La discarica di Malagrotta vista da Google Maps |
Che l'area di Malagrotta sia un'area di Roma fortemente inquinata e con dati epidemiologici, quanto a patologie tumorali, perlomeno allarmanti, è ormai noto all'opinione pubblica, ma forse non è altrettanto noto, quanto la Pubblica Amministrazione sia stata inerte, arrivando a non impiegare risorse pubbliche già stanziate per monitorare e risanare un'area tanto compromessa: è questa la storia del MAVGA (il Monitoraggio Ambientale di Valle Galeria, ndr) che ci apprestiamo a raccontarvi.
Il 05.12.2007 la Provincia di Roma stanziava un contributo di € 5.000.000 (5 milioni) “da destinare ad interventi a favore dei cittadini residenti nei Municipi adiacenti all'area di Malagrotta, che subiscono disagi ambientali”.
Il 10.04.2008 la Provincia deliberava di destinare € 2.000.000 all'abbattimento della TARI e la somma di € 3.000.000 alla realizzazione di servizi ambientali nell'area di Malagrotta.
Il 26.11.2012, dunque a distanza di 5 anni, veniva concluso tra la Provincia di Roma, la Regione Lazio e Roma Capitale un protocollo d'intesa che comportava l'istituzione di un gruppo di lavoro di cui facevano parte il Direttore della Direzione Regionale Attività Produttive e Rifiuti della Regione Lazio, il Direttore del Dipartimento Servizi di tutela ambientale della Provincia di Roma, il Direttore del Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale, il Direttore UOT del Municipio XVI. Il Direttore del Dipartimento Servizi Ambientale della Provincia di Roma doveva svolgere le funzioni di coordinamento.
Il gruppo di lavoro doveva dare attuazione:
- al Programma di Monitoraggio Ambientale redatto da ISPRA, ARPA Lazio, CNR, Provincia di Roma e Roma Capitale;
- alla valutazione dei dati ambientali della Valle Galeria in possesso della ASL RM E Servizio Epidemiologico, dell'ENEA e di eventuali altri soggetti pubblici e privati;
- al programma di riqualificazione ambientale.
L'attuazione del programma prevedeva il monitoraggio di tutte le matrici ambientali, dando priorità alle falde acquifere superficiali e profonde e, con cadenza semestrale, il gruppo di lavoro avrebbe dovuto produrre delle relazioni parziali sugli esiti del lavoro effettuato. La convenzione doveva avere la durata di due anni, eventualmente prorogabili.
La nostra associazione chiedeva in data 16.02.2015 alla Città metropolitana di Roma di avere accesso alle informazioni ambientali attinenti ai risultati del lavoro di monitoraggio, ma l'accesso veniva rifiutato, in quanto il gruppo di lavoro non aveva ancora prodotto documenti ed atti definitivi ostensibili.
A seguito di impugnazione del rifiuto, il TAR si pronunciava onerando la Provincia di indicare la data nella quale gli atti ed i documenti sarebbero divenuti definitivi e pertanto ostensibili.
La Città metropolitana di Roma Capitale, a questo punto, affermava che il 30.04.2015 (dunque dopo due mesi dalla richiesta di accesso ambientale e a seguito dell'impugnazione del rifiuto da parte di Raggio Verde) era stato convocato un tavolo tecnico con i rappresentanti degli enti interessati dal quale sarebbero emerse delle non meglio precisate problematiche di natura tecnica.
Da notare che il 30.04.2015 il protocollo d'intesa istituente il gruppo di lavoro era già scaduto. La Città metropolitana dunque affermava che il 01.07.2016 avrebbe dovuto essere reso disponibile il rapporto di indagine semestrale, sempre che si fosse pervenuti “alla sottoscrizione del rinnovo del protocollo medesimo”.
A seguito di nuova istanza di accesso ambientale di Raggio Verde, la Città metropolitana di Roma Capitale rispondeva pochi giorni fa affermando che il rinnovo del protocollo non è avvenuto e che pertanto il monitoraggio non ha avuto luogo, che nel 2016 non sono state effettuate attività in quanto il bilancio di previsione della Città Metropolitana di Roma Capitale è stato approvato ad anno terminato (19/12/2016) e che il bilancio di previsione del 2017 dovrebbe essere approvato a breve (30/06/2017, salvo proroghe del Governo).
Le conclusioni che i cittadini possono trarre, leggendo al di là delle procedure burocratiche, sono le seguenti: il gruppo di lavoro costituito nel 2012, composto dal Direttore della Direzione Regionale Attività Produttive e Rifiuti della Regione Lazio, dal Direttore del Dipartimento Servizi di tutela ambientale della Provincia di Roma, il Direttore del Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale, dal Direttore UOT del Municipio XVI e coordinato dal Direttore del Dipartimento Servizi Ambientale della Provincia di Roma, non ha attuato, nei due anni di vigenza del Protocollo d'intesa, nulla di quanto si era proposto di fare e, da quanto scrive la Città metropolitana di Roma Capitale, ha atteso la scadenza del protocollo d'intesa, per accorgersi che vi sarebbero state non meglio precisate difficoltà di natura tecnica; i soldi stanziati non sono stati impiegati, il protocollo d'intesa è scaduto ed è tutto da verificare se tali soldi saranno resi disponibili in futuro.
Come fa la Regione Lazio dunque a valutare l'impatto ambientale di determinati progetti sottoposti da imprenditori (ad esempio l'apertura di una discarica di amianto o di un centro di selezione multimateriale nella medesima area martoriata) se, quando Città Metropolitana, Regione, Roma Capitale ne avevano la possibilità, con i soldi stanziati e il gruppo di lavoro costituito, non sono evidentemente riusciti a produrre nemmeno una relazione semestrale sullo stato delle acque di falda nell'area?!
Chi risarcirà i cittadini della Valle Galeria per questo ennesimo torto e danno subito?!
Raggio Verde adotterà le iniziative più opportune per realizzare i propri scopi sociali e tutelare la martoriata popolazione della Valle Galeria, con l'affiancamento dei Gruppi Ricerca Ecologica Lazio.