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venerdì 31 maggio 2019

Perchè il lago di Bracciano non si riempie?

Ricordate la crisi idrica del lago di Bracciano? Era l'anno della siccità, il 2017, quando le immagini dello splendido bacino interno a nord di Roma fecero il giro del mondo: l'acqua si ritirava, lasciando spazio alla spiaggia e ad una linea di costa sempre più avanzata, mentre i pontili si ritrovavano praticamente sulla terra ferma. Il braccio di ferro tra Regione Lazio e comunità locali da un lato, e Comune di Roma ed Acea dall'altro fu durissimo, giungendo fino allo stop delle captazioni imposto dal Presidente Zingaretti alla multiservizi capitolina [1].

Ma a preoccuparci furono soprattutto i danni al sistema ecologico del lago di Bracciano, ed in particolare alla distruzione della flora ripariale a vegetazione macrofitica sommersa e alla compromissione della riproduzione delle tre famiglie di Ciprinidi che caratterizzano l'ittiofauna meritevole di protezione ai sensi della Direttiva Habitat (la rovella - Rutilus rubilio, il varione - Leuciscus souffia, ed il barbo italico - Barbus plebejus) e che avviene in acque base tra maggio e luglio è ormai messa a serio rischio. 

Con pesanti ricadute sulla biodiversità: questo, infatti, è il principale lago del complesso Sabatino, che ospita anche i laghi di Martignano e Monterosi, e dal 1995 è un SIC (il sito di interesse comunitario IT6030010), con un perimetro di 31,5 km ed un'estensione di 5.864 ettari e coperto al 35% dall'habitat 3150 (Laghi eutrofici naturali con vegetazione del tipo Magnopotamion o Hydrocharition) e al 30% dall'habitat 3140 (Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp.), sulla base di Natura 2000, la rete di aree destinate alla conservazione della biodiversità sul territorio dell'Unione Europea, istituita dall'Art. 3 della Direttiva 92/43/CEE del 12 maggio 1992, nota con il nome di "Direttiva Habitat", relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche.Ed il lago di Bracciano è anche all'interno della zona di protezione speciale denominata "Comprensorio Bracciano - Martignano" (ZPS IT6030085),  estesa per ben 19.554 ettari.

Al 28 maggio 2019, il livello delle acque del lago si presenta ancora eccessivamente basso: in particolare, infatti, le acque  sono a -128cm rispetto al valore di riferimento, ovvero lo zero idrometrico fissato a 163,04 metri sul livello del mare che è il limite per lo sversamento naturale del lago nel fiume Arrone. Poichè l'apporto dei piccoli fossi immissari al bacino della caldera è molto limitato, il lago di Bracciano può essere sostanziamente ritenuto come alimentato esclusivamente dalle sorgenti sotterranee e dlle acque meteoriche. In molti, già nel 2018 e ancor di più in questo piovoso inizio di 2019, si sono chiesti se la situazione fosse migliorata.

I nostri analisti hanno pertanto ricercato correlazioni tra l'indicatore della crisi idrici (rappresentato appunto dallo scostamento dallo zero idrometrico) e la pioggia caduta copiosa (ovvero la pioggia cumulata mensile espressa in millimetri, come rilevata dalla Stazione del SIARL di Bracciano localizzata in Prato Pianciano).

I dati analizzati sono quelli resi disponibili dall'Ente Parco e dal Siarl, pertanto l'indagine è possibile dal gennaio 2016. Tuttavia, nel grafico che segue si è ritenuto comunque di indicare i valori a partire dal 1 maggio 2015 in quanto è in quel periodo che il livello delle acque si trovava in corrispondenza dello zero idrometrico.

Elaborazione Gruppi Ricerca Ecologica da dati SIARL e Parco di Bracciano
I risultati dell'analisi sembrano mostrare con significativa evidenza l'assenza di correlazione duratura tra i due fenomoni. In particolare le piogge (certo non particolarmente elevate) cadute per tutto il 2016 e fino alla metà del 2017 sembano non aver avuto alcun impatto con il tendenziale abbassamento del livello del lago, con il valore record negativo di -198cm raggiunto il 29 novembre 2017.

L'intensificazione delle precipitazioni nel corso del 2018 (decisamente più piovoso sia del 2017 che del 2016) potrebbe aver arrestato la discesa, sicuramente congiuntamente allo stop dei prelievi operati da ACEA: rispetto all'entità di tali captazione non risultano disponibili dati storici indipendenti nel periodo di osservazione, Lago di Bracciano, continua lo stop ai prelievi: la Regione fa installare un misuratore per controllare Acea
sebbene con l'entrata in funzione del misuratore installato dall'Ente Parco in collaborazione con la Regione presso il nuovo acquedotto di Bracciano in località Marmotta o di Bracciano, continua lo stop ai prelievi: la Regione fa installare un misuratore per controllare Ace(ed inaguurato lo scorso 22 marzo in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua) sarà possibile controllare quanta acqua prenderà la via di Roma d'ora in avanti (il lago garantisce l'8% del fabbisogno idrico della Capitale) [2].

