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mercoledì 31 maggio 2017

RICERCA: I MINISTRI PADOAN E FEDELI GIOCANO A FARE I BANCHIERI DELLA RICERCA PER DISTRIBUIRE IL TESORETTO DELL'IIT

All’Ispra per mancanza di fondi si licenziano i ricercatori

E' ormai chiaro a tutti che stanno drenando le risorse ISPRA a favore di dubbi centri di ricerca e dei soliti consulenti esterni amici di qualcuno nei ministeri. Invece di assumere per potenziare le attività stanno licenziando. Come conseguenza della mancanza di fondi e del licenziamento di circa 100 ricercatori iperspecializzati, di fatto le attività si stanno paralizzando. 
Dopo la soppressione della banca dati Aria (BRACE), del gruppo di ricerca sui pesticidi nelle acque, della sezione ecotossicologia e bioindicatori continua l'erosione delle funzioni strategiche di un Ente che evidentemente appare scomodo al potere politico in quanto la maggior parte dei suoi ricercatori, per l'alto livello di preparazione, sono molto difficilmente ricattabili ed hanno bloccato per una serie infinita di magagne varie opere dannose e inutili sia dal punto di vista ecologico che economico (come il Ponte sullo Stretto),  messo in evidenza una serie di inadempienze (per es. nel caso del MOSE a Venezia), bloccato l'inquinamento da pesticidi in molte aree naturali e denunciato costantemente il degrado ambientale e la contaminazione della nostra Nazione.


Pertanto di seguito pubblichiamo il comunicato inviatoci dall'USB PI dell'ISPRA

Dalla sala dei convegni dell’Ispra occupata, apprendere che ci sono 400 milioni di euro fermi e non utilizzati da parte dell’IIT, ha aumentato la rabbia per l’inerzia del Ministro Galletti.

La verità è che i governi in questi anni hanno tagliato in maniera lineare la ricerca pubblica, preferendo foraggiare la ricerca privata non controllata.  L’incapacità dell’IIT di spendere finanziamenti oltre a mostrare l’inadeguatezza dell’Istituto Italiano di Tecnologia fortemente contestato per la bassa produzione scientifica, mostra che i soldi vanno dove non servono.” Dichiara Nicola Lugeri dell’USB PI ISPRA “Noi occupanti dell’Ispra siamo sconcertati e scandalizzati. Noi qui sabato e domenica e loro a giocare ai banchieri. Apprendere che alcuni ministri stanno concertando come spendere questo ‘tesoretto’ senza verificare le reali esigenze degli enti di ricerca e delle università disperdendoli in ennesimi progetti discontinui e magari regalati alla speculazione non può che rafforzare le nostre convinzioni. I soldi, dunque, ci sono. Certo che in questo attivismo spicca per l’ennesima volta l’assenza del Ministro Galletti. Evidentemente già in vacanza. Proponiamo di destinare quota parte  dei 400 mln di euro per la ricerca finalizzata ambientale, basterebbero 3 mln per 3 anni disponibili, per rilanciare ISPRA su attività necessarie al Paese attraverso le altissime professionalità che sono a rischio di licenziamento. Insieme a questi fondi chiediamo la restituzione dei 13 milioni tagliati con la spending review per avviare un piano assunzionale straordinario secondo le norme contenute nel testo unico."

Venerdì è avvenuta la chiusura alla trattativa con i sindacati dell’amministrazione per ‘manifesta incapacità’ economica e organizzativa. Il Ministro è completamente silente. Eppure questo ente è stategico per la funzionalità del Servizio Nazionale di Protezione Ambiente. Nei prossimi giorni ci saranno nuove iniziative e manifestazioni. Non intendiamo derogare ed arrenderci! Siamo determinati a denunciare come stanno trattando la ricerca e questo Ente e non lasceremo l’aula se non con le garanzie di  una reale volontà di risolvere la situazione.

I lavoratori dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), al settimo giorno di occupazione della sede romana dell'Istituto, chiedono l'immediata sospensione dei 93 licenziamenti e l'apertura di un tavolo che programmi la stabilizzazione dei precari e il riordino dell’ente come Ente di Ricerca del SNPA.

