Dopo anni in cui, al fianco dei Comitati di Quartiere (ed in particolar modo quelli di Tor Sapienza, Morena e Colli Aniene) denunciamo a tutti i livelli il drammatico fenomeno dei roghi tossici nei quadranti Est e Sud di Roma Capitale, finalmente l'Operazione TELLUS evidenzia l'articolazione della "filiera" del riciclo clandestino di metalli: quello che da sempre sosteniamo, infatti, è che se il livello più basso ha interesse a "reperire" metalli appetibili ed estrarli anche appiccando roghi, più su c'è qualcuno che questi metalli li acquista per commercializzarli o per lavorarli direttamente.
In qualità di associazione di protezione ambientale riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente, rivolgiamo il nostro plauso ed il nostro più vivo ringraziamento alla Procura di Roma, al Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei Carabinieri, ai Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria dell'Arma ed a tutti i reparti territoriali coinvolti in quanto attraverso questa importante azione non solo si è iniziato a reprimere una forma di illegalità ancor più deprecabile in quanto attenta direttamente alla salute della gente e all'ambiente, ma si è anche lanciato un segnale forte di presenza delle Istituzioni e vicinanza ai cittadini perbene, i quali potranno ricominciare a sperare in un futuro più salubre.
Riportiamo integralmente il Comunicato stampa diramato nella giornata di ieri dal Comando Provinciale di Roma dei Carabinieri:
Ambiente: Operazione TELLUS arresti e denunce per traffico
illecito di rifiuti
Comando Provinciale di Roma, 15/01/2019 12:07
Nella mattinata odierna i Carabinieri Forestali di Roma,
Rieti, Latina ed i Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della
Procura di Roma, coadiuvati dai militari dei Reparti Territoriali dell’Arma,
hanno eseguito una serie di misure cautelari personali e reali emesse dal
Tribunale di Roma su richiesta della locale Procura della Repubblica –
Direzione Distrettuale Antimafia, costituite da 6 custodie cautelari in
carcere, 9 arresti domiciliari, 3 obblighi di presentazione quotidiana alla
polizia giudiziaria, 12 divieti di dimora nel territorio della Provincia di
Roma, oltre al sequestro preventivo di 25 autocarri utilizzati per il trasporto
illecito di rifiuti ed 1 impianto di autodemolizione, per un totale di 57
indagati a vario titolo per traffico illecito di rifiuti, associazione a
delinquere finalizzata al riciclaggio e ricettazione di veicoli e truffa in
danno delle assicurazioni, simulazione di reato, favoreggiamento personale.
Il blitz scattato alle prime luci dell’alba, ha visto
impiegati oltre 150 militari sui diversi obiettivi tra Roma e Latina,
supportati nelle attività condotte presso il Campo nomadi di via Salviati di
Roma da un elicottero in costante sorvolo e da una stazione operativa mobile.
L’operazione, convenzionalmente denominata “Tellus” ( dal
nome della divinità romana della Terra, a rimarcare l’impegno dell’Arma a
difesa dell’Ambiente) costituisce l’esito di un’articolata attività di indagine
scaturita nell’aprile 2016 da una serie di controlli eseguiti dai Reparti
territoriali dell’ex Corpo Forestale dello Stato, finalizzati al contrasto del
fenomeno dei c.d. “roghi tossici”, conseguenti alla gestione illecita di
rifiuti operata prevalentemente da soggetti di etnia rom in concorso con i
titolari delle aziende di recupero, che ne ricevevano le sole componenti di
valore (es. rame, bronzo, ottone).
L’indagine, successivamente sviluppata dai Carabinieri
della Sezione di Polizia Giudiziaria di Roma e dai Carabinieri Forestali di
Roma e Rieti e, coordinati dalla Procura della Repubblica , ha oggi consentito
di porre fine ad una vera e propria attività continuativa per il “traffico illecito” di circa 3 milioni
di kg di rifiuti metallici, per un indebito profitto complessivo stimato in
oltre 440.000 euro, ed un’associazione a delinquere finalizzata alla
ricettazione ed al riciclaggio di numerosi veicoli con truffe in danno delle
assicurazioni.