Nei primi cinque mesi del 2019 le precipitazioni sono state copiose: la pioggia cumulata è stata pari ad oltre l'81% di quanta caduta in tutto il 2018. Se questo "aiuto" sosterrà la ripresa del livello del lago di Bracciano potremo dirlo solo nei prossimi mesi. Nel frattempo sebbene il livello continui a mantersi al di sotto di -125cm, sembrebbe esserci una tendenziale ripresa e ci si avvicina alla quota di 161,90 metri sul livello del mare [3].


Nel frattempo Acea si è dotata di un potabilizzatore di acqua del Tevere in zona Fidene-Castel Giubileo, subito a valle del depuratore di Roma-Nord, che tendenzialmente potrebbe anch'esso contribuire a ridurre il soddisfacimento del fabbisogno idrico con l'acqua del lago di Bracciano: sebbene ritenuta una fonte emergenziale (ma anche Bracciano lo è), l'impianto, infatti, dovrebbe immettere in rete una quantità di circa 500 litri al secondo. Tuttavia riteniamo che la soluzione da percorrere sia in primis quella della riduzione degli sprechi: restare ad un livello di perdite di rete pari al 44,5% come attualmente accade a Roma (a fronte di una media nazionale del 35%), resta inaccettabile e pertanto auspichiamo in un piano infrastrutturale che vada in primis nella direzione di dare una concreta risposta a tale fenomeno.


[1] la struttura azionaria del Gruppo ACEA è detenuta per il 51% da Roma Capitale, per il 23,33% da Suez, il 20,66% è collocato sul mercato mentre il 5,01% è di Catagirone (fonte www.gruppo.acea.it)
[2] fonte ACEA
[3] testo della convenzione con ACEA

martedì 28 maggio 2019

Ecco come nasce una discarica abusiva

Come abbiamo censito, Roma è invasa da centinaia di sversamenti. Ma vi hanno mai mostrato la nascita di una discarica abusiva? Esatto, il giorno 0, quando qualche criminale decide di sversare calcinacci o elettrodomestici o vecchi mobili in un luogo più o meno fuori mano anziché affidarsi al servizio gratuito che AMA e Roma Capitale offrono a tutti i cittadini, per giunta ampiamente pubblicizzato tramite campagne di comunicazione mirate.
foto da Google Earth Pro

L'assurdità, infatti, sta proprio nel fatto che l'alternativa sostenibile esiste, ma si preferisce inquinare e far sostenere alla collettività il maggior costo della bonifica.

Ma torniamo alla nostra nuova discarica... ci troviamo in via Collatina, probabilmente il civico dovrebbe essere il 460 (usiamo il condizionale perché non ve n'è traccia in loco) ma siamo esattamente a ridosso del Grande Raccordo Anulare, nei primi metri del territorio del Municipio VI (per localizzare su Google Maps clicca qui). Ad aprile del 2017 l'area, per quando non curata, non presenta significativi cumuli di rifiuti: tra l'altro, oltre ad essere prospiciente a via Collatina - arteria che viene attraversata quotidianamente da migliaia di veicoli, è anche l'accesso ad un rimessaggio per autoarticolati (nella parte bassa della foto è ben visibile il cancello).

foto da Google Earth Pro
A giugno del 2017 la situazione sembrerebbe essere ancora sotto controllo: forse anche grazie al clima siccitoso, la vegetazione si dirada e inizia a fare la comparsa qualche ulteriore rifiuto, ma tutto sommato è uno stato di "ordinario" abbandono non dissimile a migliaia di altri km di strade di periferia romana, un pò terra di nessuno. Di notte questo slargo è anche luogo di prostituzione, e chissà che il via vai connesso a questa pratica illegale ed immorale non contribuisca comunque a preservarlo dai crimini ambientali.

foto da Google Earth Pro
Ad aprile 2018  ancora nulla di nuovo. Forse però qualche maggior accumulo di rifiuti lungo il sentiero ben visibile sul lato destro della foto che conduce ad un vicino piccolo accampamento abusivo è cattivo presagio di una situazione che da lì a poco sarebbe cambiata radicalmente. L'estate 2018 segna infatti anche la fine del rimessaggio realizzato a ridosso della rampa di servizio ANAS  utilizzata per l'accesso al GRA ma non aperta alla pubblica viabilità: a seguito della chiusura dell'attività la zona non viene più attraversata dagli autoarticolati e si avvia ad una progressiva desertificazione che ne fanno il luogo "ideale" dove pensare di potersi liberare di ciò che non serve più o non può essere portato altrove.

foto da Google Earth Pro
A settembre 2018 la situazione appare drammatica: dal cancello fin quasi alla stessa via Collatina è tutta una distesa di rifiuti di ogni sorta: infatti il luogo inizia ad essere utilizzato in maniera continuativa per sversamenti più o meno estesi, ed il fatto che vi sia degrado sembra essere quasi un messaggio subliminale per altri inquinatori affinché lo scelgano per compiere i medesimi reati. 

