Bordo strada diserbato con glifosate |
L'Assessora alla Sostenibilità Ambientale di Roma Capitale, Giuseppina Montanari, ci ha richiesto, insieme agli altri componenti del Forum Ambiente, di esprimerci in merito alla bozza di nuovo Regolamento del Verde e del Paesaggio urbano.
Il documento trasmessoci è però deficitario, a nostro avviso, di alcuni principi cardine che abbiamo chiesto di recepire: in primis, non vieta categoricamente la possibilità di diserbare con prodotti chimici, attività effettuata principalmente con prodotti a base del cancerogeno glifosato.
Eppure la Direttiva europea 2009/128/CE sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e la normativa di recepimento e attuazione a livello nazionale (Dlgs. 150/2012, DM n. 35 del 22/1/2014) hanno già evidenziato la necessità di valutare l’utilizzo di tali prodotti in termini di pericolosità partendo da realtà che già prevedono la tutela di specie e habitat protetti (Direttiva Habitat e Uccelli).
Rispetto al regolamento proposto riteniamo che gli interventi di diserbo debbano essere sempre e comunque ad impatto zero, e non solo lungo le sponde dei fossi, dei canali, degli argini dei fiumi, delle aree incolte in genere (art.14): eppure su tale orientamento c'è anche un impegno assunto dal Governo a seguito della P.D.L. 9/00302-A/009 dell'onorevole Massimiliano Bernini, appartenente al Movimento 5 Stelle, lo stesso partito della Sindaca Raggi e della maggioranza capitolina.
Anche all'art.23 si parla ancora di indefiniti "prodotti sostenibili", mentre già il Ministero dell'Ambiente (di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole) ha adottato il Decreto 15 febbraio 2017 "Adozione dei criteri ambientali minimi da inserire obbligatoriamente nei capitolati tecnici delle gare d’appalto per l’esecuzione dei trattamenti fitosanitari sulle o lungo le linee ferroviarie e sulle o lungo le strade", che ha ufficializzato i criteri ambientali minimi da utilizzare nelle gare di appalto per i trattamenti – quasi esclusivamente diserbi – di strade, autostrade e ferrovie, ed attua i punti A.5.4. e A.5.5. del Pan, che prevedeva la fissazione di criteri ambientali minimi per gli appalti in materia di trattamenti di strade, autostrade e ferrovie, entro due anni dall’entrata in vigore del Piano (13 febbraio 2014 – come indicato nel decreto 22 gennaio 2014): in perfetta sintonia con i provvedimenti originali, il decreto prevede che anche negli appalti per i trattamenti di strade, autostrade e ferrovie si tenda a sostituire i prodotti fitosanitari con l’utilizzo di mezzi fisici e meccanici (es. sfalcio, pirodiserbo, pacciamatura, utilizzo di vapore e/o di schiume), che costituiscono peraltro l’unica alternativa nei siti della Rete Natura 2000 e nelle aree naturali protette. Non si potranno proporre formulati contenenti sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione di categoria 1A (non ce ne sono, ad eccezione del rodenticida Warfarin, peraltro privo di autorizzazioni in Italia) e 1B (tre sostanze attive – epoxiconazole, glufosinate e linuron – con autorizzazioni in Italia) o classificati come altamente tossici per l’ambiente acquatico (riportanti in etichetta una delle indicazioni di pericolo H400, H410, H413 o R50, R53, R50/53 nel caso di scorte che in ogni caso non potranno più essere vendute dopo il 1° giugno 2017). Non sono bene accetti nemmeno i prodotti classificati con le frasi SPe1, SPe2, SPe3, Spe8, che indicano vari tipi di limitazione imposta dalla valutazione delle proprietà ambientali del formulato (es. divieto di utilizzo in certi terreni, utilizzo di buffer zones e/o ugelli antideriva etc.), quelli tossici e molto tossici, cancerogeni/mutageni/tossici per la riproduzione di categoria 2 (che in Europa e Italia sono decisamente più frequenti: 22 sostanze attive cancerogene approvate, 1 sola mutagena e 20 tossiche per la riproduzione) e nemmeno i sensibilizzanti per la pelle e per le vie respiratorie, oltre ai prodotti riportanti in etichetta frasi indicanti danni a vari organi per esposizione acuta o cronica e per i lattanti allattati al seno. E nel caso di corpi idrici i trattamenti dovranno fermarsi in ogni caso almeno a 10 metri (5 se si utilizzano ugelli antideriva) da corpi idrici o più lontano se ciò è previsto nell’etichetta autorizzata.
