Pagine

In evidenza

lunedì 20 luglio 2020

Erosione costiera, in Regione Lazio tutto tace

Era lo scorso 10 febbraio quando la XII Commissione consiliare permanente della Regione Lazio si riunì in pubblica audizione sul tema dell'erosione costiera. All'incontro parteciparono anche i GRE LAZIO, che ebbero modo di evidenziare i limiti dell'approccio regionale al fenomeno, suggerendo
 le seguenti indicazioni:
  • piena applicazione delle Linee Guida Nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici elaborate nel 2016 dal MATTM con Regioni e Ispra, in particolare studiando e monitorando le forzanti che contribuiscono al fenomeno dell’erosione costiera nel Lazio e migliorando la resilienza costiera per promuovere la sostenibilità
  • sperimentazione in siti a forte erosione del BMS e di altri sistemi innovativi (attenuatori d’onda, barriere in geosacchi), anche coinvolgendo – ove presenti – gli operatori balneari;
  • salvaguardia dei litorali liberi da strutture e opere di difesa e conservazione ambienti dunali costieri del Lazio riducendo ulteriormente la pressione antropica;
  • estensione ZPS marine per ridurre la pressione sull'habitat marino (i GRE hanno proposto osservazioni in tal senso in occasione della revisione delle perimetrazioni di 16 Z.S.C. marine di cui all’avviso della Direzione Ambiente della Regione Lazio pubblicato il 29/10/2019);
  • laddove interventi a forte impatto ambientale non hanno sortito risultati (barriere, pennelli), bisogna valutarne la bonifica ripristinando il flusso di sedimenti che alimenterebbe le spiagge e riducendo al minimo il loro impatto ambientale.
Da quell'incontro, tuttavia, non si è avuta più alcuna notizia: non un'informativa, non un'aggiornamento, non un progetto. Niente di niente. Ed è per questo che i Gre Lazio hanno deciso di prende l'iniziativa e scrivere al Presidente della XII Sergio Pirozzi per sapere se almeno risultano presentati progetti per interventi di ripascimento nei Comuni costieri laziali ed in particolare nel Comune di Fiumicino, che maggiormente ne aveva posto l'esigenza nonostante la contrarietà delle organizzazioni ambientaliste presenti.

Vi terremo aggiornati...

Rocca di Papa, via i tralicci televisivi abusivi

Il TAR del Lazio, con una serie di sentenze speculari pubblicate la settimana scorsa, ha rigettato tutti i ricorsi presentati contro i provvedimenti del Comune di Rocca di Papa per rimuovere una serie di tralicci abusivi sul Monte Cavo. La Sezione Seconda Quater della giustizia amministrativa sposta pertanto il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, in base al quale in un ordinamento costituzionale ove non militano valori “tiranni” l’uno sull'altro, l’interesse all’esercizio del pubblico servizio non si sottrae al dovuto coordinamento con l’altrettanto vitale interesse all'armonico sviluppo del territorio, e alla preservazione di ambiente e paesaggio. Nel ricondurre a legalità l’assetto edilizio, urbanistico e ambientale, perciò, non vi è una incostituzionale compressione della libertà di iniziativa economica, ma piuttosto la necessaria premessa affinché essa sia esercitata in forma compatibile con l’utilità sociale (art. 41 Cost.). Quindi, la circostanza che l’amministrazione non abbia rinvenuto un sito alternativo dal quale irradiare il segnale potrà rilevare ad altri fini, ma non certo elidere l’abusività delle opere. 

Ma leggiamo una delle sentenze...

martedì 14 luglio 2020

Prenestino, scoperta discarica abusiva con 25 tonnellate di rifiuti


Un terreno della superficie di circa 1000 metri quadrati in cui erano stoccate oltre 25 tonnellate di rifiuti, anche speciali, è stato sequestrato dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma nel quartiere Prenestino.

