Pagine

In evidenza

lunedì 16 dicembre 2019

TAR, niente cave nelle aree protette


Un sentenza importante, quella adottata dal Tar Puglia, la quale, richiamando la giurisprudenza comunitaria, ha ribadito che nelle aree protette non è possibile alcun bilanciamento tra le esigenze di tutela della fauna e gli interessi socio-economici in quanto vige la prevalenza delle esigenze di tutela ambientale. Nella fattispecie, il ricorso verteva contro il diniego di  apertura di nuove cave in area SIC in forza di una èrevisione regionale recante il divieto assoluto di realizzare nuove cave e dei livelli di tutela superiori da parte delle Regioni, che sull'argomento detengono competenza esclusiva residuale. I giudici amministrativi, con il provvedimento pubblicato lo scorso 5 dicembre, hanno pertanto rigettato il ricorso della ditta individuale che chiedeva di poter aprire una nuova cava di materiali lapidei (pietra calcarea da taglio) in un sito dell'agro del Comune di Ruvo di Puglia ricadente nel SIC Murgia Alta.

Ma leggiamo la sentenza...


Pubblicato il 05/12/2019

N. 01606/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00882/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 882 del 2018, proposto dalla ditta individuale [omissis], in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [omissis], con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE) e domicilio eletto presso lo studio [omissis];

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [omissis], con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE) e domicilio presso l’Avvocatura regionale, in Bari, lungomare Nazario Sauro, 33;
Città metropolitana di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [omissis], con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE) e domicilio presso l’Avvocatura dell’ente, in Bari, lungomare Nazario Sauro, 29;
Comune di Ruvo di Puglia, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

- della determinazione dirigenziale (Servizio edilizia, impianti termici, tutela e valorizzazione dell’ambiente della Città metropolitana di Bari) n. 2379 del 30.4.2018, prot. n. 54882/2018, comunicata a mezzo pec in data 2.5.2018, con cui si esprime giudizio di compatibilità ambientale negativo sul progetto di apertura di una cava di pietra calcarea, conformemente alle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi nella seduta del 12.12.2017, e in quelle precedenti indicate in ricorso;

- degli atti presupposti e connessi, segnatamente - in parte qua - del regolamento regionale n. 6 del 10.5.2016 recante “Misure di Conservazione ai sensi delle Direttive Comunitarie 2009/147 e 92/43 e del DPR 357/97 per i Siti di importanza comunitaria (SIC)”;

- del parere sfavorevole del Comitato VIA reso nella seduta dell’11.10.2016 e della proposta di parere sfavorevole ai fini della valutazione d’incidenza ex d.p.r. n. 357/1997 e ss.mm.ii. formulata dal funzionario del Servizio edilizia, impianti termici, tutela e valorizzazione dell’ambiente della stessa Città metropolitana, allegato al citato verbale conclusivo della conferenza di servizi;

- nonché, ove occorra, del parere sfavorevole reso dal Comune di Ruvo di Puglia con nota dirigenziale n. 22245 del 3.11.2014;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e della Città metropolitana di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. [omissis]e uditi nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2019 per le parti i difensori avv. [omissis], su delega dell’avv. [omissis], avv. [omissis]e avv. [omissis];

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - L’odierna ricorrente impresa individuale [omissis], operante nel settore estrattivo, nel novembre del 2012 presentava al competente Ufficio regionale domanda di autorizzazione all’apertura di una cava di pietra calcarea da taglio in agro di Ruvo di Puglia, località “Barile” (su suoli distinti in catasto al foglio 109, particelle 92p-91p-16-90-12-18p-15-77p-75p e 78).

L’Ufficio controllo e gestione del P.R.A.E. (Piano regionale delle attività estrattive) con nota prot. A00160 del 22.9.2014 trasmetteva alla Provincia la documentazione prodotta dalla ditta istante.

La Provincia con nota PG0149692 del 22.10.2014 del Servizio ambiente, protezione civile e polizia provinciale comunicava all’impresa che avrebbe dovuto provvedere ad alcuni adempimenti volti a consentire al Servizio stesso il formale avvio della procedura ai sensi degli artt. 23 e 24 del decreto legislativo n. 152/2006.

Con nota del proprio tecnico dott. [omissis], protocollata in data 21.11.2014, la ditta istante riscontrava la citata comunicazione, documentando l’avvenuto adempimento degli incombenti richiesti.