Parrebbe addirittura che, nonostante la via Collatina continui ad essere trafficatissima, il senso di impunità diffusa induce gli "sversatori" ad operare ad ogni ora del giorno anche senza adottare le precauzioni: agli "operatori" edili si aggiungono gli impiantisti, i trasportatori di elettrodomestici, e sicuramente qualche privato cittadino evidentemente incredulo per la possibilità di sbarazzarsi di quel divano o quella roba vecchia senza dover raggiungere l'isola ecologica di Ponte Mammolo.

E così arriviamo a maggio 2019, e la situazione è ormai raccrapicciante a tal punto che, anziché commentarla, preferiamo mostrarvela direttamente attraverso i rilievi fotografici operati dai volontari dei Gruppi Ricerca Ecologica e che in esclusiva vi mostriamo:

foto GRE del 25 maggio 2019
foto GRE del 25 maggio 2019

foto GRE del 25 maggio 2019

foto GRE del 25 maggio 2019

foto GRE del 25 maggio 2019

foto GRE del 25 maggio 2019

foto GRE del 25 maggio 2019

Questa è una storia come tante altre. L'epilogo non è ancora stato scritto ma l'esperienza ci insegna che potrà essere solo di due tipi: o la bonifica completa con successiva vigilanza dei luoghi (almeno con le fototrappole che a nostro avviso possono essere una soluzione di primo approccio al fenomeno: in grado di scattare foto sia di giorno che di notte per poter risalire all'identità di chi abbandona i rifiuti; essendo inoltre strumenti mobili, la Polizia di Roma Capitale potrebbe periodicamente spostarle per coprire i punti in cui più spesso si verificano gli abbandoni) oppure.. vedi quanto accaduto a via del Flauto.





Cassazione, sulla responsabilità del proprietario del fondo in cui sono stati abbandonati rifiuti

In tema di rifiuti, la semplice inerzia conseguente all'abbandono da parte di terzi o la consapevolezza, da parte del proprietario del fondo, di tale condotta da altri posta in essere, non sono idonee a configurare il reato e ciò sul presupposto che una condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 cod. pen., ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire l'evento. 
 
A tali conclusioni si deve pervenire anche nel caso in cui il proprietario del terreno non si attivi per la rimozione dei rifiuti, in quanto la responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo, che questi può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti. 
 
Inoltre, l'obbligo giuridico di impedire l'evento, non può certamente essere ravvisato nell'inottemperanza all'ordinanza di rimozione, provvedimento successivo all'abbandono, che presuppone, infatti, il previo accertamento dello stesso e l'inosservanza del quale configura autonomo reato, sanzionato dall'art. 255, comma 3 d.lgs. 152/06.
 
Ma leggiamo la sentenza:
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 28/03/2019 (Ud. 08/02/2019), Sentenza n.13606
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sui ricorsi proposti da:
 
omissis nato a omissis ;
omissis  nato a omissis ;
 
avverso la sentenza del 28/03/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO MOLINO che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
 
udito il difensore (avv. Rossi P.)
 
Il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza del 28 marzo 2018 ha dichiarato la penale responsabilità di omissis e omissis per il reato di cui all'art. 256, comma 1, d.lgs. 152/2006, così qualificando l'originaria imputazione riferita all'art. 255, comma 1 del medesimo decreto e le ha condannate alla pena dell'ammenda in relazione ad una condotta, descritta nell'imputazione, come riferita alla loro qualità di proprietarie di due aree di terreno, per avere "gestito uno sversamento e deposito di notevole quantità di residui di calcinacci di provenienza edile, pneumatici di veicoli ecc. ricoperti da erbacce e arbusti selvatici in assenza di autorizzazione". Il fatto risulta accertato in Sant'Antimo, in data 7 Aprile 2016.
 
Avverso tale pronuncia le predette propongono distinti ricorsi per cassazione, di contenuto sostanzialmente identico, tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
 
2. Con un unico motivo di ricorso deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che il Tribunale avrebbe affermato la loro penale responsabilità pur in presenza di una diversa contestazione per un fatto non costituente reato, punito con la sola sanzione amministrativa. 
 
Aggiungono che il reato di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. 152/2006 non può essere configurabile in forma omissiva nei confronti del proprietario di un terreno sul quale soggetti terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, trattandosi, peraltro, di violazione che presuppone la titolarità di un'impresa o la responsabilità di un ente, che configura un semplice illecito amministrativo se posta in essere da privato.
 