La discarica abusiva, gestita da tre cittadini italiani, è stata individuata nel corso del pattugliamento del territorio dalle Fiamme Gialle del 3° Nucleo Operativo Metropolitano che, dopo alcuni accertamenti preliminari, sono entrate in azione.   Tra i rifiuti rinvenuti batterie esauste di veicoli, plastiche parzialmente bruciate, materiale legnoso, detriti provenienti da lavori di ristrutturazione edilizia, vecchi pneumatici, materassi e scarti di mobili, i quali, con il passare del tempo e l’esposizione agli agenti atmosferici, avrebbero potuto inquinare le falde acquifere sottostanti, con notevoli rischi per l’ambiente e la salute. 

L’area è stata cautelata in attesa delle operazioni di bonifica e le tre persone dovranno rispondere del reato di gestione di rifiuti pericolosi non autorizzata.

La notizia ha avuto ampio risalto giornalistico. Riportiamo i link al Giornale Radio Rai (dal minuto 4:20) e al TGR Lazio RAI (dal minuto 5:30) i quali citano anche i GRUPPI RICERCA ECOLOGICA: oltre un anno fa, infatti, mappammo tutte le discariche del Quadrante Est censendone 122 e dando il via a numerose indagini.

sabato 11 luglio 2020

Parlo Lineare Roma Est, chiediamo subito la Cabina di regia

Parco Lineare di Roma Est, parte il confronto permanente con l’Amministrazione Comunale progettazione e realizzazione del Parco Lineare Roma Est. Lo abbiamo deciso nell'incontro di ieri, insieme ai tantissimi Comitati di Quartiere ed alle altre associazioni ambientaliste che, sotto il coordinamento di Andrea Nataloni, Cinzia Paolino e Roberto Pallottini
Dario Musolino, Andrea Nataloni e Roberto Pallottini  
, da anni lavorano per realizzare un'opera che valorizzerebbe il patrimonio archeologico ed ambientale di tutto il quadrante Est e costituirebbe un'importante strumento di sviluppo del territorio.

Questo confronto dovrebbe avere come primo atto il riconoscimento, da parte della PA, della necessità di un progetto unico e una strategia per la sua attuazione. Quando parliamo di progetto unico evidentemente pensiamo ad un progetto di fattibilità preliminare, non certo ad un progetto definitivo. Vogliamo che la PA lo elabori con la nostra partecipazione, a partire dalla sua stesura preliminare, ma poi se necessario ripensandolo in maniera dinamica durante la sua attuazione, in base anche agli effetti dei primi interventi e in base ad un confronto permanente con i cittadini e i soggetti sociali ed economici interessati.

Dobbiamo ragionare su due aspetti: come immaginiamo si debba procedere per realizzare il parco, quali azioni “politiche” per promuoverne la realizzazione.

Il parco dovrà essere realizzato partendo da un'opera lineare: un percorso ciclopedonale che attraversi tutti i territori . Da cui partire per poi procedere ad interventi spazianti dalla riforestazione dei terreni liberi, abbandonati o soggetti ad usi impropri, agli interventi di riqualificazione e rigenerazione che mettano insieme aree libere e quartieri limitrofi, realizzando parchi, aree archeologiche, orti e agricoltura sociale, zone 30, isole ambientali, rete di percorsi ciclopedonali di connessione locale ecc., interventi puntuali con i servizi di base (sociali, per i ciclisti, culturali, per sostare, mangiare, giocare, fare sport, ecc.). 

Il progetto complessivo potrà articolarsi specifici progetti territoriali più ridotti che comprendano un tratto della ciclabile lineare, servizi di base, parchi e territorio urbanizzato rigenerato: il Comitato promotore ne ha già identificati 6, sia prima che dopo il GRA, elaborando un progetto urbano unitario per ciascuna area che riconnetta frammenti locali di città e pezzi di territorio frammentati dai lavori della TAV, dall'abbandono e dall'uso improprio. Queste aree andranno a loro volta connesse con l’esterno, con le reti di connessione del territorio metropolitano verso l’asse tiburtino (da Colli Aniene verso Tivoli..) e l’asse Casilino (Pantano, dove arriva la linea C e da dove prosegue con la Francigena sud), ma poi anche incrociarsi con il futuro GRAB e con la Palmiro Togliatti.

