di Pietro
Massimiliano Bianco*
Ultimamente si è tornato a propagandare il
mais OGM basandosi su uno studio della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università
di Pisa (Pellegrino et al., 2018) in cui si afferma non comporta rischi per la
salute umana, animale e ambientale. Anzi, presenta produzioni superiori,
contribuisce a ridurre la presenza di insetti dannosi e contiene percentuali
inferiori di sostanze tossiche che contaminano gli alimenti e i mangimi
animali. Addirittura i ricercatori autori di questo studio titolano sul sito
della loro Università: "Mais transgenico? Nessun rischio per la salute
umana, animale e ambientale".
La ricerca si è basata sui risultati
di ricerche condotte in pieno campo negli Stati Uniti, in Europa, in Sud America, in
Asia, in Africa e in Australia e mette a paragone le varietà OGM con quelle convenzionali
rispetto a produzioni, qualità della granella (incluso il contenuto in micotossine),
effetto su alcuni insetti target e non-target, contenuto di lignina negli
stocchi e nelle foglie, perdite di peso della biomassa, emissione di CO2 dal
suolo.
Lo studio, conclude che il mais transgenico è
più produttivo (5,6-24,5%), non ha effetto sugli organismi non-target
analizzati (tranne la diminuzione di un Braconide parassitoide dell’insetto
dannoso Ostrinia nubilalis), e
contiene concentrazioni minori di micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%)
nella granella, ovvero nei chicchi del mais. Ma non considera le farfalle,
sensibili alla tossina e anzi insetti target delle varietà transgeniche e
nemmeno i conseguenti possibili effetti sui servizi di impollinazione.
Si tratta di dati parziali e già conosciuti,
riferiti solo ad alcuni indicatori selezionati e che non dimostra assolutamente
nulla relativamente alla salute umana o degli animali. In questa ricerca non si
parla di effetti sulla salute umana e sugli ecosistemi naturali. Ma la stampa,
ignorando i reali contenuti dell’articolo, ha diffuso fake news confondendo
l’opinione pubblica ed enfatizzando “scoperte scientifiche” che in realtà sono
analisi di dati già editi, presentati dalla stampa con intenti ingannevoli ai
non addetti ai lavori. Confermando ai più esperti la completa sottomissione
della maggior parte dei mass-media italiani alle multinazionali criminali che,
tramite gli Ogm, stanno distruggendo la sovranità alimentare delle popolazioni,
costringendo gli agricoltori ad acquistare le loro sementi, comprare i loro
pesticidi e mangiare i loro prodotti pieni di residui di fitosanitari e Dna
mutante.
Nella valutazione di Pellegrino et al., sulle
migliori performance produttive dei mais OGM relativamente alla salute umana c'è
la minor produzione di micotossine cancerogene. In particolari condizioni
climatiche sul mais si possono sviluppare funghi come l’Aspergillus flavus, che producono le aflatossine, altamente
tossiche e sono ritenute essere tra le sostanze più cancerogene esistenti. Tuttavia
attualmente il mais utilizzato per alimentare gli animali e gli umani
nell'intera UE deve avere un contenuto di micotossine inferiore ai limiti di
legge[1]
e, se i controlli sono appropriati, non presenta alcun rischio per la salute
umana anche senza coltivare mais OGM.
Nel 2003 la maiscoltura italiana ha
affrontato le prime contaminazioni della granella e nel latte, superiori al
limite imposto dalla vigente legislazione Europea. La problematica si è
ripetuta, seppure a macchia di leopardo, negli anni successivi, per sfociare
nel 2012 in un grosso problema di dimensione europea. Tuttavia, sempre senza
ricorre ad OGM, un abbattimento fino al 95% lo si può ottenere con il metodo
biologico basato sul fungo antagonista AF-X1 selezionato dall'Università
Cattolica di Piacenza. La ricerca ha dimostrato che distribuendo in campo un
ceppo non tossigeno di Aspergillus flavus
incapace di produrre aflatossine, ma competitivo nei confronti dei ceppi tossigeni presenti
nell’ambiente il fenomeno diminuisce fino a scomparire. Il ceppo è stato
selezionato e sottoposto a brevetto europeo dall’Università e DuPont Pioneer
Italia ne ha acquisito i diritti di commercializzazione. L’ AF-X1, è una
soluzione preventiva per la salvaguardia del mais italiano, con la prerogativa
che il ceppo selezionato ed isolato nei suoli italiani è un fungo autoctono adattato ai nostri ambienti. La riduzione
effettiva del rischio di malattie fungine e di danni da insetti, da cui
derivano le micotossine, la si ottiene, comunque, evitando di coltivare il mais
in monocoltura, con irrigazione eccessiva e concimazione chimica.