Rilevano, altresì, che il conferimento di rifiuti sul terreno di loro proprietà era stato effettuato senza che ne fossero consapevoli e che, in sostanza, il giudice del merito avrebbe affermato la loro responsabilità esclusivamente per il fatto di essere proprietarie dell'area.
 
Insistono, pertanto, per raccoglimento dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito specificati.
 
2. Va premesso che l'imputazione, la sentenza ed i ricorsi sono caratterizzati da numerosi erronei riferimenti a disposizioni concernenti la disciplina dei rifiuti ed alla interpretazione degli stessi effettuata dalla giurisprudenza di questa Corte. 
 
Limputazione, in primo luogo, come è stato rilevato anche dalle ricorrenti, richiama espressamente l'art. 255, comma 1 d.lgs. 152/06, il quale riguarda l'illecito amministrativo dell'abbandono di rifiuti effettuato al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 256, comma 2 d.lgs. 152\06, mentre, nella descrizione del fatto, come si è detto, si contesta alle imputate di avere "gestito uno sversamento e deposito di notevole quantità di residui...", poi descritti nelle loro caratteristiche. 
 
Il giudice, dopo aver qualificato la condotta delle imputate come " raccolta e deposito" di rifiuti, ha ritenuto di affermarne la responsabilità per il reato di illecita gestione di cui all'art. 256, comma 1 d.lgs. 152/06.
 
Nei ricorsi tale conclusione viene contestata, con le motivazioni sintetizzate in premessa, facendo tuttavia riferimento alla diversa ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 256, comma 2 d.lgs. 152/06.
 
Quanto appena indicato rende dunque necessarie alcune preliminari osservazioni.
 
3. L'art. 256, comma 2 d.lgs. 152\06 stabilisce che le pene individuate dal primo comma del medesimo articolo per le ipotesi di illecita gestione siano applicabili anche ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti, ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2. Se, dunque, l'abbandono viene effettuato da tali soggetti, si configura una violazione penale, mentre se l'autore dell'abbandono non possiede la qualità suddetta, la sanzione è quella amministrativa di cui all'art. 255, comma 1. 
 
La ratio del diverso trattamento riservato alla medesima condotta, distinguendo l'autore della violazione, è evidentemente fondata su una presunzione di minore incidenza sull'ambiente dell'abbandono posto in essere da soggetti che non svolgono attività imprenditoriale o di gestione di enti. 
 
Cosa del tutto diversa è la gestione illecita, sanzionata dall'art. 256, comma 1, richiamato esclusivamente quoad poenam dall'art. 256, comma 2.
 
4. Ciò posto, deve rilevarsi che nel capo di imputazione è contenuto un richiamo, del tutto inconferente, all'illecito amministrativo di cui all'art. 255, comma 1 d.lgs. 152/06, mentre la descrizione della condotta è riferita, come si è già detto, alla gestione, in assenza di autorizzazione, di uno "sversamento e deposito" di "residui".
 
Vengono dunque utilizzati, nella descrizione della condotta, termini in parte impropri.
 
In primo luogo, lo "sversamento" non è contemplato tra le attività di gestione, la cui definizione è attualmente offerta, come è noto, dall'art. 183, comma 1, lett. n) d.lgs. 152/06 ed è termine che invece il legislatore utilizza nell'art. 137, comma 13 per lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili e dall'art. 195, comma 1, lett. g) in tema di competenze statali con riferimento evidente a sostanze liquide, non indicate, invece, nella descrizione dei materiali rinvenuti sui terreni delle imputate, sicché deve ritenersi che il Pubblico Ministero abbia probabilmente inteso riferirsi al "conferimento" ovvero allo "smaltimento", termini invece entrambi utilizzati riguardo ai rifiuti per individuare, con il primo, ad esempio, la consegna ad un punto di raccolta (cfr. art. 183, lett. pp) d.lgs. 152/06) e, con il secondo, una fase tipica della gestione.
 
Quanto al termine "residui" è pacifico il riferimento al concetto di rifiuto.
 
5. Nonostante tali imprecisioni, tuttavia, la contestazione è chiaramente riferita, a dispetto dell'errato richiamo all'art. 255, comma 1 d.lgs. 152/06 ed alla terminologia utilizzata, ad una ipotesi di illecita gestione, essendo evidente che si imputava alle ricorrenti di aver ricevuto e mantenuto i rifiuti su un terreno di proprietà in difetto del necessario titolo abilitativo. 
 
Il Tribunale ha, dunque, qualificato l'imputazione come riferita all'art. 256, comma 2 d.lgs. 152/06 senza incorrere in alcuna nullità, giungendo però, come si dirà appresso, a conclusioni errate.
 