Per realizzare un progetto di questo genere occorre un gruppo “tecnico” di lavoro che sia interdipartimentale e funzioni da Cabina di regia tra i molteplici interventi da realizzare (riforestazione, progetti urbani, opere pubbliche, sviluppo locale, valorizzazione delle risorse archeologiche, sociali, culturali ecc.) che inevitabilmente coinvolgono una molteplicità di attori istituzionali (assessorato urbanistica, mobilità, lavori pubblici, soprintendenza, sviluppo economico, sociale, cultura ecc.).

A fianco di questa Cabina di regia dovrà poi essere sempre attiva la rappresentanza dei cittadini, che fungerà da raccordo con e i cittadini anche durante la messa in cantiere del progetto. Ma il primo obiettivo è costituire urgentemente la cabina di regia che sviluppi il programma operativo: e è questo che verrà chiesto alla sindaca Raggi.

GRE LAZIO

venerdì 10 luglio 2020

Tevere: individuata la causa della nuova moria di pesci, tocca trovare il colpevole

In relazione alla nuova moria di pesci che si è verificata nel fiume Tevere a Roma il 5 luglio scorso, l’ARPA Lazio è subito intervenuta per un primo campionamento nei pressi di Ponte Vittorio Emanuele già nel pomeriggio di domenica 5 luglio ed è poi tornata sul posto lunedì 6 luglio per un sopralluogo più approfondito assieme al personale della ASL RM1 e alla Polizia di Roma Capitale; nel corso del sopralluogo è stato prelevato un secondo campione all'altezza di Ponte Umberto. 

Le analisi chimiche e microbiologiche sono effettuate dai laboratori di Roma dell’Agenzia. Nelle tabelle seguenti sono riportati i risultati parziali delle analisi relative a entrambi i campioni.



Per quanto concerne il campione prelevato il 5 luglio (quindi quello temporalmente più prossimo all’evento), i risultati analitici parziali, relativi principalmente ai parametri chimici di base e microbiologici, hanno evidenziato una concentrazione notevolmente elevata dei nutrienti dell’azoto (principalmente ammoniaca) e del fosforo (principalmente ortofosfato). Notevole è anche la presenza di materiale in sospensione, del COD e dell’indicatore microbiologico di contaminazione fecale Escherichia coli. Tali valori sono nettamente più elevati di quelli generalmente riscontrati durante il monitoraggio delle acque superficiali condotto nel 2019 presso le stazioni del fiume Tevere F4.06 (Ripetta) e F4.62 (Marina di Roma). Viceversa, i valori analitici parziali riscontrati nel campione prelevato il 6 luglio sono notevolmente più bassi rispetto a quelli riscontrati il giorno precedente e sono più in linea con quelli generalmente riscontrati durante le attività di monitoraggio. 

I dati fin qui analizzati danno conto di un notevole carico organico – secondo ARPA potenzialmente legato alle forti precipitazioni verosimilmente intervenute il 4 luglio 2020 – che ha interessato il Tevere, con l’innesco di possibili fenomeni di anossia. Questo fenomeno è anche suggerito dalla relativamente bassa percentuale di ossigeno disciolto, rilevata il 6 luglio nella stazione F4.62 (Marina di Roma, ricadente nella parte finale del corso del fiume) durante le ordinarie attività di monitoraggio. ARPA Lazio precisa che tali considerazioni qui riportate sono solo ipotetiche e che valutazioni più complete saranno possibili solo alla conclusione delle attività analitiche ancora in corso.

A nostra avviso, tuttavia, il carico organico può solo parzialmente giustificare quanto accaduto ed andrebbe invece indagata la notevole presenza di ammoniaca, ortofosfati e COD, indirizzandola soprattutto verso gli scarichi (sia di impianti che non). 