Va premesso che il problema del Mais
transgenico non riguarda solo l’immissione di sostanze geneticamente estranee
all’interno della piante coltivate. Riguarda ancor di più errate politiche dei
territori agricoli basate sull’uso intensivo di erbicidi, che causano
rapidamente il degrado del suolo e la morte degli organismi che lo popolano e
ne alimentano la produttività, e sulla parallela produzione intensive di poche
varietà brevettate e monopolizzate dalle stesse multinazionali che vendono
pesticidi. Distruggendo la diversità agricola storica e la sovranità alimentare
in nome di un presunto progresso basato unicamente su motivazioni economiche e non
sulla reale efficacia di tali tecniche.
Gli Ogm rappresentano un potenziale grave
danno ambientale: sono, infatti, organismi viventi in grado di riprodursi e
diffondersi, portatori di geni esogeni, tendenzialmente instabili, la cui propagazione potrebbe provocare danni
anche irreversibili alle comunità naturali.
Studi eseguiti su Brassica napus (colza) gm tollerante l’erbicida glufosinato
dimostrano flussi di geni con Brassica campestris (rapa), Sinapis arvensis (senape selvatica), Brassica rapa (Wolfenbarger, 2000) e gli ibridi interspecifici
della seconda generazione contenevano il transgene per la tolleranza
all’erbicida (Mikkelsen et al., 1996).
A causa della diversità degli ecosistemi e
degli Ogm l’approccio scientificamente corretto è valutare la pericolosità
degli Ogm caso per caso (Wolfenbarger et al., 2000). Alcuni hanno evidenziato
una serie di problematiche e rischi imprevisti degni della massima attenzione
(Butler et al., 1999).
Tabella 1 – I rischi ambientali
delle Piante Geneticamente modificate
Aria
|
Dispersione del transgene
tramite polline
|
Incorporazione del DNA in
specie interfertili, cambiamento della fitness delle piante riceventi (con
possibile aumento della invasività e selezione di «supermalerbe»), induzione
di resistenza agli stress (biotici), alterazione della biodiversità vegetale
|
Parte aerea della pianta
|
Effetti negativi sugli
organismi non bersaglio
|
Perdita di servizi ecologici
(impollinazione, controllo
(artropodi, roditori, uccelli,
mammiferi, ecc.) naturale dei fitofagi, ecc.), alterazione della biodiversità
animale.
|
Suolo
|
Trasferimento genico orizzontale,
|
Incorporazione di DNA in altri
organismi, perdita effetti sulla biocenosi tellurica di biodiversità, perdita
di servizi ecologici (ciclo degli elementi nutritivi, inibizione di patogeni,
ecc.).
|
Molti mais transgenici non sono più
produttivi: semplicemente sono resistenti agli erbicidi, continuando a favorire
la chimica a discapito di una seria politica agricola che deve incentivare
innanzitutto la produzione locale di qualità e il biologico, visto, per altro,
il grande mercato disponibile.
Grazie a questi mais transgenici e agli
erbicidi ad essi associati il suolo diventa sterile e può essere alimentato
solo mediante l’uso di concimi chimici quali fosfati, sali d’ammonio, nitrati
che a loro volta determinano l’inquinamento dei corsi d’acqua, fenomeni di
eutrofia anche nel mare e, infine, il crollo degli stock ittici con danni anche
economici oltre che ecologici. Per altro le loro caratteristiche
nutraceutiche sono inferiori alla pianta originaria: il glifosate, uno degli
erbicidi a cui sono resistenti i mais OGM, è un chelante di numerosi
oligoelementi e inevitabilmente determina il loro calo nei derivati alimentari
per gli animali o per gli uomini. Inoltre il glifosate e le sue formulazioni
commerciali (ad es. il Roundup) sono nocivi per numerose specie a diversi
livelli della catena alimentare, comprese le specie acquatiche. Questa sostanza
causa la riduzione della fissazione dell'azoto, garantendo rese inferiori dei
raccolti o grandi input di concimi con ulteriore aggravio della situazione
ambientale. L’uso del glifosate provoca una maggiore proliferazione del fungo
Fusarium (Fernandez et al., 2009) e può predisporre le piante ai fitopatogeni
presenti nel suolo (Rosenbaun et al., 2014).