La formulazione dell'imputazione con le modalità appena descritte non determina, perciò, alcuna conseguenza, in quanto, come già puntualizzato dalla giurisprudenza di questa Corte, correttamente richiamata nella sentenza impugnata, la mancata indicazione degli articoli di legge violati è irrilevante quando il fatto addebitato sia puntualmente e dettagliatamente esposto, in modo tale che non possa insorgere alcun equivoco sul pieno esercizio del diritto di difesa (Sez. 3, n. 5469 del 5/12/2013 (dep. 2014), Russo, Rv. 258920 ed altre prec. conf.) e, nei ricorsi, la lesione dell'esercizio del diritto di difesa viene apoditticamente censurata, senza tuttavia fornire alcuna indicazione concreta.
 
Nell'articolare i motivi di impugnazione, tuttavia, le ricorrenti si riferiscono, per lo più, all'ipotesi di abbandono penalmente rilevante di cui all'art. 256, comma 2 d.lgs. 152/06 - la quale, però, come si è già detto, è fattispecie del tutto autonoma rispetto all'illecita gestione di cui al comma precedente - e richiamano, in maniera non pertinente, decisioni di questa Corte che non hanno alcuna attinenza con la questione esaminata dal giudice del merito.
 
6. Nondimeno, le ricorrenti, con riferimento alla violazione ritenuta in sentenza pongono in evidenza, seppure senza particolari approfondimenti, elementi di criticità del provvedimento impugnato, in punto di motivazione sulla responsabilità e sussistenza dell'elemento psicologico, meritevoli di considerazione.
 
7. Si specifica, nella motivazione della sentenza, che, all'atto di un primo sopralluogo sui terreni, veniva riscontrata una parziale recinzione riguardante il confine adiacente il fronte strada, mentre gli altri confini risultavano liberamente accessibili.
 
Il rinvenimento dei rifiuti determinava l'amministrazione comunale ad adottare un'ordinanza nei confronti delle imputate, risultate proprietarie dei terreni, volta alla bonifica dell'area ed alla rimozione dei rifiuti.
 
Decorso il termine fissato per l'ottemperanza all'ordinanza sindacale, veniva effettuato un nuovo sopralluogo, in occasione del quale si accertava che i rifiuti erano stati solo parzialmente rimossi e che nessun intervento di delimitazione era stato eseguito.
 
Nel corso del procedimento, le imputate avevano poi provveduto, mediante ditte specializzate, alla rimozione dei rifiuti ed alla bonifica delle aree di loro proprietà. 
 
Fatte tali premesse e qualificata la condotta quale illecita gestione di rifiuti, il Tribunale ha ritenuto provata una condotta "consistente nell'accantonamento e sversamento di materiale di risulta, pneumatici e lattine di vernice", da qualificarsi giuridicamente "in termini di raccolta accantonamento sversamento dei rifiuti», quali erano i materiali rinvenuti sul terreno.
 
La sentenza pone successivamente in evidenza il fatto che i rifiuti erano stati trovati sul terreno delle imputate, "lasciato incolto e liberamente accessibile da ignoti avventori", tanto che era stata emessa l'ordinanza sindacale di rimozione ed il Tribunale ricava la sussistenza di un preciso e puntuale obbligo giuridico in capo alle ricorrenti proprio dall'adozione di tale provvedimento e dalla successiva inerzia delle imputate nel mantenimento dello stato dei luoghi. 
 
A tali considerazioni seguono, anche in questo caso, richiami non pertinenti a principi giurisprudenziali riferiti ad altre ipotesi di reato, quale quello di realizzazione o gestione di discarica abusiva.
 
8. Rileva dunque il Collegio come la motivazione posta a sostegno dell'affermazione di responsabilità risulti del tutto carente rispetto al reato che il Tribunale ha ritenuto essere stato effettivamente contestato alle imputate e, cioè, quello di illecita gestione di rifiuti.
 
Ciò che emerge dalla motivazione, infatti, è l'attribuzione alle imputate di una colpevole inerzia a fronte della collocazione di rifiuti, da parte di estranei, sulle aree di loro proprietà, ma una tale situazione, se riferita ad attività di illecita gestione posta in essere da terzi, come sembra voglia intendere il giudice del merito, avrebbe richiesto, da parte del Tribunale, la specificazione del contributo causale consapevolmente fornito dalle imputate all'illecita gestione effettuata da altri. 
 
