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Rifiuti a Via Salviati (foto di Roberto Torre) |
Da anni si parla del quadrante Est
di Roma come una nuova Terra dei Fuochi. Adesso i Gruppi di Ricerca Ecologica
hanno provato a quantificare il fenomeno, e i risultati sono inquietanti: nei Municipi III, IV, V, VI e VII sono
stati infatti individuati ben 122 siti
che rappresentano delle vere e proprie bombe ambientali. Si va dallo
sversamento di calcinacci all’abbandono di elettrodomestici, dallo smaltimento
abusivo di amianto all’abbandono di fusti di vernici, fino ad arrivare a vere e
proprie discariche abusive. La mappa, in continuo aggiornamento, è stata
elaborata sulla base delle segnalazioni dei cittadini nonché dei rilevamenti
direttamente effettuati dai volontari del GRE LAZIO, e si riferisce
esclusivamente a quanto presente fuori terra ed è visibile: «complessivamente si parla di oltre 19
ettari, ovvero 190.000mq – si legge nella nota dei GRE - ma riteniamo che i numeri reali siano ancora
più drammatici dal momento che oltre a quanto nascondono la vegetazione o i
cavalcavia, andrebbero censiti anche i rifiuti interrati, come nel caso dei
terreni adiacenti all’ex pastificio di via Collatina andato a fuoco e su cui
oggi pascolano liberamente dei cavalli».
Il Codice dell’Ambiente prevede
all’art. 255 comma 1 che la condotta di abbandono di rifiuti o deposito
incontrollato di rifiuti o di immissione degli stessi nelle acque superficiali
o sotterranee costituisce un illecito amministrativo punito con sanzione
pecuniaria, mentre all’art. 256 comma 2 stabilisce che le medesime condotte
qualora compiute da titolari di imprese o da responsabili di enti integrano un
reato contravvenzionale punito alternativamente con la pena dell’arresto da tre
mesi a un anno o dell’ammenda da 2 600 a 26 000 euro se si tratta di rifiuti
non pericolosi oppure congiuntamente con arresto e ammenda di uguale entità se
si tratta di rifiuti pericolosi. Il comma 3 dell’art. 256 inoltre sanziona
l’illecito della realizzazione o gestione della cd. “discarica abusiva”, ovvero
della discarica effettuata e gestita in assenza dell’autorizzazione prescritta
dalla legge.
Ma è la Cassazione ad aver chiarito
in numerose sentenza la differenza tra discarica abusiva e illecito smaltimento
è stato oggetto di ripetute interpretazioni: l’ultima sentenza della Suprema
Corte è del 2018 (sez. III penale, sentenza del 31 gennaio 2018, n. 4573) ha
tratteggiato in maniera piuttosto chiara gli elementi e le ragioni di fondo che
connotano una discarica. In particolare “…l’abbandono
differisca dalla discarica abusiva per la mera occasionalità, desumibile
dall’unicità ed estemporanea della condotta – che si risolve nel semplice
collocamento dei rifiuti in un determinato luogo, in assenza di attività prodromiche
o successive – e dalla quantità dei rifiuti abbandonati, mentre nella discarica
abusiva la condotta o è abituale – come nel caso dei plurimi conferimenti – o,
per quando consiste in un’unica azione, è comunque finalizzata alla definitiva
collocazione di una ingente quantità di rifiuti in loco”.
Sulla base di questa
interpretazione, i GRE hanno individuato nella parte Est di Roma 106 tra
micro-discariche o accampamenti dove i rifiuti vengono smaltiti tramite
abbandono, più addirittura 16 aree in cui sembrerebbero configurarsi a tutti
gli effetti – in base alla legislazione vigente ed alla giurisprudenza
consolidata - delle discariche abusive. Gran parte delle aree è
collocata a ridosso dei confini tra i Municipi o del fiume Aniene e dei fossi
che vi si immettono (letteralmente in barba alla Direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE), ma la situazione è
drammatica in particolare in alcune zone: «Nel
Municipio IV abbiamo censito ben 54 siti di sversamento cui si aggiungono
addirittura 6 potenziali discariche abusive estese complessivamente più di 8,5
ettari - affermano i GRE – si può
quindi parlare di vera e propria emergenza in quanto oltre alle immissioni atmosferiche
dei fumi prodotti dal continuo incendio dei rifiuti per differenti motivi, c’è anche
un elevatissimo rischio di inquinamento dei suoli e della falda acquifera.
Alcune zona sembrano letteralmente terra di nessuno, dove chiunque sversa
quello che vuole: è il caso di via di Salone (da entrambi i lati della A24), di
via di Tor Cervara (all’altezza di via Vannina, strada di collegamento con via
Tivoli realizzata e mai aperta al traffico per diversi motivi), Ponte Mammolo o
il tratto stretto tra la A24 e la TAV (dalla clamorosa situazione del campo
nomadi di via Salviati che abbiamo portato finanche all’attenzione del
Parlamento Europeo e dove finalmente sembrerebbe che qualcosa stia iniziando a
muoversi, fino quasi alla stazione di via Prenestina)».