Successivamente, con le note del Servizio edilizia pubblica, territorio e ambiente dell’11.3.2015 e del 23.3.2015, la Città metropolitana - subentrata alla Provincia - formulava due distinte richieste d’integrazione della documentazione presentata, cui la ditta istante forniva riscontro con le note rispettivamente del 23.3.2015 e del 4.5.2015.

Infine, dopo un’ulteriore corrispondenza intercorsa con la ricorrente [omissis], la Città metropolitana con la nota del competente Servizio n. 37273 in data 16.3.2016 disponeva la convocazione di una conferenza di servizi, ai sensi degli artt. 25 del decreto legislativo n. 152/2006 e 14 della legge n. 241/1990, “per l’acquisizione dei pareri, ovvero delle determinazioni di competenza” da parte di tutti gli enti e uffici a vario titolo coinvolti nella procedura de qua.

L’attività della conferenza di servizi si dispiegava nell’arco di tre riunioni, in data 1.4.2016, 18.11.2016 e infine 12.12.2017.

In quest’ultima veniva verbalizzato quanto segue:

«… Si richiamano:

- il Regolamento Regionale n. 6 del 10.05.2016, laddove sono definite le Misure di Conservazione dei SIC per il sito Murgia Alta cod. 9120007 ovvero le Misure di Conservazione Trasversali – Allegato 1 – punto 10 – Attività Estrattive – che vieta l’apertura di nuove cave.

- il parere del Comitato VIA che nella seduta del 11.10.2016, esaminata la documentazione integrativa richiesta nella seduta del 11.02.2016, ha espresso parere non favorevole sull’intervento come di seguito riportato: “… In ogni caso, e tutto a voler considerare, si rileva che il sito di intervento ricade all’interno del SIC Murgia Alta (IT912007) che non è dotato di Piano di Gestione e, conseguentemente, valgono le “Misure di Conservazione Trasversali” applicate alle Attività Estrattive (Misura n. 10) così come indicato dal R.R. 6/2016 del 10.05.2016 che vietano l’apertura di nuove cave all’interno di aree SIC. Giudizio Finale: Il Comitato Tecnico VIA, vista la documentazione tecnica relativa al progetto in oggetto, per quanto di propria competenza e nel rispetto delle funzioni attribuite, esprime parere non favorevole”.

- l’istruttoria VINCA che si allega al presente verbale per costituirne parte integrale e sostanziale.

Conseguentemente, all’esito dei lavori svolti, valutate le specifiche risultanze e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse sulla base dei pareri resi, la conferenza assume la determinazione conclusiva di esprimere un giudizio di compatibilità ambientale negativo.

Si specifica, altresì, che la notifica del presente verbale assolve a tutte le comunicazioni prescritte dall’art. 10-bis della L. 241/90 e s.m.i. …».

La ditta ricorrente, con la nota pec in data 22.12.2017 poi ritrasmessa in data 24.1.2018, formulava rilievi e deduzioni al preavviso di diniego.

Da ultimo, con la gravata determinazione dirigenziale n. 2379 del 30.4.2018, prot. n. 54882/2018, la Città metropolitana, richiamato e ripercorso l’iter procedimentale, esprimeva - “in conformità alle determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi” - giudizio di compatibilità ambientale negativo sull’intervento estrattivo proposto dalla ditta [omissis].

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente censurava gli atti in epigrafe indicati, deducendo censure così sinteticamente riassumibili:

1) illegittimità del regolamento regionale n. 6 del 10.5.2016 (segnatamente con riferimento alle “Misure di conservazione trasversali - allegato 1 - punto 10 - Attività estrattive), per violazione e malgoverno dell’art. 1 del d.p.r. n. 357/1997 e ss.mm.ii., anche con riferimento all’art. 1 delle NTA del PRAE (di cui alla variante approvata con DGR n. 445 del 23.2.2010, in BURP n. 44 dell’8.3.2010), nonché all’art. 5 dello stesso d.p.r. n. 357/1997; eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, difetto di motivazione; illegittimità derivata del giudizio negativo di compatibilità ambientale di cui alle impugnate determinazioni della conferenza di servizi e di quella dirigenziale ad essa consequenziale;

2) violazione e malgoverno dell’art. 5 del d.p.r. n. 357/1997 e ss.mm.ii.; eccesso di potere per carenza d’istruttoria e di motivazione, erronea presupposizione;

3) violazione degli artt. 2 e 3 delle NTA del P.R.A.E. (variante innanzi meglio specificata sub 1), nonché delle NTA del PUTT/Paesaggio e del PPTR; eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti, irrazionalità manifesta.