Se, invece, si è ritenuto che la responsabilità delle imputate sia dovuta a mera inerzia ed alla mancanza di adeguata recinzione dei terreni, sui quali ignoti terzi hanno semplicemente abbandonato i propri rifiuti, senza, dunque, porre in essere attività specifiche di gestione, ma ponendo in essere una condotta occasionale ed estemporanea in assenza di attività prodromiche o successive al conferimento del rifiuto, il Tribunale avrebbe dovuto eventualmente qualificare la condotta come rientrante nell'ipotesi di cui all'art. 256, comma 2 d.lgs. 152/06, tenendo tuttavia conto del fatto che, con riferimento al reato di abbandono di rifiuti, non sempre la posizione del proprietario o possessore dell'area può configurare un'ipotesi di concorso nel reato, tanto è vero che la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato, in modo pienamente condivisibile, che la semplice inerzia, conseguente all'abbandono da parte di terzi o la consapevolezza, da parte del proprietario del fondo, di tale condotta da altri posta in essere, non sono idonee a configurare il reato e ciò sul presupposto che una condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 cod. pen., ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire l'evento (v., ad es., Sez. 3, n. 40528 del 10/6/2014, Cantoni, Rv. 260754; Sez. 3, n. 49327 del 12/11/2013, Merlet, Rv. 257294; Sez. 4, n. 36406 del 26/6/2013, Donati e altro, Rv. 255957; Sez. 3, n. 2477 del 09/10/2007 (dep. 2008), Marciano e altri, Rv. 238541; Sez. 3, n. 32158 del 1/7/2002, Ponzio A, Rv. 222420; Sez. 3, n. 2206 del 12/10/2005 (dep. 2006), Bruni, Rv. 233007).
 
Si è altresì specificato (da ultimo, in Sez. 3, n. 50997 del 7/10/2015, Cucinella e altro, Rv. 266030, ma si veda anche Sez. 3, n. 28704 del 05/4/2017, Andrisani e altro, Rv. 270340) che a tali conclusioni deve pervenirsi anche nel caso in cui il proprietario del terreno non si attivi per la rimozione dei rifiuti, in quanto la responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo, che questi può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti.
 
L'obbligo giuridico di impedire l'evento, peraltro, non poteva certamente essere ravvisato nella inottemperanza all'ordinanza di rimozione, provvedimento successivo all'abbandono, che presuppone, infatti, il previo accertamento dello stesso e l'inosservanza del quale configura autonomo reato, sanzionato dall'art. 255, comma 3 d.lgs. 152/06 (cfr. Sez. 3, n. 39430 del 12/6/2018 , Pavan, Rv. 273841). 
 
9. Quanto evidenziato impone, conseguentemente, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, la Tribunale di Napoli Nord.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli Nord in diversa composizione.
 
Così deciso in data 8/2/2019

venerdì 17 maggio 2019

Rogo di via del Maggiolino, quando finirà la bonifica?


Era il febbraio del 2017 quando gli uomini della Direzione Sicurezza Urbana della Polizia di Roma Capitale ed in collaborazione con il personale dell'Agenzia delle Dogane di Roma, fecero irruzione in un capannone logistico di 400 metri quadri in via del Maggiolino, a Tor Sapienza, sequestrando migliaia di prodotti ad imprenditori cinesi: 45 colli pieni di smalti e altri prodotti cosmetici tutti realizzazioni con prodotti tossici vietati in Europa, oltre a quasi 20.000 prodotti tecnologici  contraffatti con marchi Apple e Playstation. Tutti pronti per essere immessi sul mercato.

Ma se quell'ingente sequestro era riuscito a mettere fine allo spropositato traffico di veicoli pesanti, il peggio per i residenti della zona doveva ancora venire: il 1 maggio 2018, poco dopo le 21:30, il capannone sequestrato andò a fuoco, infestando con i propri fumi nocivi tutto il quadrante nord-est di Roma, ma soprattutto le decine di residenti nei fabbricati adiacenti. 

A seguito dell'evento numerosi cittadini dovettero ricorrere alle cure dei sanitari, e al fine di accertare la natura delle emissioni e le trasformazioni chimiche nell'ambiente l'Arpa Lazio effettuò un monitora ggio ambientale i cui dati non sono stati ancora diffusi, probabilmente per motivi giudiziari.

foto del 16 maggio 2019
Ma ad ogni modo, la stessa Arpa riconosce che i processi di combustione, oltre all'anidride carbonica, generano numerose sostanze organiche dovute alla arsione incompleta, alle particolari condizioni di temperatura, di umidità e di composti presenti nel comburente, favorendo la formazione di materiale organico volatile e semivolatile, metalli (combinati e non) che a seconda delle condizioni fisiche possono disperdersi nell'atmosfera e successivamente ricadere nelle zone più o meno limitrofe all'evento combustivo. 

foto del 16 maggio 2019
E per alcuni di questi la tossicità è riconosciuta sia dalla comunità scientifica che dalla normativa sulla qualità dell'aria e dell'ambiente (d.lgs. n.155/2010 e s.m.i.), in quanto anche in concentrazioni molto basse possono alterare l'equilibrio dell'ecosistemi e produrre effetti tossici con caratteristiche di elevata stabilità e persistenza nell'ecosistema.

