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giovedì 8 novembre 2018

Il punto sul dissetto idrogeologico nel Lazio

I cambiamenti climatici, l'eccessiva antropizzazione dei territori, il consumo di suolo dissennato, il venir meno al compito di controllo e prevenzione demandato in primis agli enti locali sono tra le cause dei continui disastri regolarmente mostrati dai telegiornali ed il dramma di migliaia di famiglia.

Ma qual'è l'entità del fenomeno? Come ogni anno, l'ISPRA ha pubblicato il proprio rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia, da cui emerge un quadro agghiacciante.

Come dichiarato dal Presidente di ISPRA e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), Stefano Laporta, «informare i cittadini sui rischi che interessano il proprio territorio, non solo è un nostro dovere ma ha un importante risvolto sociale ed economico contribuendo alla riduzione dei danni e dei costi, e favorendo una maggiore consapevolezza e decisioni informate su dove acquistare la propria casa o ubicare nuove attività economiche. I dati forniti dal Rapporto sono un importante contributo alla conoscenza del territorio e dei fenomeni di dissesto idrogeologico, in termini di distribuzione e di pericolosità, rappresentando il punto di partenza per pianificare e programmare adeguate politiche di mitigazione del rischio nel Paese. Rappresentano un utile strumento per la programmazione degli interventi strutturali di difesa del suolo e per la pianificazione di protezione civile».

In Italia ben 7.275 comuni (91% del totale) sono a rischio per frane e/o alluvioni; il 16,6% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità; e gli abitanti a rischio frane sono ben 1,28 milioni, mentre quelli a rischio alluvioni addirittura oltre 6 milioni.

E nel Lazio? I Gruppi Ricerca Ecologica hanno esaminato in dettaglio i dati ISPRA per fornire un quadro della situazione nella nostra regione, che se apparentemente sembrerebbe essere intertessata al fenomeno in misura minore, in realtà richiedere una soglia di attenzione da parte delle istutizioni e l'adozione di misure preventive non meno urgentemente di altri territori.

Aree a pericolosità da frana elevata P3 e molto elevata P4
A fronte di una media nazionale di poco più del 3%, ben il 4,32% del territorio laziale è esposto a
pericolosità da frana molto elevata. Includendo anche le aree esposte a pericolosità da frana elevata, la percentuale sale al 5,5%, pari a ben 953 kmq. Ma le aree complessivamente a rischio frane sono addirittura il 14,9% del Lazio, pari ad una supergicie di 2.574,7 kmq. Un dato sicuramente influenzato dall'orografia laziale, principalmente di tipo collinare.

Relativamente alle Norme di attuazione dei Piani stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI), nelle aree classificate a pericolosità da frana molto elevata sono consentiti esclusivamente: 
  • gli interventi di demolizione senza ricostruzione; 
  • gli interventi strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie o di volume e senza cambiamenti di destinazione d’uso; 
  • le opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi; 
  • gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; la realizzazione di nuove infrastrutture lineari e a rete previste da normative di legge, dichiarate essenziali, non delocalizzabili e prive di alternative progettuali tecnicamente ed economicamente sostenibili; 
  • le pratiche per la corretta attività.
Nelle aree classificate a pericolosità da frana elevata sono generalmente consentiti, oltre agli interventi ammessi nelle aree a pericolosità molto elevata, anche gli interventi di ampliamento di edifici esistenti per l'adeguamento igienico-sanitario e la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l’ampliamento di quelli esistenti, previo studio di compatibilità dell’opera con lo stato di dissesto esistente.

Esaminando i dati per provincia, i rischi maggiori risiedono a Frosinone e, in misura minore, a Latina. Ben il 15,20% della Ciociaria è infatti esposto a rischio frana molto elevato o elevato, mentre a Latina il dato è pari al 5,20%: complessivamente si tratta di 492,50 kmq a Frosinone e 118 a Latina. Tuttavia il dato assoluto di Latina è inferiore alle più estese provincie di Roma e Viterbo, rispettivamente con 147,20 e 126,70 kmq, tuttavia corrispondenti al 2,70% ed al 3,50% del territorio provinciale di riferimento.