Il COD ad esempio, indica la domanda chimica di ossigeno e valuta il grado di inquinamento mediante l'ossidazione chimica (anzichè biologica) dei composti presenti nelle acque con una soluzione di bicromato di potassio: poichè si tratta di un'analisi chimica, questo test misura anche le sostanze non biodegradabili che non sono determinate con altri tipi di analisi. 

L'ammoniaca, invece, può essere un composto dell'azoto, mentre gli ortofosfati indicano la presenza di fosforo, individuato convertendo mediante idrolisi acida i polifosfati e i fosfati precipitati, poi determinati con metodo colorimetrico. Fosforo ed azoto si definiscono "nutrienti" perché indispensabili alla crescita sia di molti organismi unicellulari, sia di vegetali pluricellulari: affinché si abbia anossia in un corpo d'acqua a enorme ricambio come è il Tevere, la quantità riversata deve necessariamente essere stata considerevole. 

giovedì 9 luglio 2020

E' reato prosciugare uno stagno naturale

In tema di tutela dei beni paesaggistici, l’art. 30, comma 3, L. n. 394 del 1991 (Legge quadro sulle aree protette) contempla il sequestro preventivo delle aree nei casi di violazione degli articoli 733 e 734.

Tale circostanza non preclude tuttavia la possibilità di procedere comunque al sequestro preventivo, ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., ove sussista il fumus della violazione di una delle disposizioni penali previste dalla legge citata.

Nella fattispecie, i reati erano integrati già per il solo prosciugamento dello stagno naturale e il convogliamento delle acque in mare, a nulla rilevando che l’area di proprietà dell’indagato non fosse ricompresa nell’area marina protetta e l’operazione non avesse influito sulla qualità delle acque del mare.

Ma leggiamo per intero la sentenza...


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 09/06/2020 (Ud. 11/09/2019), Sentenza n.17485

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da [omissis] , nato a Brindisi;

avverso l’ordinanza in data 25/03/2019 del TRIBUNALE DI BRINDISI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Luigi Cuomo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

udito per l’indagato l’avv. Anna Maria Ciardo, che ha concluso riportandosi ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 25 marzo 2019 il Tribunale del riesame di Brindisi ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 1 marzo 2019 dal Giudice per le indagini preliminari di Brindisi, avente ad oggetto delle aree di terreno meglio descritte in atti ed un tubo in pvc di colore arancione del diametro di 15 centimetri e lungo 35 metri, nei confronti di [omissis] , per il reato di cui al capo A), art. 19, comma 3, lett. b) e 30, commi 1, primo periodo, 4, 6, 7 e 8, L. n. 394 del 1991, perché, in area marina protetta, in violazione del divieto di alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche ed idrobiologiche delle acque, aveva creato un sistema di collettamento che scaricava in mare le acque di “una palude interna – stagno di durata temporanea” presente sull’area di sua proprietà, a seguito del ciclico riempimento di una depressione, così prosciugando la depressione, e per il reato del capo B), art. 734 cod. pen., perché aveva alterato le bellezze naturali della “Riserva marina Torre Guaceto”, soggetta alla speciale protezione dell’autorità, prosciugando lo stagno naturale, dopo aver già illecitamente realizzato su quel terreno e sull’adiacente particella 469 un tracciato viario carrabile delimitante un’area di sagoma rettangolare interessante uno sviluppo lineare di circa 300 metri per una larghezza di 3,50 metri ed un’altezza media di 15 centimetri, movimentato terreno tramite il suo spianamento sino ad arrivare all’arenile e spianato preesistenti dune costiere, in Brindisi fino al 29 gennaio 2019.

2. Il ricorrente impugna per cassazione l’ordinanza del Tribunale del riesame sulla base di due motivi: per violazione di legge, in relazione agli art. 19, comma 3, lett. b) e 30 L. n. 394 del 1991, 49 e 734 cod. pen., 42 Cost., e per violazione di legge, norme processuali e vizio di motivazione.