A distanza di oltre un anno dal rogo, insieme al Comitato "Vivere al Maggiolino" (che da anni si batte per migliorare la qualità di una zona in perenne bilico tra la vocazione residenziale e gli insediamenti produttivi) abbiamo effettuato un sopralluogo visivo sull'area, in quanto da alcuni giorni erano state segnalate dai residenti alcune movimentazioni compatibili con un'attività di bonifica ma che tuttavia destavano preoccupazione. Come abbiamo potuto riscontrare direttamente, infatti, la bonifica dell'area è tutt'altro che ultimata: anzi, gran parte dei rifiuti sono stati raccolti in grossi sacchi bianchi e posizionati (speriamo solo temporaneamente) sul retro del capannone andato a fuoco, in parte sotto una tettoia ed in parte in dei cassoni. 

foto del 16 maggio 2019
Inoltre alcuni mezzi totalmente divorati dalle fiamme sono stati parcheggiati in un piazzale, esponendoli a intemperie e al conseguente ulteriore processo di degradazione e dispersione nell'ambiente di materiali. 

Quello che non vorremmo è che ci si fosse concentrati sulla "pulizia" degli interni, portando all'esterno rifiuti per un periodo indefinito, con un ulteriore potenziale rischio di inquinamento. Per fortuna ci consta che il Municipio V e le altre autorità competenti stiano vigilando sulla corretta esecuzione della bonifica. 

Vi terremo aggiornati.


mercoledì 15 maggio 2019

Rapporto sulla contaminazione dei mari europei

L'European Environment Agency (L'Agenzia europea per la protezione dell'ambiente) ha diramato il rapporto "Contaminanti nei mari europei" che rappresente il primo tentativo di mappare la contaminazione nei mari regionali europei in modo coerente e controllare nel lungo periodo la presenza delle sostanze pericolose. La valutazione si basa su dati di monitoraggio disponibili al pubblico, raccolti principalmente nel contesto della Direttiva quadro sulle acque e della Direttiva quadro sulla strategia marina.

Il rapporto mostra che
in Europa tutti e quattro i mari regionali hanno un problema di contaminazione su larga scala, che va dal 96% dell'area del Mar Baltico e al 91% nel Mar Nero, all'87% nel Mediterraneo e al 75% nel Nord -Ost Atlantico. La copertura dell'area valutata è buona, ma varia considerevolmente tra i quattro mari e nel Mar Mediterraneo rimane limitata alle acque a largo.

Nel complesso, la contaminazione è in calo in tutti e quattro i mari, anche se l'insetticida DDT sembra essere nel migliore dei casi stabilizzando nel Mar Mediterraneo. Le concentrazioni di alcuni contaminanti ben noti, come il cadmio e il mercurio, sembrano in calo, ma in molte aree non sono sufficienti a raggiungere gli obiettivi fissati.

Il rapporto dell'EEA confronta le informazioni raccolte con i sette obiettivi politici internazionali relativi alla contaminazione nell'ambiente marino, dimostrando che il raggiungimento di tutti e sette gli obiettivi resta improbabile da raggiungere entro il 2020-2021. E tra questi è compreso il descrittore sui contaminanti, che fa parte dell'obiettivo della Direttiva quadro sulla strategia marina di raggiungere
nei mari regionali europei un buono stato ecologico.

Secondo il rapporto deve cambiare profondamento il modo in cui viene affrontato l'inquinamento marino: ad esempio, molte sostanze persistenti rimangono negli ecosistemi marini, quindi
per raggiungere gli impegni politici nel lungo periodo è essenziale evitare di utilizzarle oggi.

Il rapporto sui contaminanti è il primo di una serie di valutazioni dell'EEA sull'ambiente marino che a breve verranno diffuse: le prossime saranno sull'eutrofizzazione, sulla biodiversità marina, sui potenziali effetti combinati di molteplici fattori legati alla pressione antropica, su uso sostenibile e aree marine protette, nonché la seconda edizione del rapporto sui messaggi del mare dell'EEA (prima edizione pubblicata nel 2014).

venerdì 10 maggio 2019

Discariche rifiuti, la mappa dei Gre va su La7 e TV 2000

Dopo il Messaggero (tornato sull'argomento anche il 27 ed il 28 aprile), Il Fatto Quotidiano, La Stampa, Il Secolo d'Italia, Tabloid, Prima Press, Eco dalle Città, Next Quotidiano, Abitare a Roma, Nel Paese LegaCoop Sociali ed il Corriere Nazionale, anche le emittenti radiofoniche e televisive nazionali stanno dando ampio visibilità alla mappatura dei siti di sversamento rifiuti a Roma Est effettuata dai Gruppi Ricerca Ecologica.