Contatti:
Nicola Lugeri 
USB PI ISPRA 

Roma, 29 maggio 2017

lunedì 29 maggio 2017

Marco Tiberti responsabile nazionale Agromafie

Palermo - Marco Tiberti ritira il Premio Gaia 2017 
Il Presidente nazionale dei Gruppi di Ricerca Ecologica, prof. Umberto Balestrieri, ha conferito a Marco Tiberti, a seguito del suo ingresso nell'esecutivo nazionale deciso nell'assemblea tenutasi il 27 maggio a Palermo, l'incarico di responsabile Agromafie, fino ad oggi ricoperto esclusivamente nell'ambito di competenza dei G.R.E. Lazio:

«L'incarico ricevuto è per me sia un grande onore, sia uno stimolo a trasferire su scala nazionale un modello di attenzione al fenomeno agromafie sperimentato nel Lazio e che in questo anno ha portato a grossi risultati», ha affermato Marco Tiberti, che è anche Responsabile Dipartimenti Acque e Alimentazione in European Consumers ed a cui è stato conferito anche il premio Gaia 2017 per l'impegno ambientalista.

«Le prossime attività saranno rivolte a verificare se, a livello nazionale, le attività dei Ministeri siano in linea con le direttive comunitarie nonché con le indicazioni degli scienziati per tutelare ambiente e salute delle persone - continua Tiberti – nel caso dell'emergenza xylella in Puglia, ad esempio, si è proceduti secondo interessi coincidenti con quelli delle grosse multinazionali, distruggendo il territorio e ignorando qualunque ipotesi scientifica di conservazione dell'ecosistema. Ma è un pò tutto l'atteggiamento del Governo in tema di pesticidi a preoccuparci, con provvedimenti lacunosi e comunque sempre molto nell'interesse di agrofarma e del sistema criminale operante sul territorio al suo servizio. Così come, dopo la scellerata soppressione del Corpo Forestale dello Stato, si vuole cancellare anche la presenza delle associazioni ambientaliste negli organismi di gestione dei parchi nazionali e di tutte le aree protette: un arretramento culturale e una grossa minaccia per l'Italia che invece ha proprio nel suo paesaggio una delle risorse distintive su cui puntare per uno sviluppo ecosostenibile».

«Voglio ringraziare Tiberti per il grosso contributo che ha fornito ai GRE nel Lazio – ha affermato Carlo De Falco, Presidente regionale dei Gruppi Ricerca Ecologica – da ultimi lo smascheramento delle falle nell'ordinanza contro la zanzara tigre varata quest'anno da Roma Capitale, e in conseguenza delle quali a Roma sostanzialmente nulla è cambiato rispetto alle irrorazioni di sostanze tossiche e nocive per la salute e per l'ambiente, nonché il focus sul disastro ambientale della EcoX di Pomezia, a seguito del quale abbiamo rivolto una lettera aperta alle principali istituzioni le quali però si sono tutte trincerate dietro un assordante silenzio. Sono certo che ora la grinta, l'onestà e l'impegno ambientalista di Marco potranno portare i GRE ad essere ancor di più protagonisti a livello nazionale su importanti battaglie a difesa degli ecosistemi e contro le agromafie».

ISPRA, solidarietà ai ricercatori a rischio licenziamento

I Gruppi Ricerca Ecologica del Lazio sono vicini ai ricercatori precari dell'ISPRA del Ministero dell'Ambiente a rischio licenziamento a causa della crisi economica dell'Ente .
Ancora una volta sono i lavoratori a pagare per la cattiva gestione, gli sprechi e lo stallo istituzionale: in questo caso, però, si tratta di oltre 60 ricercatori precari che per anni hanno lavorato al servizio della collettività nel campo della protezione e ricerca ambientale.
La crisi del 2010, allorquando i lavoratori dovettero trascorrere ben due mesi in pieno inverso sul tetto dell'Istituto per difendere il loro posto di lavoro, non è stata superata, e cancellare il precariato è ancora una volta la scorciatoia che si pensa di trovare per risolvere i problemi.
Come se non bastassero i risvolti sociali legati alla condizione dei ricercatori e delle loro famiglia, in questo caso vanno tenuti in considerazione anche gli aspetti propri della continuità delle attività da svolgere: attività di monitoraggio ambientale in molti casi già in corso, e che rischiano un drammatico stop.
Riteniamo sia pertanto necessario un intervento immediato dei Ministri Galletti e Madia affinché si possa avviare un percorso di stabilizzazione dei ricercatori precari dell'ISPRA.

