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sabato 2 maggio 2020

Acque di balneazione, i limiti dei controlli effettuati dall'ARPA Lazio

In attesa che partano i campionamenti pre-stagionali per il monitoraggio 2020 delle acque di balneazione (attività sospesa anche nel Lazio a seguito di una comunicazione del Ministero della Salute che ha subordinato l'inizio di tali attività all'evolversi della pandemia e alle disposizioni del governo riguardanti le attività ludiche e sportive da svolgere all'aperto), il report 2019 dell'ARPA fa il punto sulla situazione nel Lazio ma fa anche sorgere numerose perplessità sulla completezza degli indicatori che la normativa comunitaria richiede di misurare affinché venga valutata la qualità delle acque ai fini della loro balneabilità.

Le attività di sopralluogo, campionamento ed analisi ai fini del monitoraggio della balneazione vengono condotte ai sensi del Decreto legislativo 116/2008, del Decreto Attuativo Interministeriale del 30 marzo 2010 modificato dal Decreto del Ministero della Salute del 19 aprile 2018 e - nel nostro territorio per il 2019 - del Decreto del Presidente della Regione Lazio del 29 aprile 2019 n. T00105. Ma a monte di tutte queste norme c'è la Direttiva 2006/7/CE, la quale stabilisce disposizioni in materia di:
  • monitoraggio e classificazione della qualità delle acque di balneazione;
  • gestione della qualità delle acque di balneazione;
  • informazione al pubblico in merito alla qualità delle acque di balneazione.

Tale direttiva, recepita dall'Italia con il D.lgs n.116 del 30 maggio 2008, avrebbe dovuto essere finalizzata al raggiungimento, sulla base di standard comuni a tutti i Paesi, di una buona qualità delle acque di balneazione ed un livello di protezione elevato nella Comunità. Si applica a qualsiasi parte di acque superficiali nella quale l'autorità competente prevede che un congruo numero di persone pratichi la balneazione e non ha imposto un divieto permanente di balneazione, né emesso un avviso che sconsiglia permanentemente la balneazione. I controlli devono avvenire almeno ogni 4 settimane durante la stagione balneare, secondo un calendario prestabilito, per un numero minimo di 4 campioni all'anno per punto di prelievo.

Ai fini di sorvegliare e valutare la qualità delle acque di balneazione nonché della loro classificazione, mentre la precedente Direttiva 76/160/CEE dell'8 dicembre 1975 individuava ben 19 parametri di analisi (ma anche una maggiore frequenza di campionamento), la Direttiva 2006/7/CE fissa solo due parametri di analisi ritenuti più specifici come indicatori di contaminazione fecale: l'enterococchi intestinali e l'escherischia coli. Possono inoltre essere presi in considerazione altri parametri, come la presenza di cianobatteri o di microalghe.

Ma quali erano i 19 parametri di valutazione della qualità delle acque marine di balneazione previsti in precedenza? La Direttiva 76/160/CEE prevedeva parametri di analisi microbiologici, fisico - chimici nonché la ricerca di altre sostanze ritenute fonti di inquinamento:

Microbiologici:
  • Coliformi totali 
  • Coliformi fecali 
  • Streptococchi 
  • Salmonelle 
  • Enterovirus PFU / 10 l  

Fisico-chimici:
  • pH
  • Colorazione 
  • Oli minerali 
  • Sostanze tensioattive che reagiscono al blu di metilene 
  • Fenoli ( indici fenoli ) mg/l C2H2OH 
  • Trasparenza m  
  •  Ossigeno % disciolto saturazione O2 
  • Residui bituminosi e materiale galleggiante come legno, plastica, bottiglie, recipienti di vetro, plastica, gomma o di qualsiasi altra materia 
  • Ammoniaca mg/l NH2 
  • Azoto Kjeldahl mg/l N 

Altre sostanze considerate come indici di inquinamento:
  • Antiparassitari mg/l ( paration , HCH , dieldrina ) 
  • Metalli pesanti quali: Arsenico mg/l AS, Cadmio CD, Cromo IV Cr VI, Piombo Pb, Mercurio Hg
  • Cianuri mg/l CN
  • Nitrati e fosfati mg/l NO2 PO2 

Eppure quanta ipocrisia c'era nelle premesse della Direttiva 2006/7/CE: "(14) ... la qualità complessiva delle acque di balneazione è migliorata sensibilmente da quando è entrata in vigore la direttiva 76/160/CEE. Detta direttiva rispecchia, tuttavia, lo stato delle conoscenze e delle esperienze dei primi anni settanta. Da allora le modalità d'uso delle acque sono cambiate, così come sono evolute le conoscenze scientifiche e tecniche. Detta direttiva dovrebbe pertanto essere abrogata". Ma anche laddove si dice: "2. La presente direttiva è finalizzata a preservare, proteggere e migliorare la qualità dell'ambiente e a proteggere la salute umana integrando la direttiva 2000/60/CE" (mentre, invece, la Direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque persegue il raggiungimento del migliore stato ecologico e chimico possibile).