Platano capitozzato... eppure lo spazio per svilupparsi era sufficiente |
Laddove regolamenta gli Interventi e tipologie di potature (ovvero, l'Art.8), il regolamento comunque contempla la capitozzatura, una pratica vietata in altri Paesi europei e punita con severe multe: si tratta di un taglio (orribile anche esteticamente) all'internodo sia delle grosse branche ad andamento verticale che delle ramificazioni laterali, ed è sempre da evitare perché ha spesso come conseguenza lo sviluppo di carie del legno prodotte da agenti fungini, fino a portare alla morte del ramo o della branca. Inoltre stimola la produzione di vegetazione epicormica in prossimità della superficie del taglio, che per molti anni rimane male inserita (assenza del collare del fusto) o inserita su un punto di potenziale debolezza per lo sviluppo di carie interne. Con la capitozzatura, poi, vengono eliminate le gemme dormienti contenute all’interno del legno le quali originano rami sani, ben formati e ben ancorati: in pratica, dopo la capitozzatura, la nuova chioma trae origine da gemme avventizie che producono numerosi rami detti succhioni (che entrano in concorrenza tra loro), i quali si differenziano dai rami normali in quanto non sono saldamente ancorati alle branche e sono caratterizzati da una maggiore vigoria vegetativa e quindi minore lignificazione che li rende più facilmente esposti a rotture e schianti delle piante. E sappiamo bene a Roma quanto frequenti siano gli schianti di alberature stradali, purtroppo anche con conseguenze gravi per persone transitanti in quel momento nel raggio di caduto.
Per i nuovi impianti, inoltre, ogni albero dovrebbe avere almeno 1,5-2 mq di superficie libera a disposizione per consentire alle radici di effettuare gli scambi gassosi con l’aria, meglio se si lascia loro un’intera striscia: ciò permette di ottenere una minore manutenzione con minori costi; più sicurezza stradale e per il cittadino, più ossigeno da fotosintesi; miglioramento paesaggistico e vantaggi per salute e turismo.
Esemplare di pinus pinea in piazza delle Cinque Giornate, poi schiantatosi il 23 ottobre 2017 a causa di uno sprovveduto tagli delle radici effettuato in passato |
Infine, nel regolamento non c'è alcuna indicazione precisa circa il taglio delle radici degli alberi ad alto fusto, che comunque per la particolare composizione dei terreni tipici di Roma (pozzolane miste a limi poco addensati e argille plastiche poco consistenti derivanti dal processo di argillificazione secondaria delle vulcaniti) andrebbe accuratamente evitato soprattutto per i pini domestici a una distanza inferiore a 4 – 5 metri dal fusto, come ad esempio previsto dal “Regolamento Scavi” di Roma Capitale adottato dal Commissario Straordinario il 31.3.2016 nella sua versione più aggiornata: di contro, interventi ad una distanza significativamente inferiore a quanto permesso configurerebbero a tutti gli effetti una “costrizione edificatoria degli alberi” altamente dannosa e pregiudizievole per gli alberi stessi in quanto il taglio delle radici, debilitando le piante, ed aumentando il rischio di attacco da parte di funghi agenti del marciume radicale tipo Armillaria spp. e Heteobasidion spp., e nel tempo condurrà alla distruzione delle cellule legnose radicali, alterando la loro attività e generando squilibri sia nell’attività di assorbimento dei nutrienti che nell’ancoraggio degli alberi al suolo, finanche con potenziale rischio di schianto.
Purtroppo, complessivamente registriamo che non c'è alcuna novità nell'impostazione della proposta di regolamento, evidentemente condizionato da vecchie logiche e scarse professionalità.