E la situazione è ai limiti
dell’incredibile anche nel Municipio V, dove sono ben tre le aree in cui si può
parlare di vere e proprie discariche abusive: «A ridosso delle attività di rottamazione di via Palmiro Togliatti –
continuano i GRE – ci sono quasi 4 ettari
in cui viene sversato di tutto: da anni i cittadini e i comitati di quartiere
denunciano questa discarica in pieno Parco di Centocelle, ma a tutt’oggi la
soluzione del problema e soprattutto la bonifica dell’area sono ancora lontane
(sebbene confidiamo nella discussione approdata in Aula Giulio Cesare e
calendarizzata per martedì 19 marzo). Come d’altronde nel caso degli immobili
occupati e poi sgombrati di via Raffaele Costi e via Cesare Tallone, dove ci
sono tutt’ora cumuli di rifiuti alti anche tre metri. Un’altra discarica
l’abbiamo rinvenuta nel Municipio III, all’altezza dell’intersezione tra via
Salaria e la Tangenziale Est, dove lungo le sponde dell’Aniene e a meno di 500
metri in linea d’area con la confluenza nel Tevere, c’è un’area di quasi mezzo
ettaro in cui viene gettato di tutto, come anche in zona Val d’Ala. Nel
Municipio VI i problemi sono principalmente legati al campo nomadi di via di
Salone (dove, a ridosso del perimetro, sono accumulati rifiuti per un’area di
oltre 1 ettaro e 20), ma tra via Ponte di Nona e via Massa di San Giuliano
abbiamo rilevato numerosissimi punti di abbandono. Nel Municipio VII, oltre
alla ben nota emergenza legata al campo nomadi La Barbuta (tra l’ippodromo di
Capannelle e l’aeroporto di Ciampino) c’è un’intera zona a ridosso del
capolinea Anagnina della Metro A in via Walter Procaccini in cui ci sono così
tanti piccoli sversamenti da far apparire l’area quasi come una discarica».
La giurisprudenza ha precisato che
una discarica può effettuarsi attraverso il ripetitivo accumulo nello stesso
luogo di sostanze oggettivamente destinate all’abbandono o anche mediante un
unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che faccia assumere alla zona
interessata l’inequivoca destinazione di ricettacolo di rifiuti: «è
evidente che queste attività trovano una criticità negli insediamenti nomadi,
sia autorizzati che non, ma di frequente è il sintomo ultimo e più evidente di vere e proprie attività illecite
a carattere imprenditoriale che si celano a monte e che conducono all’ultimo
atto dell’abbandono dei rifiuti su suolo pubblico o privato: piccole imprese
che operano nel sommerso e che, quindi, poi non conferiscono nelle discariche o
nei centri di stoccaggio o di recupero autorizzati abbandonandoli a ridosso
della strada o in terreni abbandonati in prossimità di aree già degradate per
motivi connessi a problematiche sociali. Il colpevole dell’abbandono è “tenuto
alla rimozione, all’avvio a recupero e allo smaltimento dei rifiuti e al
ripristino dei luoghi”, ma lo stesso obbligo ricade sul proprietario o
conduttore dell’area, che spesso risulta essere proprio Roma Capitale, che in
realtà subisce questi atti criminali: è un controsenso, perché ogni Sindaco ha
l’obbligo di disporre “con ordinanza le azioni a questo fine necessarie e il
termine entro il quale provvedere” in base all’articolo 192, comma 3 del
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152. Oltre al danno per il territorio e il
rischio per la salute dei cittadini, l’Amministrazione Capitolina deve
accollarsi anche i costi per eliminare i rifiuti, dovere tra l’altro derivante
dall’obbligo di custodia connesso alla proprietà e appartenenza di strade e
fondi. È per questo che la mappatura dei siti che abbiamo operato è in primis una
denuncia rivolta alle Autorità politiche che per troppi anni si sono voltate da
un’altra parte, non ponendo al centro delle proprie priorità la tutela
dell’ambiente e della salute dei cittadini».
I Gruppi Ricerca Ecologica Lazio hanno
infatti indirizzato una nota di notifica della mappa anche al Ministro
dell’Interno, al Ministro dell’Ambiente, al Prefetto di Roma ed al Sindaco di
Roma Capitale: «poiché riteniamo che gli
Open Data favoriscano la presa di coscienza dell’opinione pubblica e la consapevolezza
dei cittadini, esattamente come la trasparenza delle informazioni stimola il
cambiamento di atteggiamento della Pubblica Amministrazione – continuano i GRE:
per questi motivi abbiamo deciso di
rendere disponibile la mappa liberamente a chiunque, così da poter ricevere
anche contributi correttivi o integrativi. Per consultarla è sufficiente
cliccare sul link:
Riteniamo che sia dovere delle Istituzioni intervenire per garantire – attraverso
il pieno esercizio delle funzioni di vigilanza sul territorio - il rispetto
delle norme, la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute dei
cittadini: poiché infatti un numero così elevato di discariche clandestine, più
o meno estese ma in un territorio tutto sommato limitato e in un’unica area
amministrativa, non sbuca fiori dall’oggi al domani (e nemmeno in un paio di
anni), sembrerebbe quasi che - esattamente come accaduto nella Terra dei Fuochi
campana - negli anni sia stata permessa la devastazione del territorio
consentendo impunemente lo sversamento di rifiuti pericolosi, speciali e
tossici».