Precisa che, originariamente, i beni erano stati oggetto sia ,di un sequestro probatorio confermato dal Tribunale del riesame ed impugnato per cassazione, sia di un sequestro preventivo che aveva avuto un contenuto anche più ampio.

Già in sede di sequestro probatorio non era emersa alcuna alterazione delle acque del mare antistante alla proprietà privata. Dai prelievi effettuati sulle acque dell’ARPA Puglia era risultato che i valori dei parametri esaminati erano “compatibili con acqua stagnante salmastra e non evidenziavano criticità chimiche degne di nota”. Analogo risultato era stato registrato nel rapporto di prova successivo.

Pertanto, in assenza di qualunque tipo di alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche ed idrobiologiche delle acque dello specchio antistante la sua proprietà privata, non potevano ravvisarsi le ipotesi contestate del reato del capo A) e del capo B).

Ricorda che, ai fini dell’individuazione del fumus, non era sufficiente la mera ipotesi da parte del Pubblico ministero dell’esistenza del reato, ,essendo necessario portare in conto gli elementi offerti dalle parti; che l’anticipazione della soglia penale doveva essere valutata e coordinata con il principio di offensività del bene protetto; che il Tribunale del riesame aveva ritenuto che l’idoneità dell’azione discendeva già dal prosciugamento dello stagno nelle acque marine, argomento non pertinente rispetto al dettato della norma violata, che tutelava l’area marina protetta e che non aveva a che vedere con la proprietà privata.

Il prosciugamento riguardava la depressione del terreno agricolo e non l’area marina protetta. Con riferimento al reato di deturpamento delle bellezze naturali, il Tribunale del riesame non aveva tenuto conto del fatto che l’area depressa, successivamente al riempimento dell’acqua piovana, per la conformazione del terreno, faceva defluire l’acqua nel mare antistante, che lambiva la proprietà privata, o veniva assorbita lentamente dalla terra.

Tale depressione, per quanto accertato nella consulenza tecnica, non era classificata né tra le “zone umide ramsar” dei beni paesaggistici né tra le “aree umide” degli “ulteriori contesti paesaggistici” né rientrava tra le “aree di rispetto dei parchi e riserve regionali” né infine era interessata da un “reticolo idrografico di connessione RER”.

Erroneamente il Tribunale del riesame aveva ritenuto che l’area costituisse un habitat per la fauna, qualificandola impropriamente come laguna – stagno naturale, pur risultando dalle cartografie che non rientrava in alcun habitat.

In definitiva, osserva che la condotta ascritta aveva ad oggetto solo la riserva marina di Torre Guaceto e che il Tribunale del riesame aveva ritenuto sussistente la condotta illecita, pur dando atto che era soggetta a “riempimento ciclico” o in occasione di “straordinario afflusso di acqua piovana”.

Lamenta che nell’ordinanza non era stato esplicitato il periculum in mora, con particolare riguardo alle ragioni di concretezza ed attualità, enunciate solo in modo apodittico. Evidenzia che era stata illegittimamente compressa la proprietà, perché era stato imposto un vincolo su una superficie di oltre mq 40.000, mentre il collettamento era solo di m 35.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., avverso le misure cautelari reali, sequestro preventivo e probatorio, il ricorso per cassazione è ammissibile solo per violazione di legge, in tale nozione rientrando sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo” sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e altro, Rv. 269656).

Alla luce del cospicuo materiale indiziario a disposizione, il Tribunale del riesame ha reso una motivazione ampia e solida sia in ordine al fumus, ricostruendo nel dettaglio tutta la vicenda e valorizzando la circostanza che i consulenti del Pubblico ministero avevano affermato che l’obiettivo dell’indagato era quello di prosciugare lo stagno, sia in ordine al periculum, siccome la libera disponibilità dei terreni, soprattutto alla luce delle condotte poste in essere nel tempo, rendeva concreto ed attuale il rischio di aggravamento delle conseguenze di reati già in contestazione e di protrazione delle conseguenze della condotta illecita.

