quasi esclusivamente di rifiuti, magari semplicemente a testimonianza di una notte "brava".
In spiaggia è possibile trovare con una certa frequenza secchi rotti: spesso sono del tipo utilizzato per le vernici, ma è molto probabile che il loro impiego sia legato in qualche modo alla pesca o comunque al trasporto di oggetti in barca. Il formato tipico è quello rotondo da 30 litri di colore bianco, ma a ben cercare se ne trovano di altri colori e misure. Evidentemente però non è infrequente che marinai distratti li lascino cascare il acqua, e il mare "gentilmente" ce li rende: rotti, quindi non pensate di poterli riutilizzare.
Le classiche cassette utilizzate per ortofrutta: robuste, sovrapponibili, sia forate che non. Le peggiori intemperie e il più cocente sole sembra che non possano nulla contro questi oggetti. Ed infatti sembrano quasi nuove o comunque in uno stato di conservazione così buono da poterne ipotizzare un recupero e riutilizzo. Lecito supporre che anche questi prodotti siano stati in qualche modo utilizzati da chi lavora in mare, sebbene il numero dei ritrovamenti inizia ad essere davero significativo.
Taniche e fusti legati con corde sapientemente intrecciate, spesso utilizzati per segnalare e ritrovare reti lasciate in mare. E proprio la forza del mare spesso li "libera", lasciandoli navigare fin sulle spiagge. E' un ritrovamento frequentissimo soprattutto nelle zone di pesca o comunque con elevata presenza diportistica.
5 - CONTENITORI IN PLASTICA PERLIQUIDI
Non ci riferiamo alle classiche bottiglie per acqua potabile, bensì agli innumerevoli contenitori di ogni forma, materiale, misura che ad esempio riempiono gli armadietti del bagno: quelli per detersivi o comunque sostanze chimiche, ad esempio utilizzare per la detersione. Talvolta anche molto pericolose: ne abbiamo infatti trovata finanche una contente cloruro, un composto chimico binario formato dalla combinazione del cloro con un altro elemento, utilizzato come disinfettante di basso costo e anche come agente sbiancante. Ma che può nuocere gravemente alla salute e risulta altamente tosssico e nocivo per l'ambiente acquatico, e che pertanto non andrebbe disperso nemmeno in quantità minime.
Sono contenitori ad uso alimentare spesso utilizzati nel settore ittico per l'imballaggio del pesce. Esistono di diverse tipologie: con fondo bucato, casse chiuse o forate, casse “pedanabili”, casse con buchi laterali o chiuse, casse per alici, casse per anguille, salmone. Sono molto utilizzate perchè idonee al contatto alimentare, isotermiche, talvolta pallettizzabili, talvolta con fondi assorbenti o atti alla tenuta di liquidi. Sono in polistirene, il cosiddetto polistirolo espanso. Sebbene riciclabili al 100%, non sono assolutamente biodegradabili e non di rado si frammentano in parti più piccole che potenzialmente possono anche essere ingerite da animali.
3 - SCARPE
Vi sembra assurdo? Eppure in spiaggia si trovano scarpe di ogni tipo e numero. Ovviamente però è estreamente improbabile che ci siano tanto la destra quanto la sinistra, quindi non pensate di poter svecchiare le vostre calzature gratuitamente. Ma come ci sono finite? Nei modi più disparati: cascate in acqua dalle navi o siano state abbandonate in spiaggia, hanno tempi di degradamento lunghissimi perchè rilevante è la quantità di plastiche utilizzate per fabbricarle. A meno che non le si riccolga per destinarle ad altri utilizzi tramite il riuso creativo, tecniche del fai-da-te e un po’ di immaginazione.
2 - RIFIUTI DELLA MITILICOLTURA
Nei mari italiani una fonte importante di inquinamento è conseguenza della mitilicoltura: le Longline sono una sorta di filare, composte dall’installazione di funi di sostegno ancorate al fondo con dei pesi, e mantenute in verticale da una serie di galleggianti, a una profondità di 2-3 metri rispetto al pelo dell’acqua. Le cozze vengono allevate all’interno di reti tubolari in polipropilene chiamate “calze”, rette da corde lunghe tra i 2 e i 5 metri. Ma spesso queste calze vengono disperse in mare in grandi quantità, rappresentando un pericolo per i pesci e una degradazione degli ecosistemi. E poi, alla prima mareggiata, il mare ce ne ritira in faccia una certa quantità spiaggiandole.
1 - PLASTICHE MONOUSO
Bottiglie. Da 2 litri, da 1,5 litri, da 0,5 litri. Di ogni marca, forma, modello, colore. Con o senza relativi tappi. E poi bicchieri di plastica, tanti bicchieri di plastica. Eppure basterebbe riportarseli dietro o non lasciarli cadere dalle barche. Per fortuna dal 2021 non si potranno più utilizzare nell’Unione europea alcuni prodotti in plastica monouso come piatti, posate e cannucce. Ma nel frattempo in tanti enti locali stanno aderendo alla campagna #PlasticFreeChallenge lanciata dal Ministro dell'Ambiente Sergio Costa. Sebbene il problema resta (e non è marginale) per i paesi extra-UE e soprattutto quelli meno sviluppati.