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mercoledì 12 febbraio 2020

Erosione costiera, la Regione non è sulla strada giusta


La XII Commissione consiliare permanente della Regione Lazio si è riunita in pubblica audizione, il 10 febbraio scorso, sul tema dell'erosione costiare.

In quella sede i nostri rappresentanti hanno avuto modo di evidenziare le criticità, non tanto del fenomeno che sono purtroppo ormai cronache da decenni, ma dell'approccio.

L’erosione costiera, infatti, deriva dall’alterazione dei sedimenti per cause naturali o antropiche. Tali cause possono essenzialmente essere le seguenti:
  • un ridotto apporto dei sedimenti al mare da parte dei fiumi (sbarramenti fluviali, regimazioni idrauliche, estrazioni di materiali alluvionali)
  • l'irrigidimento dei litorali (urbanizzazione della costa, opere portuali e di difesa)
  • la scomparsa delle difese naturali costiere (sistemi dunali costieri: ambienti di grande interesse naturalistico ed ecologico specialmente in presenza della macchia mediterranea)
  • fenomenio di subsidenza naturale o indotta da estrazioni di fluidi dal sottosuolo (come ad esempio succede in Emilia Romagna).
Soprattutto in occasione di mareggiate, emerge la maggiore vulnerabilità degli arenili dovuta, nel Lazio, principalmente alle prime tre cause.

Si pensi, ad esempio, che la l'apporto di sedime da parte del Fiume Tevere è circa 1/10 di quanto avveniva un secolo fa, e ciò in conseguenza della realizzazione dei muraglioni (eseguiti in seguito alla piena alta 17 metri che inondò Roma il 28 dicembre 1870) nonchè della diga di Castel Giubileo realizzata nel 1951: tra l'altro l'apporto odierno non è tanto costituito tanto da sabbia quanto da limo, che poco contribuisce al contenimento dell'erosione piuttosto creando problemi di batimetria alla foci.

Parimenti, il litorale laziale è ormai fortemente urbanizzato e cementificato. Attualmente i GRE LAZIO stanno operando una mappatura delle opere rigide di difesa costiera realizzate, ma se si guarda ad esempio al numero di porti, ecco schematizzata la situazione:


Porti medio – grandi
Porti medio - piccoli
Totale
2012[1]
1
22
23
2018[2]
1
37
38

Ogni porto significa moli in cemento che modificano le correnti e pertanto impattano anche sui sedimenti. Anche le dune costiere sono ormai ridotte a pochi tratti da proteggere (ad esempio, Palidoro, Passoscuro, Sabaudia, Capocotta, Montalto di Castro), nè è possibile pensare di poter effettuare inutili ripascimenti utilizzando le spiagge in accrescimento site all'interno delle aree protette (come invece qualcuno aveva ipotizzato di fare dopo la realizzazione del molo alla foce del Tevere). 

Eppure per anni si è provato a contenere gli effetti dell'erosione ricorrendo ai tradizionali interventi di ingegneria marittima, distinguibili in funzione del loro impatto sull’ambiente in:
1)    interventi di forte impatto ambientale (che possono apportare una stabilizzazione del litorale protetto ma provocano lo spostamento dell’azione erosiva sui litorali adiacenti, oltre al forte impatto visivo sul territorio, al favorire l’eutrofizzazione e alla maggiore pericolosità della balneazione):
  • barriere e pennelli frangiflutti a protezione della costa;
  • costruzione di moli di diffrazione del moto ondoso;
2)   interventi di medio impatto ambientale (effetti localizzati e di breve durata):
  • ripascimento dei tratti costieri in erosione attraverso distribuzione di sedimenti prelevati altrove;
  • scarico di inerti granulometricamente compatibili lungo le aste fluviali di alimentazione a mare;
3)         interventi di debole impatto ambientale:
  • costruzione di moli frangiflutti sommersi;
  • ripristino di vegetazione tipica lungo la linea di battigia agente come “trappola” per i sedimenti.

A causa della limitata conoscenza dei processi di trasporto sedimentario costiero, tuttavia, gli interventi tradizionali attuati per combattere l’erosione hanno avuto effetti inutili se non addirittura controproducenti[3]. Ad un certo punto, nel Lazio, abbandonati gli interventi a forte impatto ambientale, si è ritenuto preferibile far ricorso a ripascimenti: nonostante il significativo volume di ripascimento effettuato a intervalli temporali dal 2011, stimato in 6,8 milioni di metri cubi, il problema dell’erosione costiera continua ad interessare ancora il 24,3% dei 308,8 km di coste. Ed inoltre i tratti a potenziale rischio di erosione sono il 12,7% della costa laziale, con una media nazionale del 9,9%.