Questo tipo di prodotti favorisce il rischio
di ingerire dosi massicce di residui di fitofarmaci. Il glifosato (o meglio un
composto intermedio della sua degradazione) permane sulla pianta 150-200
giorni, correlato alla presenza nella popolazione umana di un linfoma del tipo
non-Hogkins (terza causa di malattia tra gli agricoltori) e spesso è presente in
quantità non trascurabili anche nel prodotto finito poiché le piante lo
assorbono per via radicale.
In base a queste ed altre considerazioni, nel
1997 la Monsanto ha dovuto pagare allo stato di New York una multa di 50.000
dollari per pubblicità ingannevole sulla sicurezza dell’erbicida Roundup; nel 2001 gruppi di ambientalisti sono riusciti a bloccare la proposta
di costruire nel
ravennate una delle più grosse fabbriche per la produzione di glifosate.
Bacillus thuringiensis |
Il
mais transgenico Bt, ingegnerizzato con sequenze geniche provenienti da Bacillus thuringiensis per esprimere
proteine ad effetto insetticida contro gli insetti fitofagi, è ancora peggiore a livello di naturalità. La coltivazione
del mais Bt è parte integrante dell’agricoltura statunitense: nel 2009 copriva
un areale di 22,2 milioni di ettari, pari al 63% della superficie agricola di
quel Paese e grandi quantità di mais al Bacillus sono importate come mangimi per animali. Il Bacillus thuringensis (Bt) è un batterio del
suolo che si utilizza con successo in agricoltura biologica per contrastare
Lepidotteri e Coleotteri parassiti: esso libera infatti una pre-tossina
inattiva che diventa tossica (tossina Bt) solo all'interno dell’apparato
digerente a pH alcalino degli insetti che se ne sono cibati. Le piante
transgeniche resistenti ai parassiti, invece, producono senza interruzione la
tossina Bt direttamente in forma attiva, cioè tossica (Crecchio, 1998).
A parte le ovvie considerazioni sulla
naturalità di un cibo con tossine ad azione insetticida o della carne di
animali che se ne sono alimentati, i ricercatori hanno scoperto che molti
parassiti sviluppano la resistenza in un tempo medio di poco superiore ai
cinque anni: addirittura più velocemente che rispetto ai normali insetticidi. In condizioni di laboratorio, gli insetti della specie Heliothis
hanno rapidamente sviluppato resistenza nei confronti del cotone Bt e, dopo 21
generazioni, i livelli di resistenza sono aumentati di 300 volte; un caso
analogo si è verificato in Cina, dove Helicoverpa
armigera ha sviluppato resistenza al granoturco Bt.
Anche i virus possono scambiare materiale genetico con geni virali presenti in alcune di essi: la ricombinazione tra le sequenze virali presenti nei costrutti transegnenici e i virus quiescienti nei genomi di piante e di animali dà origine a nuovi virus con una maggiore virulenza, in grado di infettare un maggior numero di ospiti o di diffondersi più rapidamente come il caulovirus del mosaico del cavolfiore che, inserito nel tabacco transgenico, ha interagito con il virus selvatico dando origine ad un virus ricombinante più virulento.
Le piante-Bt GM possono rivelarsi nocive per organismi non-target sia nel caso in cui gli insetti consumino la tossina direttamente dal polline o dalle piante, sia indirettamente cibandosi di insetti nocivi che hanno ingerito la tossina. In particolare risultano tossiche per lepidotteri (le farfalle) determinando sicuramente una diminuzione dei servizi di impollinazione sia in ambito agricolo che nelle zone naturali circostanti.
Anche i virus possono scambiare materiale genetico con geni virali presenti in alcune di essi: la ricombinazione tra le sequenze virali presenti nei costrutti transegnenici e i virus quiescienti nei genomi di piante e di animali dà origine a nuovi virus con una maggiore virulenza, in grado di infettare un maggior numero di ospiti o di diffondersi più rapidamente come il caulovirus del mosaico del cavolfiore che, inserito nel tabacco transgenico, ha interagito con il virus selvatico dando origine ad un virus ricombinante più virulento.
Le piante-Bt GM possono rivelarsi nocive per organismi non-target sia nel caso in cui gli insetti consumino la tossina direttamente dal polline o dalle piante, sia indirettamente cibandosi di insetti nocivi che hanno ingerito la tossina. In particolare risultano tossiche per lepidotteri (le farfalle) determinando sicuramente una diminuzione dei servizi di impollinazione sia in ambito agricolo che nelle zone naturali circostanti.