2. - Si costituivano la Regione Puglia e la Città metropolitana di Bari, resistendo al gravame.

3. - All’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 la causa passava in decisione.

4. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Giudice che il ricorso debba essere respinto in quanto infondato, potendosi conseguentemente prescindere dalla disamina delle eccezioni preliminari.

4.1. - È, infatti, condivisibile la linea difensiva espressa sia dalla Regione Puglia, sia dalla Città metropolitana di Bari.

Come evidenziato dalla sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, sezione prima-ter, n. 3040 del 25.2.2010 “… la giurisprudenza comunitaria tende ad escludere che l’Amministrazione possa effettuare alcun bilanciamento tra le esigenze di tutela della fauna e degli habitat, da un lato, e gli interessi socio-economici, dall’altro, quando si tratti di individuare e perimetrare le ZPS: “…secondo la giurisprudenza della Corte, uno Stato membro non può, all’atto della scelta e della delimitazione di una ZPS, tener conto di esigenze economiche, né a titolo di un interesse generale superiore a quello cui risponde l’obiettivo ecologico considerato dalla direttiva sugli uccelli, né in quanto esse rispondono a motivi imperativi di rilevante interesse pubblico come quelli di cui all’art. 6, n. 4, primo comma, della direttiva sugli habitat”(così Corte Giust. CE, Seconda Sezione, sent. 23 marzo 2006, in C-209/04, Commissione c. Austria; nello stesso senso già Id., sent. 11 luglio 1996, in C-44/95, Royal Society for the Protection of Birds). …”.

Pertanto, alla stregua del principio di diritto sotteso a tale sentenza e diversamente da quanto sostenuto dalla ditta istante, le esigenze di tutela ambientale sono destinate a prevalere sempre e comunque rispetto alle esigenze economiche, valutazione quest’ultima evidentemente immanente al divieto assoluto di apertura di nuove cave in area SIC (quale quella per cui è causa) ai sensi del contestato punto 10 dell’allegato 1 del regolamento n. 6/2016, di cui l’impugnato provvedimento costituisce legittima e doverosa applicazione.

Peraltro, va rimarcato che nell’area in esame sono comunque vietate ai sensi dell’art. 73 delle NTA del PPTR nuove attività estrattive e ampliamenti.

Ne consegue che la disposizione regolamentare in esame (i.e. punto 10 dell’allegato 1 del regolamento regionale n. 6/2016 recante il divieto assoluto di realizzazione di nuove cave in zone SIC, divieto correttamente richiamato nella motivazione del provvedimento impugnato) è - in modo legittimo e coerente rispetto al principio di diritto di cui alla citata sentenza del T.A.R. Lazio n. 3040/2010 - radicalmente ostativa alla realizzazione del progetto proposto dalla ditta ricorrente.

Deve comunque essere evidenziato che la previsione regionale in commento relativa al divieto assoluto di realizzazione di nuove cave in zone SIC non contrasta con i principi europei di non discriminazione e di proporzionalità in quanto non contempla un ostacolo assoluto alla realizzazione di qualsivoglia attività economica in area SIC.

Invero, altre attività di tipo economico sono comunque possibili in detta zona, sia pure con l’osservanza delle rigorose condizioni previste dallo stesso regolamento regionale - allegato 1 - punto 10 (per esempio, “Per i soli materiali lapidei di difficile reperibilità, così come riportato dal PRAE vigente, è consentito l’ampliamento delle attività estrattive, autorizzate ai sensi della L.R. 37/1985 e s.m.i., in esercizio alla data del 02/08/2013 (data di adozione del vigente PPTR). Tale ampliamento può essere autorizzato solo a seguito dell’accertamento dell’avvenuto recupero di una superficie equivalente a quella di cui si chiede l’ampliamento stesso avendo cura di preservare, nell’individuazione dell’area di ampliamento, i manufatti di maggiore pregio ivi presenti. In ogni caso, la superficie richiesta di ampliamento non deve eccedere il 50% della superficie già autorizzata. Tutta la documentazione relativa all’accertamento dell’avvenuto recupero delle aree già oggetto di coltivazione deve essere trasmessa all’Amministrazione competente al rilascio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica unitamente all’aggiornamento del Piano di Recupero, esteso all’intera area di cava e comprensivo di azioni ed interventi riguardanti l’area già coltivata e recuperata. Il Piano di Recupero dovrà mirare all’inserimento delle aree oggetto di attività estrattiva nel contesto paesaggistico in coerenza con le componenti antropiche, agricole, insediative e con la struttura geomorfologica e naturalistica dei luoghi. È comunque fatto divieto di ampliamento delle cave autorizzate, laddove l’ampliamento riguardi aree interessate da habitat di interesse comunitario”).