Variazione della linea di costa del Lazio

Superfici (kmq)
Tratti costieri (km e %)
Bilancio delle superfici (kmq)

arretramento
avanzamento
arretramento
avanzamento
Da 1960 al 1994
2,5
4,2
73,6 (23,8%)
109,3 (35,4%)
1,7
Dal 1994 al 2012
0,9
1,7
74,9 (24,3%)
101,4 (32,8%)
0,8
Dal 1960 al 2012
2,4
4,9
77,3
131,4
2,5


In alcuni tratti la situazione è drammatica: nella zona di Punta Borghese a Nettuno, ad esempio, ci sono tratti dove la spiaggia è totalmente scomparsa e la stessa retrostante falesia è interessata a fenomeni franosi dovuti all'erosione generata dal moto ondoso che stanno compromettendo la via Ardeatina, mentre nel poligono militare è a rischio la stessa polveriera a mara. Come anche, lungo tutto il tratto di costa tra Capo d'Anzio e Tor Caldara. O a Fiumicinno ed Ostia, dove però gli operatori balneari e gli amministratori locali continuano a intravedere la soluzione nella realizzazione delle soffolte, strutture modulari in cemento armato posate e accostate sul fondale marino parallelamente al litorale e a distanza di almeno cento metri da esso allo scopo di dissipare l’energia del moto ondoso, favorire lo scorrimento della sabbia verso la riva e contrastarne il ritorno, in modo da limitare l'erosione delle coste: una soluzione costosa ed effimera, tuttavia, dal momento che l'effetto dissipativo è pressochè nullo quando ci sono le grandi mareggiate che le scavalcano senza alcuna difficoltà, con l'aggravante che l'interruzione del naturale scambio tra il mare e la costa può provocare un grave fenomeno di ristagno dell’acqua e relativo rischio di diffusione di alghe tossiche.

La soluzione innovativa che si sta sperimentando, al momento con risultati soddisfacenti, è il drenaggio delle spiagge con il sistema brevettato danese BMS (beach dewatering system)[4]. In Italia il primo BMS è stato realizzato nel 2000, su commissione della Regione Lazio, ad Ostia, litorale interessato da fenomeni di forte erosione (ca. 5m/anno) dovuta a passati interventi antropici (opere di difesa costiere ovvero pennelli ortogonali, e sistemazione dell’alveo del fiume Tevere con conseguente deficit di trasporto solido). Prima di eseguire i lavori sono state fatte indagini per approfondire le caratteristiche fisiche del luogo. La sperimentazione è stato un vero successo, confermato dall’avanzamento medio della spiaggia emersa di circa 10 m in meno di un anno.

In alcune virtuose realtà locali, invece, si sta implementando un approccio integrato che contempli sia le esigenze degli operatori che la tutela dell'ambiente: oltre a Sabaudia e Terracina, a Ladispoli, ad esempio, per annullare il rischio di infiltrazione di acqua marina nella palude di Torre Flavia si sta intervenedo ricorrendo alla realizzazione di un sabbiodotto indispensabile per il ripascimento morbido che, seppur comporta costi di intervento annuali e non straordinari, consentirebbe un intervento programmato e sostenibile effuato con le tradizionali sabbie ferrose provenienti dai bacini del Sanguinara e del Vaccina e non condivisibili per il ripascimento di altre spiagge.

La Regione, tuttavia, sembrerebbe voler ripartire dal Piano Coste, la cui progettazione dovrebbe essere affidata al prof. Leopoldo Franco della facoltà di Ingegneria per le Tecnologie del Mare dell'Università Roma Tre: da quanto dichiarato dal consulente dell'assessorato, l'arch. Sergio Celestino, il piano dovrebbe procedere all'attualizzazione della linea di costa e la sua scomposizione in unità fisiografiche, necessarie per comprendere i nessi di causa ed effetto degli interventi. Tuttavia non si può non registrare un approccio inspiegabilmente orientato verso l'adozione di soluzioni tradizionali e superate, presumibilmente non adeguatamente attento anche alle istante ambientali per la tutela delle quali sarebbe auspicabile un coinvolgemento dell'ISPRA.
Per questi motivi, pertanto, i Gruppi Ricerca Ecologica hanno fornito alla XII Commissione ed all'Assessorato competente le seguenti indicazioni:
  • piena applicazione delle Linee Guida Nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici elaborate nel 2016 dal MATTM con Regioni e Ispra, in particolare studiando e monitorando le forzanti che contribuiscono al fenomeno dell’erosione costiera nel Lazio e migliorando la resilienza costiera per promuovere la sostenibilità
  • sperimentazione in siti a forte erosione del BMS e di altri sistemi innovativi (attenuatori d’onda, barriere in geosacchi), anche coinvolgendo – ove presenti – gli operatori balneari;
  • salvaguardia dei litorali liberi da strutture e opere di difesa e conservazione ambienti dunali costieri del Lazio riducendo ulteriormente la pressione antropica;
  • estensione ZPS marine per ridurre la pressione sull'habitat marino (i GRE hanno proposto osservazioni in tal senso in occasione della revisione delle perimetrazioni di 16 Z.S.C. marine di cui all’avviso della Direzione Ambiente della Regione Lazio pubblicato il 29/10/2019);
  • laddove interventi a forte impatto ambientale non hanno sortito risultati (barriere, pennelli), bisogna valutarne la bonifica ripristinando il flusso di sedimenti che alimenterebbe le spiagge e riducendo al minimo il loro impatto ambientale.



[1] L’EROSIONE COSTIERA IN ITALIA: LE VARIAZIONI DELLA LINEA DI COSTA DAL 1960 AL 2012, Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del MATTM. Agg. marzo 2017
[2] https://www.pagineazzurre.com/elenco-porti-del-lazio-2/