martedì 23 maggio 2017

DOSSIER DISCARICHE ABUSIVE n.2

Dopo il dossier n.1, riceviamo e pubblichiamo con piacere questo eccellente secondo dossier dei nostri amici dell'associazione di promozione sociale Raggio Verde

Al n. 1 del nostro Dossier Vi avevamo comunicato che, nonostante l'art. 22 comma 7 ter DL 24.06.2016 n.113 stabilisca che il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare debba pubblicare sul proprio sito “al fine di garantire la massima conoscenza degli atti conseguenti alla procedura di infrazione comunitaria” l'elenco delle discariche abusive, l'ammontare della multa forfettaria e delle multe comunitarie comunicate dalla Commissione Europea, l'attuazione del procedimento di rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili, lo stato delle bonifiche aggiornato, le risorse finanziarie impegnate per ogni discarica abusiva, il Ministero dell'Ambiente aveva iniziato a pubblicare qualcosa sul sito da settembre 2016: ma le informazioni pubblicate non riguardavano l'attuazione del procedimento di rivalsa, lo stato delle bonifiche della maggior parte delle Regioni e le risorse finanziarie impegnate e che il Ministero dell'Ambiente non aveva nemmeno risposto alle richieste di accesso di informazione ambientale sul punto.

Ad oggi la situazione è invariata.

A seguito del nostro ricorso, il TAR del Lazio, con sentenza n. 5965/2017 ha ordinato al Ministero dell'Ambiente l'ostensione di tali informazioni e la loro pubblicazione sul sito entro 60 giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza. 

Abbiamo provveduto ad inviare al Ministero dell'Ambiente la sentenza e staremo a vedere se verrà ottemperata.

Vi terremo informati....


Il Consiglio direttivo

Pesticidi in area urbana: Roma Capitale nasconde i dati!

Un patetico, tentativo di resistere agli obblighi di trasparenza amministrativa: Roma Capitale dimostra quanto premoderni siano gli atteggiamenti di taluni uffici i quali preferiscono arroccarsi dietro gli espedienti della burocrazia pur di non consentire (credono loro!) a noi, riconosciuti dal Ministero dell'Ambiente quale soggetto istituzionalmente deputato alla protezione dell'ambiente, di mettere le mani su malefatte che forse avrebbero dovute essere segnalate alle autorità competenti.

Ma veniamo ai fatti: più di un mese fa abbiamo chiesto all'amministrazione capitolina, in riferimento al d.lgs n. 33/2013  (Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), abbiamo chiesto l'accesso agli atti relativi ai prodotti / sostanze utilizzati dai privati nell'ambito della lotta adulticida alla zanzara tigre, come comunicati dagli utilizzatori stessi, al fine di verificare la regolarità dei trattamenti adottati rispetto a quanto previsto dal d.lgs. n. 152/2006 (Norme in materia ambientale), dalla Direttiva Comunitaria 2009/28/CE (utilizzo sostenibile dei pesticidi), dal Decreto MATTM del 22/1/2014 (Piano Azione Nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari), dalla L.R. n. 5/214 (concernente la tutela, governo e gestione pubblica delle acque), dal Decreto del MIPAAF del 10/3/2015 (Linee guida di indirizzo per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette), con particolare riferimento all'eventuale esistenza di dispositivi / sostanze a minor impatto rispetto a quelle utilizzate.

Ci riferiamo alle comunicazioni in merito ai trattamenti contro la zanzara tigre inviate ai sensi dell’Ordinanza del Commissario Straordinario n.80 del 15/4/2016,  nel periodo di validità dell’ordinanza stessa e sulla mail indicata, dagli amministratori di condominio e dai gestori di depositi, anche temporanei, di copertoni .

Sapete che ci hanno risposto? Prima che la Segreteria generale, a cui avevamo inizialmente inviato la richiesta d'accesso, non era il soggetto in possesso dei dati e quindi ci hanno invitato a ripresentare la richiesta al Dipartimento Tutela Ambiente. Ora, il Dipartimento Tutela Ambiente ci ha chiesto di integrare la richiesta producendo (udite, udite) il nostro statuto ed il nostro atto costitutivo: un pò come se alle 6 di mattina si presentasse la Guardia di Finanza sotto casa di uno spacciatore, e l'arrestando chiedesse agli agenti il documento istitutivo del Corpo per verificare se hanno titolo a perseguirlo.

Semplicemente ridicoli!