A tal fine, premesso che il ricorso de quo ha ad oggetto una disposizione del regolamento regionale n. 6 del 10.5.2016 relativo alle “… misure di conservazione ai sensi delle direttive comunitarie 2009/147 e 92/43 e del D.P.R. n. 357/1997 per i Siti di importanza comunitaria (SIC)”, appare rilevante la decisione di questo T.A.R. n. 674 del 3.5.2013 (resa nel giudizio r.g. n. 1552/2008) avente ad oggetto l’impugnazione del regolamento regionale del 18 luglio 2008 n. 15 relativo alle “… misure di conservazione ai sensi delle direttive comunitarie 79/409 e 92/43 e del DPR 357/97 e successive modifiche e integrazioni” (si consideri che la direttiva 79/409/CEE è stata abrogata dalla direttiva comunitaria n. 2009/147).

Nel corso del menzionato giudizio r.g. n. 1552/2008 veniva sollevata questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea con ordinanza collegiale n. 273/2009 avente oggetto il seguente quesito:

«Se sia compatibile con il diritto comunitario, ed in particolare con i principi desumibili dalle Direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE (in materia di energie rinnovabili) e dalle Direttive 1979/409/CE e 1992/43/CE (in materia di tutela dell’avifauna e dell’habitat naturale), il combinato disposto dell’art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, dell’art. 5, primo comma, del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007 e dell’art. 2, sesto comma, della legge regionale della Puglia 21 ottobre 2008 n. 31, nella parte in cui vietano in modo assoluto ed indifferenziato di localizzare aerogeneratori non finalizzati all’autoconsumo nei SIC e nelle ZPS costituenti la rete ecologica ‘NATURA 2000’, in luogo dell’effettuazione di apposita valutazione di incidenza ambientale che analizzi l’impatto del singolo progetto sul sito specifico interessato dall’intervento.».

La Corte di giustizia dell’UE con sentenza del 21 luglio 2011 resa nella causa C-2/10 così decideva detta questione pregiudiziale:

«La direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, la direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/77/CE, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2009, 2009/28/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa che vieta l'installazione di aerogeneratori non finalizzati all'autoconsumo su siti appartenenti alla rete ecologica europea Natura 2000, senza alcuna previa valutazione dell'incidenza ambientale del progetto sul sito specificamente interessato, a condizione che i principi di non discriminazione e di proporzionalità siano rispettati».

Con la citata sentenza n. 674/2013 questo T.A.R. riteneva che la previsione regionale (di cui al regolamento n. 15/2008), in quel caso, di un divieto assoluto di realizzazione di impianti eolici non finalizzati all’autoconsumo all’interno delle zone appartenenti alla rete Natura 2000 senza alcuna previa valutazione d’incidenza ambientale del progetto, fosse in concreto compatibile con i principi euro-unitari di proporzionalità e non discriminazione di cui alla suddetta decisione della Corte di Giustizia poiché:

«… quanto al principio di non discriminazione, il Collegio ritiene che la disciplina più restrittiva dettata dal legislatore regionale sia pienamente giustificata dai rischi di collisione, dalle perturbazioni e dall’effetto “barriera” che gli aerogeneratori producono, per dato di comune esperienza, costringendo gli uccelli a cambiare direzione e provocando, specialmente negli insediamenti di maggiori dimensioni, la perdita o la degradazione degli habitat naturali.

Si tratta di effetti pregiudizievoli peculiari e tipici degli impianti eolici (i quali raggiungono altezze considerevoli ed interferiscono con le rotte di spostamento dell’avifauna), che viceversa possono non sussistere per altre tipologie di impianti industriali e che perciò giustificano l’introduzione di un regime di divieto assoluto nelle zone appartenenti alla rete Natura 2000.