Aree a pericolosità idraulica elevata P3

Nella storia delle alluvioni in Italia ci sono eventi che più di altri sono rimasti nella memoria comune,
per aspetti diversi: il Polesine (1951); Firenze (1966); il Tanaro (1994); il Po (2000); Soverato (2000); Olbia (2013). E poi innumerevoli volte in Liguria e nelle Cinque Terre. 

La Direttiva 2007/60/CE o Direttiva Alluvioni (Floods Directive – FD), sottolinea come sebbene le alluvioni siano fenomeni naturali impossibili da prevenire, alcune attività antropiche, quali la crescita degli insediamenti umani, l’incremento delle attività economiche, la riduzione della naturale capacità di laminazione del suolo per la progressiva impermeabilizzazione delle superfici e la sottrazione di aree di naturale espansione delle piene, contribuiscano ad aumentare la probabilità di accadimento delle alluvioni e ad aggravarne le conseguenze. D’altra parte le caratteristiche morfologiche del territorio nazionale, in cui spazi e distanze concessi al reticolo idrografico dai rilievi montuosi e dal mare, sono per lo più assai modesti, lo rendono particolarmente esposto ad eventi alluvionali, noti come piene repentine o flash floods, innescati spesso da fenomeni meteorologici brevi e intensi. 

Le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia sono pari a 12.405 km2 (4,1% del territorio nazionale), le aree a pericolosità media ammontano a 25.398 km2 (8,4%), quelle a pericolosità bassa (scenario massimo atteso) a 32.961 km2 (10,9%).

Aree a pericolosità idraulica media P2
Nel Lazio, le aree a pericolosità idraulica elevata sono pari a 429,6 kmq (il 2,5%), cui si aggiungono altri 572,3 kmq a pericolosità media  (il 3,3%) e 646,7 kmq a pericolosità bassa (il 3,8%): complessivamente, quindi, il 9,56% del Lazio è esposto al rischio di pericolosità idraulica.

A livello provinciale, il territorio più esposto è quello di Roma, con una superficie di 726,3 kmq (pari al 13,54%, di cui ben il 3,30% a rischio P3), seguito da reatino con 286,60 kmq (pari al 10,42%): tale dato è condizionato dai grandi corsi d'acqua che attraversano queste provincie (Tevere, Aniene, Velino). La provincia di Viterbo ha una superficie esposta pari all'8,63%, seguita da Latina (7,21%) e Frosinone (4,66%) .

Complessivamente, oltre il 90% dei Comuni del Lazio sono interessati da aree a pericolosità da frana elevata P3 e molto elevata P4 e/o pericolosità
idraulica media P2: un dato analogo a quello dei Comuni della Provincia di Trento, dell'Abruzzo, del Piemonte, della Campania e della Sicilia, e poco distante da 100% detenuto invece da nove Regioni  (Valle D'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria). Esattamente, i Comuni laziali interessati sono 373 su 378, pari a ben il 98,7%. 

Inoltre 158 di questi, pari al 41,8%, posseggono aree interessate contemporaneamente sia da pericolosità da frana elevata P3 e molto elevata P4, che da pericolosità idraulica media P2: in termini di superficie, la concomitanza tra i due rischi interessa l'8,8% del territorio regionale (1.523,6 kmq). Rispetto al numero di comuni, invece, il dato è del 100% per le provincie di Frosinone, Viterbo, Rieti e Latina, mentre il 95,9% quella dell'Area Metropolitana di Roma.

