Il TMB Salario andato a fuoco l'11 dicembre scorso |
Chi aspettava la tempesta perfetta, è servito: l’incendio
del TMB Salario ha al tempo stesso fatto esplodere un’altra bomba ecologica su
Roma (un’altra perché Roma ha “diverse” criticità che i Gre Lazio denunciano da
tempo, in primis i roghi tossici nei quadranti est e sud) ma anche messo a nudo
l’inesistenza della gestione del ciclo dei rifiuti. Mentre toccherà alla
magistratura provare a individuare un colpevole, mentre la politica continuerà
il teatrino delle reciproche accuse e i continui scaricabarile, la nostra
preoccupazione al termine di questo annus horribilis dal quanto di vista
ambientale è duplice: gli effetti dell’incendio dell’impianto di AMA sulla
salute e sull’ecosistema di Roma, e la soluzione alla catastrofe-rifiuti che ne
seguirà inevitabilmente entro qualche giorno.
Sin dalle primissime ore di quel nefasto 11 dicembre, l’Arpa
Lazio (l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente deputata, tra gli
altri compiti, al controllo di fonti e di fattori di inquinamento) si è
immediatamente adoperata per effettuare delle attività di campionamento dei
microinquinanti che, tenuto conto dell’evoluzione dell’evento, sono state programmate
su un arco temporale di 24 ore. Al fine di avere delle informazioni in tempi
rapidi sullo spostamento della nube generata a seguito dell’incendio, l’Arpa ha
verificato attraverso i modelli la direzione prevalente del vento a partire dalle
prime ore di martedì 11 dicembre nonché verificato i dati rilevati dalle tre
centraline della rete fissa di monitoraggio più vicine all’impianto Salario:
Bufalotta, Villa Ada, e Francia.
Mentre parametri di biossido di azoto, monossido di
carbonio, biossido di zolfo sono sostanzialmente in linea con i dati precedenti
all’evento, il particolato (PM10) ne è stato sicuramente influenzato, con
valori che si sono incrementati nel tempo e che nella zona di Villa Ada hanno
sforato i limiti posti dal d.lgs. n.155/2010 (la norma per la qualità dell’aria
ambiente): da un approfondimento sui dati rilevati da questa centralina, in
particolare sono aumentati benzene e etilbenzene.
Ma ad allertare i romani, è stato sin da subito il forte
odore acre che ha accompagnato la nube rossastra: tale molestia è pertanto da
ascriversi ai numerosi composti chimici che si sono dispersi nell’aria a
seguito dell’incendio, sebbene non ascrivibili agli inquinanti normalmente
rilevati dall’Agenzia. Martedì 11, pertanto, Arpa ha installato due
campionatori mobili: il primo a ridosso dell’impianto andato a fuoco, il
secondo in un istituto sito a piazza Minucciano, scuola Piaget Majorana (ad 1
km dall’impianto). Se da un lato i metalli pesanti, presenti in atmosfera sotto
forma di particolato aerotrasportato e per questo motivo misurati nelle polveri
sospese, non hanno sforato i limiti di legge (previsti però solo per arsenico,
cadmio, nichel e piombo) in nessuno dei due campionatori, i valori degli IPA
(idrocarburi policiclici aromatici) sono stati particolarmente elevati ed in
particolare quello del benzo(a)pirene, l’unico fissato dal d.lgs. n.155/2010.
Elaborazione GRE Lazio su dati diffusi da Arpa Lazio |
A destare preoccupazione è però il dato rilevato per le
diossine, i furani ed i policlorobifenili (PCB), soprattutto in prossimità dell’impianto,
che hanno iniziato a decrescere solo venerdì 14 perché ormai dispersi in aria; per
quanto riguarda le diossine non esiste un riferimento normativo in aria
ambiente, e pertanto ci si riferisce ai dati dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità che nel documento Guidelines for Europe 2000 stima le concentrazioni di
tossicità equivalente (TEQ) in ambiente urbano di diossine e furani ad un
livello pari a circa 100 fg/m3.