Va rilevato che il ricorrente è indagato per due reati, il primo previsto dalla legge speciale n. 394 del 1991, che all’art. 19 stabilisce che nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell’area, essendo vietata in particolare l’alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque (lett. b), il secondo previsto dall’art. 734 cod. pen. relativo alla distruzione o deturpamento di bellezze naturali.

Rispetto al primo reato, nonostante le difese dell’indagato secondo il quale l’intervento di convogliamento a mare delle acque dell’area depressa presente nella sua proprietà non avrebbe alterato le caratteristiche delle acque dell’area marina protetta, il Tribunale del riesame ha ritenuto con motivazione non sindacabile in fatto in questa sede che il reato era integrato già per il solo prosciugamento-della depressione naturale e convogliamento delle acque in mare, a nulla rilevando che l’area di proprietà dell’indagato non fosse ricompresa nell’area marina protetta e l’operazione non avesse influito sulla qualità delle acque del mare.

Il punto focale è infatti costituito dall’alterazione delle caratteristiche dell’ambiente nel suo complesso per effetto delle opere realizzate.

Analogo ragionamento è stato condotto per il secondo reato, quello dell’art. 734 cod. pen., realizzato peraltro anche attraverso la movimentazione di terra e lo spianamento di dune costiere.

Nella valutazione del “fumus commissi delicti“, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice deve verificare la sussistenza di un concreto quadro indiziario, non potendosi limitare alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa, ma non ha. bisogno di motivare sui gravi indizi di colpevolezza come se si trattasse di una misura cautelare personale (tra le più recenti, Cass., Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni, Rv. 272927-01).

Il Tribunale del riesame ha assolto correttamente al suo obbligo.

Quanto al periculum, già l’art. 30, comma 3, L. n. 394 del 1991 contempla il sequestro preventivo delle aree nei casi di violazione degli art. 733 e 734. Tale circostanza non preclude tuttavia la possibilità di procedere comunque al sequestro preventivo, ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., ove sussista il fumus della violazione di una delle disposizioni penali previste dalla legge citata (Cass., Sez. 3, n. 28736 del 27/04/2018, Faenza, Rv. 273306).

Nella specie, il Tribunale del riesame ha confermato un sequestro preventivo impeditivo, per il quale ha ben delineato gli elementi di concretezza ed attualità, in termini di ragionevole certezza che l’utilizzazione del bene consenta la commissione di ulteriori reati o l’aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede (tra le più recenti, la citata Cass., Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni, Rv 272927-02).

Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso, l’11 settembre 2019

mercoledì 8 luglio 2020

Il DL Semplificazioni cancellerà la biodiversità in Italia

Il Governo lo ha presentato come un provvedimento green, ma in uno dei 48 articoli del nuovo Decreto Semplificazioni si potrebbe nascondere il definitivo colpo di spugna contro la tutela dell'ambiente e della biodiversità. A farci accapponare la pelle è l'articolo 47, recante «Piano straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano»: leggendo tra le righe, infatti, la vegetazione ripariale dei fiumi (che, caratterizzata da piante idrofile, riveste importante significato nella selvicoltura, nell'ecologia, nella gestione ambientale e nell'ingegneria civile a causa del suo ruolo nella conservazione del suolo, della biodiversità e dell'influenza che ha sugli ecosistemi acquatici) ed il sottobosco potrebbero scomparire del tutto (ma «salvo intese» con le Regioni).

Rrivolgiamo il nostro appello al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare affinchè il provvedimento venga modificato in quanto in palese contrasto gli articoli 3, 11 e da 191 a 193 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), nonchè con la direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva Habitat), nonchè con la direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque – DQA), nonchè  con la Strategia Nazionale per la Biodiversità.