Mentre quindi in passato l'esame delle acque di balneazione era sicuramente più completo, attualmente oltre ai due parametri microbiologici (Escherichia coli ed Enterococchi intestinali) la normativa ne prevede altri, quali la proliferazione di cianobatteri, macro-alghe, fitoplancton, e la presenza di residui bituminosi, vetro, plastica, gomma o altri rifiuti, che non vengono considerati ai fini della classificazione, ma sono tenuti in considerazione in quanto, qualora giungano a rappresentare un rischio per la salute, fanno scattare misure di gestione atte a prevenirne l'esposizione, inclusa un´adeguata informazione ai cittadini.

A nostro avviso, limitare la valutazione della qualità delle acque di balneazione ai risultati di solo due parametri microbiologici e conseguentemente basare solo su di essi la classificazione delle acque (le categorie di qualità sono: scarsa, sufficiente, buona o eccellente) espone i bagnanti e la loro salute a potenziali rischi dovute all'esposizione con gli inquinanti non ricercati, falsa la percezione della qualità reale delle acque ed influisce negativamente sull'adozione di misure di mitigazione dell'inquinamento da parte degli amministratori.

L'Escherichia coli e gli Enterococchi intestinali sono comunque due indicatori di contaminazione fecale di provata rilevanza sanitaria: in genere non causano direttamente disturbi (specificamente di tipo gastro-intestinale), ma sono buoni indicatori della presenza di patogeni (virus, protozoi, batteri) nelle acque. Si tende a ricercare i batteri indicatori anziché i singoli agenti patogeni potenzialmente presenti nell'ambiente a causa del rilevante numero di quest´ultimi, la loro diversa natura e metodi di ricerca più impegnativi che renderebbero molto più lunga e laboriosa la diagnosi di laboratorio. Il loro ritrovamento segnala la presenza di inquinamento fecale di provenienza da reflui umani (scarichi fognari) o da allevamenti di animali riversati direttamente nei fiumi, nei laghi o nelle falde acquifere, o dalle acque di dilavamento del territorio in occasione delle piogge.

Nel Lazio, dal punto di vista microbiologico lo stato di qualità delle aree di balneazione per la stagione 2019 non ha mostrato criticità eccetto alcuni superamenti riconducibili principalmente ad eventi di inquinamento di breve durata (Relazione annuale 2019 dell'ARPA). 

La fioritura di alghe potenzialmente tossiche (ed in particolare di Ostreopsis cf. ovata, dovuta alla presenza in acqua di azoto e fosforo apportati al mare dai fiumi, al ristagno di acqua, o alla mancanza di correnti, o per la costruzioni di pennelli a difesa della costa, o all'aumento di temperatura già da 22-23 °C) è invece stata rilevata, come negli anni precedenti, in tutte le stazioni monitorate lungo la costa laziale, con concentrazioni elevate a Civitavecchia, Santa Marinella e Formia: l'intossicazione di tale alga genera "sindrome influenzali", con irritazione aspecifica sulle mucose respiratorie e congiuntivali e conseguente irritazione congiuntivale, rinorrea (raffreddore), difficoltà respiratorie (tosse, respiro sibilante, broncospasmo con moderata dispnea) e febbre. 

La proliferazione di cianobatteri potenzialmente produttori di tossine è particolarmente elevata e dominante nel lago di Vico (P.. rubescens; L. redekei; Aphanizomenon sp.) e nel lago Albano (P. rubescens; Aphanizomenon sp.; Anabaena sp.), confermata anche dalla presenza periodica di schiume e addensati algali rilevabile anche visivamente, al punto che è stato necessario vietare la balneazione: anche i cianobatteri sono dovuti alla forte presenza nei bacini di azoto e fosforo causati dallo sversamento di detergenti e pesticidi. L'esposizione - in primis per via orale, ma anche cutanea o inalatoria - alle tossine che possono generare (raggruppabili a seconda degli effetti che producono in: epatotossine, citotossine, neurotossine e tossine irratitive) è particolarmente pericolosa per l'uomo e potrebbe dar luogo ad effetti acuti.