Nel frattempo, anche a seguito dell'ordinanza sindacale 62 del 2017, a Roma continuano irrorazioni di pesticidi in area urbana a tutto spiano!

sabato 13 maggio 2017

Disastro di Pomezia: i GRE pongono 10 interrogativi alle autorità


Pomezia - stabilimento EcoX
dal satellite si vede chiaramente che
l'impianto era stracolmo di rifiuti (fonte Google Maps)
dott. G. Galletti – Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 
dott.ssa B. Lorenzin – Ministro della Salute 
dott. N. Zingaretti – Presidente Regione Lazio 
dott. R. Cantone - Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione 
dott.ssa P. Basilone - Prefetto di Roma 
dott. F. Prete - Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Velletri 
prof. B. De Bernardinis – Presidente ISPRA 
dr. M. Lupo - Direttore generale ARPA Lazio 
Dr. N. Mostarda – Direttore generale ASL Roma H 
Comado Carabinieri Tutela per l'Ambiente 


Lettera aperta alle Autorità:
10 interrogativi sul disastro ambientale di Pomezia

1)    L’impianto e l’attività svolta erano in regola con le autorizzazioni?
Premesso che la Eco X S.r.l. non risulta tra i soggetti per i quali sia stata rilasciata autorizzazione integrata ambientale (conosciuta anche con l’acronimo AIA, o in inglese IPPC) di cui al D.lgs. n. 59/2005, le attività effettivamente condotte all’interno del perimetro aziendale venivano svolte in modo regolare, in particolare rispetto al D.lgs. 152/06 e alla L.R. 27/98 come modificata con successiva Deliberazione di Giunta 5 agosto 2014 n. 548? Ed era in possesso del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di cui agli artt. 17 e 28 del D.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i., di cui la valutazione del rischio incendio è parte integrante? Chi ha effettuato i controlli periodici?

2)    Cosa ha scatenato l’incendio la mattina del 5 maggio?
Negli ultimi due anni sono andate a fuoco oltre cento tra discariche e aziende per il trattamento dei rifiuti. Nel sito sulla Pontina Vecchia, dove già 10 anni fa ci sarebbe stato un incendio, avrebbero dovuto esserci esclusivamente materiali speciali in attesa di smaltimento, ed in particolare imballaggi: quindi carta, lavorati del legno, plastiche, metalli. Forse anche cemento, secondo quanto dichiarato alla stampa dall’amministratore della ditta. E parrebbe anche rifiuti ospedalieri. Era effettivamente così o nel sito erano stoccati anche rifiuti tossici o pericolosi? Inoltre, quali sono state le dinamiche dell’incendio? Diversi testimoni hanno parlato di un boato e di fiamme sprigionatesi dall’esterno, probabilmente dalle enormi quantità di materiali stoccati ripetutamente denunciate alle autorità competenti dai cittadini e dal Comitato di quartiere Cinque Poderi, ma senza apparenti risultati: sono stati effettuati controlli, a seguito di quelle reiterate segnalazioni?

3)    La polizza rumena sull’impianto vale come carta straccia?
Come è stato possibile che nel 2014 la Regione Lazio, nonostante l’IVASS avesse posto il divieto alla compagnia rumena City Insurance S.A. di assunzione di nuovi affari in Italia sin dal 2 luglio 2012 (provvedimento n. 2988), con una “presa d’atto” dell’affitto del ramo d'azienda inerente il magazzino di Pomezia alla Eco Servizi per l'Ambiente Srl (Determinazione n. G14725 del 17 ottobre 2014 a firma del direttore Manuela Manetti) abbia autorizzato la Eco X S.r.l. anche alla sostituzione della garanzia fideiussoria di € 725.000,00 con cui, dal 2010 e per 12 anni, doveva essere assicurato l'impianto, proprio con l’istituto assicurativo italiano ma con sede a Bucarest (tra l’altro attenzionato anche dal Gico della GdF)? Chi risarcirà i cittadini, le aziende e le amministrazioni pubbliche da questa polizza dai danni e per il risanamento ambientale?