Radio Roma Capitale (emittente in onda il 9 gennaio del 2012 e nata con l'obiettivo di approfondire le tematiche legate al territorio e alle istituzioni di Roma) si è interessata alla mappatura operata dai Gre Lazio in due occasioni, sempre nell'ambito della trasmissione radiofonica "Ma che parlate a fà" con Paolo Cento: la prima tramite un'intervista diretta fatta al Presidente regionale il 22 marzo 2018, la seconda indirettamente in occasione dell'intervista fatta il 29 aprile 2018 a Gabriella Masella (dal minuto 3:30), Presidente del Comitato di Quartiere Colli Aniene con cui i Gre Lazio hanno un'intensa collaborazione da diversi anni proprio sul tema dei rifiuti abbandonati nella periferie e del degrado più in generale.

La trasmissione Coffee Break di La7 con il servizio di Lavinia Bruno (lo spazio mattutino di approfondimento di temi di politica ed attualità condotto da Andrea Pancani) nonché il telegiornale di TV2000 (l'emittente televisiva italiana a diffusione nazionale controllata dalla Conferenza Episcopale Italiana) grazie al servizio di Barbara Masulli hanno dato ampio risalto all'iniziativa dei Gruppi Ricerca Ecologica, che al momento rappresenta la più completa mappatura dei siti inquinati dei Municipi III, IV, V, VI e VII: oltre 120 bombe ambientali, dallo sversamento di calcinacci all’abbandono di elettrodomestici, dallo smaltimento abusivo di amianto all’abbandono di fusti di vernici, fino ad arrivare a vere e proprie discariche abusive


giovedì 9 maggio 2019

Corviale si rigenera con il futuro

Il 10 ed 11 maggio, a Corviale, si terrà un importante evento che rappresenta l'occasione per riprendere un cammino interrotto e che al degrado, alla criminalità, al conflitto sociale, alle povertà che colpisci gli ultimi e i penultimi riafferma che il futuro dell'Italia si chiama Scampia, Zen, Corviale, TorbellaMonaca, San Basilio, Tor Sapienza, Liveratore, San Paolo, Moi, Pioltello.

"Corviale rigenera il futuro" sarà una giornata di confronto su specifici temi con l'obiettivo di fare di Corviale una comunità sostenibile, inclusiva, evoluta e sicura.

I Gruppi Ricerca Ecologica Lazio sostengono questa iniziativa che vede tra gli organizzatori CorvialeDomani ed invitano i cittadini a prendervi parte.

Di seguito il programma dell'evento:
 






martedì 7 maggio 2019

Rogo via Collatina Vecchia, i primi dati ARPA sull'inquinamento

Incendio tra via Collatina V. e via del Flauto (foto di Roberto Torre)
In relazione all’incendio che si è verificato nella notte tra il 25 e il 26 aprile nell’area lungo via Collatina vecchia trasformata in discarica abusiva, l’ARPA Lazio è arrivata sul posto ad incendio non ancora completamente spento e, nella mattina di venerdì 26 aprile, ha installato a breve distanza dall’area interessata un campionatore ad alto volume, strumento necessario per verificare l’eventuale presenza in aria di sostanze inquinanti come idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e diossine.
 
Lunedì 29 aprile il personale tecnico dell’ARPA Lazio ha rimosso il campionatore e ha raccolto i campioni che sono stati inviati al laboratorio per le necessarie analisi.
 
Nella tabella seguente sono riportati i risultati delle analisi.


Per quanto riguarda le diossine non esiste un riferimento normativo in aria ambiente. Concentrazioni di tossicità equivalente (TEQ) in ambiente urbano di diossine e furani sono stimati (dati World Health Organization WHO nel documento Guidelines for Europe 2000) pari a circa 0,1 pg/m3, anche se è elevata la variabilità da zona a zona, mentre concentrazioni in aria di 0,3 pg/m3 o superiore sono indicazioni per fonti di emissione localizzate.
 
Il valore del primo campione (26-27 aprile) è certamente influenzato dalle operazioni di spegnimento che inevitabilmente determinano un abbassamento dei fumi. Il valore delle diossine del secondo e terzo campione (27/28 e 28/29 aprile) sono di un ordine di grandezza inferiore al valore di riferimento individuato dall’OMS per l’ambiente urbano.
 
Tra gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) normalmente rilevabili il benzo(a)pirene, è l’unico composto per il quale il d.lgs. n.155/2010 prevede un valore limite pari a 1 ng/m3 come concentrazione media annua. Il valore del primo campione è superiore al valore limite annuale previsto dalla normativa. Il valore del secondo e terzo campione è ampiamente inferiore al valore di riferimento.
 
Per quanto riguarda i PCB a titolo informativo si segnalano i valori dei PCB misurati in prossimità dell’incendio Eco X (Via Pontina Vecchia, Pomezia) nei giorni 05-06 maggio 2017 pari a 394 pg/m3 e quelli rilevati presso l’impianto durante l’incendio del TMB (via Salaria, Roma) nei giorni 11-13 dicembre 2019 (1019, 250, 524, 434, 562 pg/m3).

Comunicato di Arpa Lazio del 6 maggio 2019