Le indagini condotte dai militari con l’ausilio di attività
tecniche, riscontri sul campo e controlli mirati, hanno innanzitutto consentito
di ricostruire un’intera filiera illegale per la gestione di rifiuti metallici
speciali ed urbani, di cui una compiacente società di recupero rifiuti
rappresentava l’anello finale, ove avveniva l’ultima “ripulitura” cartolare,
realizzata con documentazione ambientale artatamente redatta, volta a schermare
l’illecito flusso di provenienza. I conferitori dei rifiuti sono risultati
essere per lo più soggetti di etnia rom, residenti presso campi nomadi ed
insediamenti abusivi della Capitale, all’interno ed in prossimità dei quali
avvenivano sistematicamente le illecite attività di gestione delle più
disparate tipologie di rifiuti, anche ingombranti, ivi trasportati dopo averli
raccolti rovistando nei cassonetti, oppure prelevandoli da utenze domestiche ed
attività commerciali/artigianali. All’interno delle suddette aree, in totale
mancanza dei presidi ed in spregio delle norme a salvaguardia dell’uomo e
dell’ambiente, avvenivano delle vere e proprie operazioni di cernita,
separazione e disassemblaggio, per l’estrazione delle componenti di valore dei
rifiuti ( ad es. estrazione delle serpentine in rame dagli elettrodomestici
fuori uso), che venivano poi rivendute alla società di recupero al fine di
conseguire un ingiusto profitto, consistito per i trasportatori nel
corrispettivo di vendita al predetto centro, e per la società ricevente nella
successiva commercializzazione ad un prezzo superiore a quello di acquisto,
lucrando sulle spese relative all’attività di recupero ed allo smaltimento
delle componenti “ indesiderate”. Un “risparmio” per la società, in tal modo
tramutato in “costo” direttamente riversato sulla collettività, dal momento che le frazioni estranee venivano
notoriamente e sistematicamente smaltite mediante abbandono sul suolo, creando
immense discariche abusive periodicamente e ciclicamente date alle fiamme per
creare nuovi spazi per il deposito di altri rifiuti, il tutto con evidenti
effetti negativi sulle matrici ambientali,
anche sollevando non pochi problemi di ordine sociale, come deducibile
dai numerosi esposti presentati a causa dai cittadini residenti e dai Comitati
di Quartiere.
Al fine di aggirare i normali controlli su strada e le
verifiche presso il centro di recupero rifiuti, gli indagati avevano
fraudolentemente ottenuto l’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori
Ambientali, in una categoria che ne autorizzava solo documentalmente il
trasporto dei rifiuti, falsamente attestandoli come prodotti nell’ambito di una
sedicente attività d’impresa di tipo edile, mai realmente eseguita, in tal modo
inducendo in errore anche i pubblici ufficiali del predetto Albo istituito
presso la Camera di Commercio.
Contestualmente, le indagini condotte hanno permesso di
appurare come il predetto centro di recupero rifiuti fosse anche il terminale
di approdo, ai fini dell’occultamento, di rifiuti metallici provenienti da
attività di autodemolizione e rottamazione svolta all’interno di un impianto,
oggi posto sotto sequestro, costituente la base operativa di un gruppo
strutturato di persone dedito alla ricezione di auto di lusso oggetto di furto
o appropriazione indebita e di cui, dopo un rapido “ smontaggio”, ne venivano
rivendute sul mercato (anche estero) alcune componenti come parti di ricambio,
mentre ne venivano rottamate le carcasse.
Quest’ultima struttura associativa organizzata, composta con
diversi ruoli e responsabilità da alcuni degli odierni indagati, era diretta
alla commissione di più delitti (spazianti dalla simulazione di reato e dalla
truffa alle assicurazioni alla ricettazione ed al riciclaggio di autovetture) ,
con un modus operandi che può essere così sintetizzato:
- individuazione del potenziale veicolo oggetto dell’attività e contatto con il soggetto che ne aveva l’attuale disponibilità;
- acquisizione dell’autovettura;
- smontaggio delle varie componenti di valore ed occultamento;
- smaltimento della sola scocca come rifiuto ferroso presso il citato centro di recupero rifiuti, che provvedeva immediatamente allo “ schiacciamento” ed all’invio alle acciaierie per la definitiva distruzione.
Sono stati infine accertati diversi casi in cui i
proprietari o locatari in leasing dei predetti autoveicoli, fossero in accordo
con i sodali dell’organizzazione, facendo in modo di far giungere i veicoli
direttamente presso l’impianto di autodemolizione, denunciandone il furto solo
successivamente e lamentando dinamiche di svolgimento dell’evento totalmente
false, al fine di riscuotere il premio liquidato dalla compagnia assicurativa.