4)    Perché le istituzioni preposte stanno minimizzando l’accaduto?
Gianfranco Amendola, ex Procuratore della Repubblica di Civitavecchia, dalle pagine del Corriere della Sera del 10 maggio 2017 ha lanciato un appello ad Arpa e ASL a non sottovalutare l’incidente. Perché, soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza e soprattutto da parte di Arpa e dai massimi vertici della Regione Lazio, è sembrato che si volesse minimizzare l’accaduto e tranquillizzare i cittadini, addirittura arrivando ad ipotizzare che nella struttura non fosse presente amianto nonostante le indicazioni dell’ASL Roma 6 fossero tutt’altre, come accertato e confermato anche dalla Procura della Repubblica di Velletri? Perché, inoltre, non è stato immediatamente allertato anche l’ISPRA del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare? 

5)    Con chi intratteneva relazioni industriali la Eco X S.r.l.?
La Eco X S.r.l. di Pomezia è stata autorizzata per dieci anni dalla Regione Lazio all’esercizio di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (Determinazione del 21.04.2010, B2232 a firma del Direttore Dipartimento del Territorio Raniero De Filippis). Ma con chi intratteneva relazioni industriali? Aveva anche partner pubblici o relazioni con aziende pubbliche? Quali i legami con le associazioni ambientali pubblicizzate sul sito istituzionale dell'azienda? E quali i rapporti con la “Caturano Autotrasporti Srl” di Maddaloni (azienda colpita da interdittiva antimafia a titolo definitivo, giusta sentenza del Consiglio di Stato n.3208 del 5 giugno 2014), i cui automezzi il 13 gennaio 2015 furono sopresi dalla Guardia di Finanza di Avezzano trasportare rifiuti della stessa Eco Servizi per l’Ambiente Srl in un capannone abbandonato ed appena riacquistato all'asta, sito nel nucleo industriale di Avezzano, in via Nobel?

6)    La gestione locale della fase di emergenza è stata idonea?
I piani di emergenza sono l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio, incluso quindi il rischio industriale ed ambientale: sono obbligatori ai sensi della legge 100 del 12 luglio 2012. Un piano d’emergenza deve recepire il programma di previsione e prevenzione, ed è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio. Sulla base dei dati del Dipartimento dalla Regione Lazio, tra quelli interessati dell’evento disastroso del 5/5/2017, i Comuni di Pomezia, Aprilia, Velletri, Ciampino, Marino, Artena, Grottaferrata, Roma, Nettuno, Rocca Massima, Rocca Priora, Cisterna di Latina, Norma, Sermoneta risultano tra quelli che si sono dotati di un piano di emergenza comunale: nell’occasione, sono stati tempestivamente ed idoneamente attivati?
Sebbene sia obbligatorio, inoltre, Ardea, Albano Laziale, Anzio, Cori, Lariano, Genzano, Nemi, Ariccia, Castel Gandolfo, non risulterebbero mai aver adottato il piano di emergenza comunale.

7)    Sono stati avviati controlli straordinari nelle mense scolastiche?
Molte delle mense scolastiche dei territori delle provincie di Roma e Latina servono quotidianamente pasti preparati utilizzando materie prime fresche provenienti da produttori locali. Ad esempio, il servizio di refezione scolastica del Comune di Roma Capitale (suddiviso in 11 Lotti) è stato affidato valutando positivamente le politiche di approvvigionamento dei prodotti alimentari che valorizzino l'impiego di alimenti a filiera corta, cioè di prodotti che abbiano viaggiato poco e subito pochi passaggi commerciali prima di arrivare alla cucina e alla tavola, nonché considerando le misure volte al contenimento degli impatti legati al trasporto delle merci: di conseguenza, l’8 maggio il Direttore del Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici di Roma Capitale ha disposto in via precauzionale il divieto di approvvigionamento delle derrate alimentari destinate alle mense provenienti da un raggio di 50 km dall’evento, fino a nuova disposizione. Gli altri sindaci hanno adottato analoghe misure precauzionali straordinarie per la tutela della salute dell’intera platea scolastica, verificando e disponendo che i pasti serviti nelle scuole dalle ditte appaltatrici non contenessero prodotti anche solo potenzialmente contaminati dagli inquinanti?