Sebbene l’andamento dei valori di diossine e
furani potrebbe essere riconducibile alla consistente presenza di aerosol
dovuto all’acqua utilizzata per lo spegnimento dell’incendio e alla ricaduta a terra
delle polveri dovuta all’abbassamento delle temperature di emissione e quindi
alla riduzione della spinta verso l’alto delle polveri stesse, i valori di
diossina e furani misurati presso la scuola il giorno 12 dicembre (campionatore
basso volume) nonché quelli rilevati a Villa Ada i giorni 11 e 12 dicembre sono
risultati dello stesso ordine di grandezza del valore guida definito dal WHO. I
valori di diossina e furani misurati presso la scuola il giorno 13 dicembre (campionatore
basso volume) sono risultati invece inferiori al valore guida definito dall’OMS.
Anche per i policlorobifenili (PCB) non esistono valori di riferimento:
tuttavia, l’Arpa ha rilevato un valore dei PCBs totali relativo al campione di
martedì 11 dicembre di gran lunga superiore ai valori misurati in seguito agli
incendi in cui è intervenuta negli ultimi anni, come ad esempio quello che ha
interessato lo stabilimento Eco X di Pomezia il 5 e 6 maggio 2017.
Il possibile fall-out secondo Arpa Lazio (previsioni al 19 dicembre) |
Infine l’Arpa Lazio ha anche operato una primissima simulazione
delle aree di massima potenziale ricaduta degli inquinanti al suolo (senza
alcuna informazione legata alla concentrazione), tendenzialmente individuate
nella zona verso Ponte Milvio, Balduina, Boccea, Aurelia e comunque in
direzione del quadrante ovest sud-ovest.
Questo
per quanto riguarda il drammatico inquinamento. Ma veniamo al secondo problema
che rischia di affliggere la martoriata Roma durante le festività natalizie,
quando storicamente si è sempre registrata qualche difficoltà nella raccolta a
causa dell’aumento della produzione di rifiuti nonché delle maggiori turnazioni
tra i dipendenti. Il sempre contestatissimo TMB Salario lavorava circa 400 tonnellate di rifiuti al giorno: se non
si individuerà velocemente una soluzione, una mole enorme di scarti rischia di
restare quindi per terra.
Discarica e tmb di Malagrotta viste da Google Maps |
Il Campidoglio ha
ipotizzato diverse soluzioni, oltre al rinnovo la convenzione con l’Abruzzo,
relative all’aumento della capacità di trattamento dei TMB privati presenti sul
territorio laziale: a iniziare dai due impianti di Malagrotta (del Consorzio
Colari, ma in relazione al presunto malfunzionamento dei quali tra il 2006 e il
2013 la Procura ha appena chiesto
il rinvio a giudizio per l’ex patron Manlio Cerroni e altre sei persone),
quello di Colfelice (della SAF), Casale Bussi a Viterbo (della Ecologia Viterbo)
e Aprilia (della RIDA). Come era ovvio, tuttavia, nei vari territori ci sono anche
vere e proprie levate di scudi: il sindaco di Aprilia Antonio Terra, ad
esempio, si è detto contrario all’accoglimento dei rifiuti della Capitale nell’impianto
di RIDA di Campoverde, che dovrebbe assorbire 300 tonnellate di rifiuti
indifferenziati al giorno per sei mesi, cioè fino al 30 aprile 2019. Ma comunque
sussisterebbe il problema degli scarti di lavorazione di tale impianto e del tmb
di Colfelice, che la Regione Lazio ha ipotizzato di portare nella discarica di
Colle Fagiolara a Colleferro (gestita da Lazio Ambiente, una società controllata dalla Regione stessa)
che però dovrà chiudere definitivamente i battenti a fine 2019 e contro l’ampliamento
della quale si è già espresso categoricamente il sindaco di Colleferro
Pierluigi Sanna.
Poi ci sono le
soluzioni fuori regione, seppur iniziano a fioccare i dinieghi: come quello della
A2A di Brescia, che già riceve dal Lazio poco meno di 35mila tonnellate l’anno
di rifiuti, ma ritiene ormai saturo il termoutilizzatore di Brescia. O quello
della Regione Toscana, che dopo una disponibilità iniziale ha precisato che nei
propri impianti non c’è più spazio. Trattativa in corso con l’Abruzzo, invece,
mentre il Piemonte aspetta ancora una richiesta ufficiale.
Quello che però
continua a mancare da parte di Roma Capitale è una programmazione seria e
coraggiosa, continuando a procedere in maniera insensata e sconnessa.