Esemplare di farfalla monarca (Danaus plexippus) |
L'impatto del polline del mais Bt sulle larve della farfalla monarca (Danaus plexippus) in nord America rappresenta l'esempio più conosciuto di tale fenomeno (Losey et al., 1999; Hanson-Jesse & Obrycki, 2000; Stanley-Horn et al., 2001; Dively et al., 2004, Sears et al., 2001). E' stato anche scoperto che questo mais è tossico per le larve della farfalla vanessa io (Inachis io) (Felcke & Langenbruch, 2003) e che un tipo di tossina Bt (Cry1Aa) è tossica per il baco da seta Bombyx mori (Fan et al., 2003). Negli stati uniti si è riscontrato l'impatto del mais Bt sulla popolazione di Coleomegilla maculata, un insetto predatore utile comunemente reperibile nei campi di masi (Wold et al., 2001). Anche la crisoperla (Chrysoperla carnea), un insetto utile che riveste un importante ruolo nel controllo degli insetti nocivi, viene danneggiata dalle colture Bt13 (Hilbeck et al., 1999; Dutton et al., 2002).
Infine la diffusione del mais Bt determina un aumento della resistenza al Bt danneggiando le colture biologiche che fanno un largo uso di sposre batteriche.
Oltre alle considerazioni ecologiche il modello su cui è basato il mais transgenico, basato su sementi brevettate e certificate che devono essere periodicamente acquistati dal produttore, è del tutto all’opposto della politica per la difesa del germoplasma locale, per la libera diffusione di sementi storiche e di qualità, adattate dai contadini locali alle diverse condizioni pedoclimatiche e ai diversi patogeni. E quindi in sostanza alle politiche favorite da convenzioni internazionali quali il “Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'Alimentazione e l'Agricoltura”[2], il “Protocollo sull’Accesso alle Risorse Genetiche e l’Equa Condivisione dei Benefici”[3] e, a livello nazionale, la “Strategia Nazionale per la Biodiversità”[4] e il “Piano strategico per l'Innovazione e la ricerca nel settore agricolo, alimentare e forestale“[5].
Oltre alle considerazioni ecologiche il modello su cui è basato il mais transgenico, basato su sementi brevettate e certificate che devono essere periodicamente acquistati dal produttore, è del tutto all’opposto della politica per la difesa del germoplasma locale, per la libera diffusione di sementi storiche e di qualità, adattate dai contadini locali alle diverse condizioni pedoclimatiche e ai diversi patogeni. E quindi in sostanza alle politiche favorite da convenzioni internazionali quali il “Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'Alimentazione e l'Agricoltura”[2], il “Protocollo sull’Accesso alle Risorse Genetiche e l’Equa Condivisione dei Benefici”[3] e, a livello nazionale, la “Strategia Nazionale per la Biodiversità”[4] e il “Piano strategico per l'Innovazione e la ricerca nel settore agricolo, alimentare e forestale“[5].
Una seria valutazione del rischio dovrebbe
considerare la diversità degli ambienti nei quali l’Ogm verrà impiegato o
potrebbe diffondersi, le forme di vita con le quali può entrare in contatto, le
diverse condizioni ambientali (suolo, temperatura, irrigazione…), e
l’interazione di tutti questi fattori. Occorre potenziare la ricerca per la
valutazione del rischio ambientale, purtroppo ritenuta di scarso prestigio, ben
poco redditizia e naturalmente mal vista dalle multinazionali che finanziano
gli ormai asfittici, grazie ai tagli statali, istituti pubblici di ricerca che
hanno perso qualsiasi ruolo di terzietà su questa spinosa questione.
Al contrario si tratta di bandire, in nome
della qualità e del valore economico-ecologico, le pratiche agricole
insostenibili, espressione di un'agricoltura di tipo industriale fatta di
monocolture su vasta scala che dipendono da input costosi e inquinanti come i
pesticidi. Soluzioni sostenibili non arriveranno dagli OGM e certamente non
dagli OGM resistenti agli erbicidi o con tossine incorporate.
Ricordiamo a tutti i consumatori che in
Italia è vietata la coltivazione di piante geneticamente modificate, come
consente di fare la normativa europea che, però, non permette di vietare
l’importazione di alimenti e mangimi per animali ottenuti con queste materie
prime autorizzate a livello comunitario, la cui presenza deve però essere
indicata in modo chiaro sulle etichette. Questi modelli, già messi in discussione nel
mondo agricolo, devono essere definitivamente superati promuovendo una green
economy agroalimentare basata su produzioni sostenibili di qualità, inevitabili
motori di sviluppo delle economie e delle culture locali, valorizzando i loro
positivi effetti ambientali, sulle economie locali e sulla salute.