L’ISPRA, sulla base delle nuove Mosaicature di pericolosità, ha proceduto nel 2018 all'aggiornamento degli indicatori nazionali di rischio, per frane e alluvioni, relativi a popolazione, imprese e beni culturali e ha elaborato due nuovi indicatori su famiglie ed edifici. L’obiettivo è produrre dati ufficiali sul rischio idrogeologico in Italia e fornire un importante strumento a supporto delle politiche nazionali di mitigazione del rischio attraverso l’individuazione delle priorità di intervento, la ripartizione dei fondi e la programmazione degli interventi di difesa del suolo.
 
Gli indicatori relativi a popolazione, imprese e beni culturali sono strategici in quanto relativi ad obiettivi prioritari di intervento per la salvaguardia della vita umana, delle attività produttive e dei servizi, e del patrimonio culturale. Tali indicatori sono coerenti con quelli previsti dalla Direttiva Alluvioni e dal D.Lgs. 49/2010; ciò nonostante potrebbero non coincidere con quelli sviluppati nei PGRA, in termini di metodologia e dati di input utilizzati relativamente agli elementi esposti. 

La popolazione a rischio frane in Italia è pari a: 507.894 abitanti residenti in aree a pericolosità molto elevata P4 PAI; 774.076 abitanti residenti in aree a pericolosità elevata P3; 1.685.167 abitanti in aree a pericolosità media P2; 2.246.439 abitanti in aree a pericolosità moderata P1 e 475.887 abitanti in aree di attenzione. Se consideriamo le 2 classi a maggiore pericolosità (P3+P4) la popolazione a rischio ammonta a 1.281.970 abitanti, pari al 2,2% del totale (secondo il Censimento ISTAT 2011).

Frana nel versante settentrionale di Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo (Foto di Claudio Margottini)
La popolazione a rischio frane nel Lazio è invece pari a: 73.598 persone in aree P4; 15.792 in aree P3; 9.787 in aree P2 e 31.337 in aree P1. Inoltre 89.390 persone risiedono in aree di attenzione. Complessivamente, il 20,3% dei laziali risiede in aree a pericolosità frana e addirittura l'1,6% risiede in aree a maggiore pericolosità (P3+P4). A livello provinciale, il dato interessa ben il 7,4% dei residenti in provincia di Frosinone e il 4,9% dei residenti in provincia di Viterbo. Rispetto al numero di famiglie, sono ben 107.447 quelle laziali a rischio (pari al 4,6%), mentre rispetto al numero di edifici quelli interessati sono ben 50.058 (pari all'11,5%) e rispetto al numero di imprese sono 13.462 (pari allo 0,9%). Ma c'è un altro dato evidenziato da ISPRA: nel Lazio si concentra buona parte del patrimonio mondiale di beni culturali, e 698 di questi (pari al 5,4%, di cui ben 368 nella sola Viterbo) sono a rischio perchè situati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata.

La popolazione residente esposta a rischio alluvioni in Italia invece è pari a: 2.062.475 abitanti (3,5% del totale) nello scenario di pericolosità idraulica elevata P3 (tempo di ritorno fra 20 e 50 anni); 6.183.364 abitanti (10,4%) nello scenario di pericolosità media P2 (tempo di ritorno fra 100 e 200 anni) e 9.341.533 abitanti (15,7%) nello scenario P1 (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi). La popolazione a rischio nello scenario P1 è quella massima attesa; tale dato include sia la popolazione a rischio nello scenario P2 che nello scenario P3.

Se le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media P2 sono Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria, nel Lazio la situazione non è da star tranquilli: 124.985 abitanti (2,3%) risiedono in aree P3; 191.151 in aree P2 (3,5%); addirittura 243.689 abitanti in aree P1 (4,4%). Si tratta di quasi il 10% sia delle famiglie che degli edifici, e il 10,88% di industrie e servizi (il 5,3% in area P2). Il massimo dell'esposizione si ha per residenti nelle provincia di Rieti (il 16,25%) e Roma (addirittura 474.078 abitanti, pari all'11,86%). Ma il rischio riguarda anche 1.120 beni culturali (di cui 816 nella sola Roma), pari all'8,61% del totale.