Decreto Semplificazioni, Articolo 47

(Piano straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano, interventi infrastrutturali irrigui e bacini di raccolta delle acque).

1. Al fine del miglioramento della funzionalità delle aree forestali ubicate nelle aree montane ed interne, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa della Conferenza permanente tra lo Stato le Regioni e le Province autonome, elabora entro 180 giorni un programma straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano, in coerenza con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fissati dall’ONU per il 2030 e del Green new deal europeo. Il programma straordinario è composto da due sezioni, la Sezione A e la Sezione B; la Sezione A contiene un elenco ed una descrizione di interventi selvicolturali intensivi ed estensivi, di prevenzione selvicolturale degli incendi boschivi, di ripristino e restauro di superfici forestali degradate o frammentate, secondo quanto previsto dall’articolo 7 del Decreto legislativo 3 aprile 2018 n 34 “Testo unico delle foreste e delle filiere forestali” da attuare da parte di imprese agricole e forestali su iniziativa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e delle Regioni e province autonome. La Sezione B del programma è destinato al sostegno della realizzazione di piani forestali di area vasta di cui all’articolo 6 del Decreto legislativo 34 del 2018, nell’ambito di quadri programmatici regionali almeno decennali, che consentano di individuare le vocazioni delle aree forestali e organizzare gli interventi migliorativi e manutentivi nel tempo.

2. Nell’ambito del Parco progetti degli interventi irrigui del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro, con proprio decreto, approva un Piano straordinario di interventi prioritariamente esecutivi, di manutenzione, anche ordinaria, dei canali irrigui primari e secondari, di adeguamento funzionale delle opere di difesa idraulica, di interventi di consolidamento delle sponde dei canali o il ripristino dei bordi danneggiati dalle frane, di opere per la laminazione delle piene e regimazione del reticolo idraulico irriguo e individua gli Enti attuatori.

3. Il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di cui al comma 4, è adottato previa intesa espressa ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e dispone il riparto delle risorse necessarie alla realizzazione degli interventi individuati, da attribuire alle Regioni e Province autonome, responsabili della gestione e della rendicontazione dei fondi.

4. I fondi assegnati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per la realizzazione di opere infrastrutturali irrigue e di bonifica idraulica sulla base di una pianificazione nazionale, ad Enti irrigui con personalità di diritto pubblico o che svolgono attività di pubblico interesse, riconosciuti con le modalità di cui all’articolo 863 del codice civile, non possono essere sottoposte ad esecuzione forzata da parte dei terzi creditori di tali Enti nei limiti degli importi gravati dal vincolo di destinazione alle singole infrastrutture pubbliche. A tal fine l'organo amministrativo degli Enti di cui al primo periodo, con deliberazione adottata per ogni semestre, quantifica preventivamente le somme oggetto del vincolo. È nullo ogni pignoramento eseguito in violazione del vincolo di destinazione e la nullità è rilevabile anche d'ufficio dal giudice. La impignorabilità di cui al presente comma viene e meno e non è opponibile ai creditori procedenti qualora, dopo la adozione da parte dell'organo amministrativo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione delle somme oggetto del vincolo, siano operati pagamenti o emessi mandati per titoli di spesa diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'Ente stesso.

5. Al fine di portare a termine le opere di realizzazione di bacini di accumulo prevalentemente ad uso irriguo, non concluse per carenza di fondi, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali previa intesa espressa ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individua le opere il cui completamento è ammissibile a finanziamento ed il piano di riparto delle risorse necessarie.

6. Al tal fine, le Regioni e Province autonome, responsabili della gestione e della rendicontazione dei fondi, verificano che l’interruzione non sia avvenuta per colpevole comportamento dell’Ente attuatore, che su di esso non gravino procedure esecutive che possano pregiudicare la realizzazione dell’investimento distogliendo le risorse dall’investimento cui sono destinare e che la parte già realizzata dell’opera non sia ammalorata al punto da non consentire la messa a regime dell’intervento quando anche completato.