Quanto, poi, al principio di proporzionalità, il Collegio ritiene che la cartografia prodotta in giudizio dalla Regione consente di ritenere che la sottoposizione a divieto assoluto riguardi un’area definita e circoscritta del territorio pugliese (in particolare, Alta Murgia e Gargano).

Inoltre, il divieto di legge si limita ai soli aerogeneratori e non riguarda altre forme di produzione di energie rinnovabili e si applica esclusivamente ai nuovi impianti eolici a fini commerciali, restando salva la possibilità di realizzare aerogeneratori finalizzati all’autoconsumo con potenza pari o inferiore a 20 kW.

Ne discende che l’art. 2, sesto comma, della legge regionale n. 31 del 2008 non contiene divieti sproporzionati o discriminatori e risulta perciò compatibile con le direttive europee in materia di energie rinnovabili e di tutela dell’avifauna. …».

Mutatis mutandis, si deve ritenere che la previsione regolamentare regionale oggetto del presente giudizio (i.e. punto 10 dell’allegato 1 del regolamento regionale n. 6/2016 recante il divieto assoluto di realizzazione di nuove cave in zone SIC) sia rispettosa dei principi euro-unitari di non discriminazione e di proporzionalità, in quanto il divieto assoluto in esame è certamente giustificato dagli effetti particolarmente incisivi ed impattanti sul contesto ambientale SIC derivanti dalla realizzazione di nuove cave, tenuto altresì conto che - come detto - alcune attività economiche estrattive sono comunque consentite dal citato regolamento regionale n. 6/2016 all’allegato 1 (recante “Misure di conservazione per i siti di importanza comunitaria presenti in Puglia appartenenti alla Regione biogeografica mediterranea - Servizio parchi e tutela della biodiversità - Misure di conservazione per i siti di importanza comunitaria presenti in Puglia appartenenti alla regione biogeografica mediterranea - misure di conservazione trasversali”) e tra queste specificamente - sia pure a determinate condizioni - l’ampliamento delle cave già in precedenza autorizzate (cfr. punto 10 in tema di “attività estrattive).

Quanto al principio di proporzionalità, questo Collegio rileva che le misure di conservazione, tra cui il divieto assoluto di cui al punto 10 dell’allegato 1 del regolamento regionale n. 6/2016 (che riguarda un’attività che incide significativamente sull’ecosistema nelle singole aree), si applicano non già con riferimento all’intero territorio regionale, bensì limitatamente alle aree definite dall’art. 2 (“Ambito di applicazione”) dello stesso regolamento (aree peraltro caratterizzate da peculiare valenza ambientale):