8)    Chi ci proteggerà da diossina e amianto?
Mentre Arpa si è affrettata a misurare le concentrazioni di particolato ed idrocarburi nei luoghi esposti al disastro, il vero pericolo è rappresentato:
·      dalle diossine (sottoposte alla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti del 2001) emesse in atmosfera dalla combustione del sito e che possono essere trasportate per grandi distanze e successivamente depositarsi, ed essere ritrovate nell’acqua, nei terreni e nei sedimenti: possono quindi depositarsi sul suolo e sulle parti arboree dei pascoli e dei seminativi rendendosi così disponibili per l’ingestione da parte degli animali da pascolo e da allevamento; possono inoltre essere trasportate dalle acque superficiali e raccolte nei sedimenti e raggiungere quindi la fauna ittica. In ogni caso penetrando nella catena alimentare: le diossine sono composti estremamente tossici per l'uomo e gli animali, sono tra i più potenti veleni conosciuti, provocano l’endometriosi, e sono classificate come sicuramente cancerogene (gruppo 1, Cancerogeni per l'uomo dalla IARC, dal 1997 la TCDD);
·      dall’amianto, incapsulato nella copertura del sito sulla Pontinia Vecchia e polverizzatosi in miliardi di fibre che hanno ormai contaminato tutto il territorio e che semineranno malattie e morte in tutto il circondario nei prossimi decenni, come già ipotizzato dall'Osservatorio Nazionale Amianto: oltre ad avere effetti fibrogeni, capaci di provocare l’insorgenza di asbestosi, placche pleuriche, ispessimenti pleurici, complicazioni cardiovascolari, l’amianto ha effetti cancerogeni provocando, oltre al mesotelioma della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e del polmone, anche altre neoplasie, quali il cancro alla laringe e alle ovaie. Inoltre è stata confermata l'associazione tra esposizione ad amianto e una maggiore incidenza di cancro alla laringe, allo stomaco e al colon-retto.
Eventi quali quello in esame possono costituire una possibilità di contaminazione dei comparti suolo, aria e acqua. Quale strategia verrà posta in essere di fronte a questo disastro ambientale? Sono stati elaborati dei modelli per definire l’area a rischio anche in relazione alla ricaduta a distanza delle sostanze emesse? Quali inquinanti, anche alla luce della bibliografia riconosciuta scientificamente, si intende analizzare? È stata avviata la raccolta di campioni di prodotti agricoli, suolo, acqua?

9)    Chi riparerà i danni all’ambiente e ci sarà trasparenza?
Chi monitorerà, negli anni, i danni ai delicati ecosistemi dei seguenti patrimoni naturali del Lazio e, in caso di contaminazione, l’eventuale pericolo per i fruitori nonché la bonifica (ove mai fosse possibile)?
·         Parco Regionale dei Castelli Romani
·         Riserva Naturale Regionale “Sughereta” di Pomezia
·         Riserva Naturale Statale “Tenuta di Castelporziano” di Roma (con al suo interno la ZPS IT6030084 ed i SIC IT6030027 e IT6030028)
·         Riserva Naturale Regionale “Decima Malafede” di Roma (la cui sughereta di Castel di Decima è il SIC IT6030053)
·         Riserva Naturale “Tor Caldara” di Anzio (che è anche SIC IT6030046)
·         Riserva Naturale Regionale “Villa Borghese” di Nettuno
·         Monumento Naturale "Giardino di Ninfa" di Cisterna di Latina
·         Monumento Naturale "Torrecchia Vecchia" di Cisterna di Latina
·         Monumento Naturale “Lago di Giulianello” di Cori
·         Monumento Naturale “Madonna della Neve” di Rocca Priora
·         ZPS “Monti Lepini” di Artena (IT6030043)
·         ZPS “Lago di Albano” a Castel Gandolfo (IT6030038 e SIC IT6030039)
·         SIC “Maschio dell'Artemisio” (IT6030017) tra i comuni di Lariano – Nemi – Rocca di Papa – Rocca Priora – Velletri
·         SIC “Cerquone – Doganella” (IT6030018) tra Rocca di Papa - Rocca Priora – Artena
·         SIC Litorale di Torre Astura (IT6030048) a Nettuno
·         SIC “zone umide ad ovest del Fiume Astura” (IT6030049) a Nettuno
·         SIC “Bosco di Foglino” a Nettuno (IT6030047)
·         SIC “Macchia della Spadellata e Fosso S. Anastasio” (IT6030044) ad Anzio
·         SIC “Lido dei Gigli” (IT6030045) ad Anzio
Il D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 in attuazione della legge 190/2012 (cosiddetta legge “anticorruzione”) obbliga le Amministrazioni pubbliche a pubblicare sui loro siti istituzionali le informazioni ambientali di cui sono in possesso. Quali azioni si sono intraprese e si intendono intraprendere per informare la popolazione sui livelli di contaminazione ambientale in relazione anche alle disposizioni di maggior tutela recate dalle norme di settore, ovvero il D.lgs. 152/2006 (articolo 3), la legge 108/2001 (ratifica della Convenzione di Aarhus del 1998, testo base a livello Ue sull’accesso alle informazioni ambientali e alla giustizia ambientale) e il D.lgs. 195/2005 che in attuazione della direttiva 2003/4/Ce regolano forme e modi dell’accesso del pubblico alle informazioni ambientali?