7. Agli oneri derivanti dal presente articolo pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede mediante riprogrammazione di una quota parte dei Fondi per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2014-2020 del Piano Operativo Agricoltura 2014-2020 attraverso apposita Delibera CIPE e per gli oneri relativi agli anni 2021-2027, oggetto di successiva quantificazione, si fa fronte con le dotazioni messe a disposizione del Fondo sviluppo e coesione per il ciclo di programmazione post 2020.

Nuove norme sulle discariche: gli ultimi aggiornamenti

Vi comunichiamo che lo schema di decreto legislativo discariche che conteneva alcune pericolose modifiche dei criteri costruttivi delle discariche è stato riformulato a seguito della consultazione della Conferenza Stato Regioni da parte del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. 

E' stata tolta la pericolosa modifica che stabiliva l'equivalenza tra barriera geologica naturale e barriera di confinamento artificiale, con ciò violando quanto previsto dalla direttiva 1999/31, non innovata sul punto dalla direttiva 2018/850, che prevede che una barriera geologica naturale impermeabile debba essere sempre presente, quando si costruisce una discarica e che non possa essere sostituita da una barriera di confinamento artificiale, ma, al più, integrata o completata da essa.  

Tale fondamentale principio è ribadito anche dalla decisione della Commissione UE 2018/1147 sull'applicazione delle migliori tecniche disponibili negli impianti di rifiuti e dal resoconto di missione della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo del 11.04.2019 a Valladora (Piemonte), nel quale è stato raccomandato (punto 3) di non autorizzare discariche in zone prive di barriera geologica naturale.

Permangono tuttavia dei “refusi”, che per chiarezza e coerenza col dettato legislativo, il Coordinamento Nazionale per l'Ambiente ha chiesto di eliminare, anche al fine di evitare infrazioni comunitarie.  

Il Coordinamento Nazionale per l'Ambiente osserverà l'iter legislativo riportando ai cittadini l'esito dei suoi sforzi. 

Gruppi Ricerca Ecologica
Raggio Verde 
Forum Ambientalista
Comitato Valle Galeria Libera
Comitato Residenti Colleferro
Ambiente Futuro Lombardia 

venerdì 3 luglio 2020

Impianti eolici, le disposizioni degli Stati membri per la VIA

In tema di generale valutazione ambientale, l’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42 dev’essere interpretato nel senso che costituiscono piani e programmi che devono essere sottoposti a valutazione, in forza di tale disposizione, un’ordinanza e una circolare, entrambe contenenti diverse disposizioni riguardanti l’installazione e la gestione di impianti eolici, tra cui misure relative alla proiezione d’ombra, alla sicurezza e alle norme sul rumore.

L’articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, deve essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di «piani e programmi» un’ordinanza e una circolare, adottate dal governo di un ente federato di uno Stato membro, contenenti entrambe diverse disposizioni riguardanti l’installazione e la gestione di impianti eolici.

Qualora risulti che una valutazione ambientale, ai sensi della direttiva 2001/42, avrebbe dovuto essere realizzata prima dell’adozione dell’ordinanza e della circolare sulle quali si fonda un’autorizzazione relativa all’installazione e alla gestione di impianti eolici contestata dinanzi al giudice nazionale, cosicché tali atti e tale autorizzazione non sarebbero conformi al diritto dell’Unione, tale giudice può mantenere gli effetti dei citati atti e di tale autorizzazione solo qualora il diritto interno glielo consenta nell’ambito della controversia di cui è investito, e qualora l’annullamento di detta autorizzazione possa avere significative ripercussioni sull’approvvigionamento di energia elettrica dell’intero Stato membro interessato, e unicamente per il lasso di tempo strettamente necessario per rimediare a tale illegittimità. Spetta al giudice del rinvio, se del caso, procedere a tale valutazione nella controversia principale.

Ma leggiamo la sentenza della Corte di Giustizia UE.