«1. Le Misure di Conservazione di cui al presente regolamento si applicano nei seguenti 49 siti di importanza comunitaria (SIC) anche qualora designati come Zone speciali di Conservazione (ZSC), ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 92/43/CEE:
  • Isola e Lago di Varano (IT9110001)
  • Foresta Umbra (IT9110004)
  • Isole Tremiti (IT9110011)
  • Testa del Gargano (IT9110012)
  • Monte Saraceno (IT9110014)
  • Duna e Lago di Lesina-Foce del Fortore (IT9110015)
  • Pineta Marzini (IT9110016)
  • Castagneto Pia-Lapolda/Monte La Serra (IT9110024)
  • Manacore del Gargano (IT9110025)
  • Monte Calvo-Piana di Montenero (IT9110026)
  • Bosco Jancuglia-Monte Castello (IT9110027)
  • Bosco Quarto-Monte Spigno (IT9110030)
  • Valle del Cervaro/Bosco dell'Incoronata (IT9110032)
  • Valle Ofanto - Lago di Capaciotti (IT9120011)
  • Monte Sambuco (IT9110035)
  • Bosco Guarini (IT9150001)
  • Costa Otranto - Santa Maria di Leuca (IT9150002)
  • Boschetto di Tricase (IT9150005)
  • Rauccio (IT9150006)
  • Torre Uluzzo (IT9150007)
  • Litorale di Ugento (IT9150009)
  • Palude del Capitano (IT9150013)
  • Parco delle Querce di Castro (IT9150019)
  • Le Cesine (IT9150032)
  • Torre Inserraglio (IT9150024)
  • Palude del Conte/Dune Punta Prosciutto (IT9150027)
  • Porto Cesareo (IT9150028)
  • Torre Colimena (IT9130001)
  • Masseria Torre Bianca (IT9130002)
  • Duna di Campomarino (IT9130003)
  • Mar Piccolo (IT19130004).
  • Pinete dell'Arco Ionico (IT9130006)
  • Castellana Grotte (IT9120001)
  • Valloni di Spinazzola (IT9150041)
  • Murgia Alta (IT9120007)
  • Bosco Tramazzone (IT9140001)
  • Bosco I Lucci (IT9140004)
  • Bosco di Santa Teresa (IT9140006)
  • Bosco Curtipetrizzi (IT9140007)
  • Foce Canale Giancola (IT9140009)
  • Posidonieto C.S. Gregorio - P. Ristola (IT9150034)
  • Posidonieto Isola di San Pietro - Torre Canneto (IT9130008)
  • Posidonieto San Vito-Barletta (IT9120009)
  • Laghi di Conversano (IT9120006)
  • Valloni di Mattinata-Monte Sacro (IT9110009)
  • Litorale di Gallipoli e Isola di Sant'Andrea (IT9150015)
  • Bosco Le Chiuse (IT9150022)
  • Padula Mancina (IT9150035)
  • Lago del Capraro (IT9150036)
2. Le Misure di Conservazione si applicano, altresì, nella parte marina dei seguenti SIC:
  • Stagni e Saline di Punta della Contessa (1T9140003);
  • Torre Guaceto e Macchia di San Giovanni (IT9140005);
  • Acquatina di Frigole (IT9150003);
  • Alimini (IT9150011);
  • Torre Veneri (IT9150025);
  • Montagna Spaccata-Rupi di San Mauro (IT9150008).
2-bis. Le Misure di Conservazione si applicano, altresì, nel SIC "Valloni e Steppe pedagarganiche" (IT9110008) per la parte comprendente i Comuni di San Giovanni Rotondo, Monte Sant'Angelo, San Marco in Lamis e Rign ano Garganico, con esclusione della parte riguardante il territorio del Comune di Manfredonia già dotato di Piano di Gestione.

3. Per i SIC ricadenti all’interno di aree naturali protette o di aree marine protette istituite ai sensi della legislazione vigente, le Misure di Conservazione si applicano ad integrazione delle norme vigenti; nel caso di conflitto si applica la norma più restrittiva.

4. In deroga al presente regolamento, qualora un piano o progetto debba comunque essere realizzato per motivi di rilevante interesse pubblico connessi con la salute dell'uomo o la sicurezza pubblica, valutata la mancanza di soluzioni alternative, l’ente di gestione del sito ne autorizza la realizzazione con la prescrizione di ogni misura compensativa necessaria a garantire e tutelare la coerenza complessiva alla Rete Natura 2000, ai sensi dell'articolo 1 del D.M. 17 ottobre 2007 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio».

È, quindi, evidente che - alla stregua della previsione di cui all’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990, e a prescindere da ogni altra deduzione di cui ai motivi di ricorso, - il contenuto dispositivo dell’impugnato provvedimento del 30.4.2018 non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, considerato altresì che l’Amministrazione ha comunque espletato in concreto un’istruttoria, come emerge a pag. 7 e ss. dello stesso provvedimento.

4.2. - In ogni caso non è censurabile la previsione regionale recante il menzionato divieto assoluto anche rispetto alla corrispondente prescrizione statale di cui all’art. 5 del d.p.r. n. 357/1997 che contempla la necessità di una valutazione d’incidenza da effettuare caso per caso.

Invero, pur essendo la tutela dell’ambiente materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione, ciò nondimeno, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr., ex multis, sentenza del 20.10.2017, n. 218), sono pacificamente ammessi livelli di tutela superiori, da parte delle regioni, rispetto agli standard nazionali (quale deve considerarsi appunto la previsione regionale di un divieto assoluto di realizzazione di nuove cave in area SIC).

Inoltre, la Corte costituzionale (cfr. sentenza del 30.3.2018, n. 66) ritiene che la materia delle “cave” rientri nella competenza legislativa esclusiva residuale delle Regioni ex art. 117, comma 4, della Costituzione. A maggior ragione, quindi, la previsione regolamentare regionale di un divieto assoluto di realizzazione di nuove cave in area SIC deve ritenersi conforme al riparto di competenze legislative e regolamentari delineato dall’art. 117, commi 2, 4 e 6 della Costituzione.

5. - In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.

6. - In considerazione della peculiarità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:

[omissis]