*Pietro
Massimiliano Bianco è Ecologo, consulente dei Gruppi di Ricerca Ecologica, Tecnologo-Ricercatore ISPRA
Bibliografia
- Crecchio C., Stotzky G., 1998. Insecticidal activity and biodegradation of the toxin from Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki bound to humic acids from soil. Soil Biology & Biochemistry, 30: 463-470.
- Dively G.P., Rose R., Sears M.K., Hellmich R.L., Stanley-Horn D.E., Calvin D.D., Russo J.M., Anderson P.L., 2004. Effects on monarch butterfly larvae (Lepidoptera: Danaidae) after continuous exposure to Cry1Ab expressing corn during anthesis. Environmental Entomology, 33: 1116-1125.
- Dutton A., H. Klein, J. Romeis and F. Bigler. 2002. Uptake of Bt toxin by herbivores feeding on transgenic maize and consequences for the predator Chrysoperla carnea. Ecological Entomology, 27: 441-447.
- Felke M., Langenbruch G.A., 2003. Wirkung von BtMais-Pollen auf Raupen des Tagpfauenauges im Laborversuch (Effect of Bt-maize-pollen on caterpillars of Inachis io in a laboratory assay). Gesunde Pflanze, 55: 1-7.
- Fernandez M.R., Zentner R.P., Basnyat P., Gehl D., Selles F. Huber D., 2009. Glyphosate associations with cereal diseases caused by Fusarium spp. in the Canadian Prairies. European Journal of Agronomy, 31(3): 133-143.
- Hanson-Jesse L.C., Obrycki J.J., 2000. Field deposition of Bt transgenic corn pollen: lethal effects on the monarch butterfly. Oecologia, 125: 241-248.
- Hilbeck A., Moar W.J., Pusztai-Carey M., Filippini A., Bigler F., 1999. Prey-mediated effects of Cry1Ab toxin and protoxin and Cry2A protoxin on the predator Chrysoperla carnea. Entomologia Experimentalis et Applicata, 91: 305-316.
- Losey J.E., Raynor L.S., Carter M.E., 1999. Transgenic pollen harms monarch larvae. Nature, 399: 214.
- Mikkelsen T.R., Andersen R., Jorgensen B., 1996. The risk of crop transgene spread. Nature, 380, 31.
- Pellegrino E., Bedini S., Nuti M., Ercoli L., 2018. Impact of genetically engineered maize on agronomic, environmental and toxicological traits: a meta-analysis of 21 years of field data Scientific Reports, 8: 3113. doi:10.1038/s41598-018-21284-2.
- Rosenbaum K.K., Miller G.L., Kremer R.J., Bradley K.W., 2014. Interactions between Glyphosate, Fusarium Infection of Common Waterhemp (Amaranthus rudis), and Soil Microbial Abundance and Diversity in Soil Collections from Missouri. Weed Science, 62(1): 71–82.
- Sears M.K., Hellmich R.L., Stanley-Horn D.E., Oberhauser K.S., Pleasants J.M., Mattila H.R., Siegfried B.D., Dively G.P., 2001. Impact of Bt corn pollen on monarch butterfly populations: A risk assessment. Proceedings of the National Academy of Sciences, 98: 11937-11942.
- Stanley-Horn D.E., Dively G.P., Hellmich R.L., Mattila H.R., Sears M.K., Rose R., Jesse L.C.H., Losey J.E., Obrycki J.J., Lewis L., 2001. Assessing the impact of Cry1Abexpressing corn pollen on monarch butterfly larvae in field studies. Proceedings of the National Academy of Sciences, 98: 11931-11936.
- Wold S.J., Burkness E.C., Hutchison W.D., Venette R.C., 2001. In-field monitoring of beneficial insect populations in transgenic corn expressing a Bacillus thuringiensis toxin. Journal of Entomological Science, 36: 177-187.
- Wolfenbarger L.L, Phifer P.R., 2000. The ecological risks and benefits of genetically engineered plants. Science, 290, 2088-2093.
[1] Regolamento (UE) n.
165/2010 della Commissione, del 26 febbraio 2010 , recante modifica, per quanto
riguarda le aflatossine, del regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce i
tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (Testo rilevante
ai fini del SEE)