10)    Chi ripagherà i danni all’economia tradizionale?
Gli inquinanti sprigionati dall’incendio di Pomezia possono mettere letteralmente in ginocchio il comparto agroalimentare di un territorio pari a circa un sesto dell’intera Regione Lazio. Le produzioni di eccellenze nonché addirittura gli stessi riconoscimenti di tipicità potrebbero svanire: i vini Cannellino di Frascati, il Frascati Superiore, l’Aprilia, il Cori, il Frascati, il Nettuno, il Velletri, i derivati del latte di bufala campana, il kiwi Latina, fragoline di Nemi, il pinolo del litorale Laziale, l’uva pizzutello. Oltre a migliaia di ettari di produzioni biologiche frutto degli sforzi degli imprenditori agrari. Chi ripagherà tutto ciò?
I Gruppi Ricerca Ecologica Lazio, associazione regionale dei Gruppi di Ricerca Ecologica riconosciuti dal Ministero dell'Ambiente ai sensi dell'art. 13 della L. 349/86, annunciano sin d’ora che si costituiranno parte civile nel processo penale

mercoledì 3 maggio 2017

Malagrotta: l'Arpa pubblichi subito i dati sui contaminanti

Il direttore generale dell‘Arpa Lazio, Marco Lupo, parlando con l’agenzia DIRE a margine della commissione regionale Ambiente del 15/11/2016, ha dichiarato che: “Il problema di Malagrotta è la fuoriuscita di liquidi inquinanti nonostante la presenza del ‘polder’, la parete di contenimento. Abbiamo fatto dei campionamenti nel 2016 al di fuori della parete e abbiamo trovato una contaminazione riconducibile a una fuoriuscita di liquidi. Quindi la prima messa in sicurezza che si sta attuando, su nostra richiesta, è quella di controllare che il livello della discarica resti al di sotto della parete, per evitare altri sversamenti”.

Tuttavia, gli ultimi dati diffusi a livello pubblico sull'inquinamento delle acque esterne al polder della discarica di Malagrotta e agli impianti di trattamento rifiuti ad essa adiacenti risalgono al 2010, e - sebbene numerose associazioni, comitati e cittadini da tempo segnalino la difficoltà a reperire informazioni aggiornate sulle condizioni delle acque di superficie e di falda attorno alla discarica di Malagrotta e ai collegati impianti di trattamento rifiuti, sul sito web di ARPA Lazio non viene reso disponibile alcun dato.

La discarica di Malagrotta dal satellite (fonte Google Maps)
Eppure informazioni aggiornate sulla contaminazione delle acque sia superficiali che sotterranee nei territori limitrofi alla discarica devono essere diffuse alla popolazione tutta e devono essere messe a disposizione sia della comunità scientifica, che dei cittadini impegnati da anni nella riqualificazione del territorio di Malagrotta-Ponte Galeria..

Per questi motivi, i GRE LAZIO hanno chiesto ad Arpa (ai sensi del D.Lgs. 195 del 19 agosto 2005, Direttiva europea 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale) di fornire i dati di sintesi e di dettaglio sulle analisi chimico-analitiche effettuate da ARPA nel 2016 nei piezometri posti attorno alla discarica in particolare di quelli contrassegnati dalle sigle . Z9, ZNP1, V8, Z8, Z6, Z5, Z7, V7, ZNP4, ZNP6, V4, Z4, NP1, NP2, NP3, NP7 che nelle analisi 2008-2010 sono risultati gravemente inquinati.

Inoltre, è stata richiesta un'adeguata cartografia con la posizione di detti piezometri rispetto alla discarica e agli impianti di trattamento rifiuti ad essa adiacenti, ed i dati analitici del Rio Galeria, anch'esso risultato gravemente compromesso con indicazione della posizione della/e stazioni di rilevamento.

Entro 30 giorni, Arpa dovrà dare una risposta.