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lunedì 28 agosto 2017

Dopo 4 giorni, un'altra vittoria dei GRE salva il Treja

Stamattina il TAR LAZIO ha annullato anche le determinazioni della Regione Lazio concernenti la deroga ai valori limite e l'impianto di percolato di Magliano Romano (determinazione del 31 marzo 2016 n. G03100, pubblicata sul BURL Lazio il 7 aprile 2016). 

Dopo questa nuova vittoria a difesa dell'ambiente, del territorio, della comunità locale e dell'economia, resa possibile grazie alla professionalità degli avvocati Vittorina Teofilatto, Daniela Terracciano e Alessandro Di Matteo, ripercorriamo la storia giudiziaria - amministrativa della discarica di Magliano , autorizzata nel 2012 dalla Regione Lazio (determinazione 8006167 del 17 settembre 2012) per ricevere rifiuti inerti di oltre 92 diversi codici CER, la cui natura inerte, in base al provvedimento autorizzativo, deve essere attestata dal conferitore e controllata dal gestore della discarica.

Nel 2015 la Regione aveva provato (con una modifica non sostanziale approvata con determinazione G09137 del 22 luglio 2015) ad ampliare la gamma di codici CER ricevibile da parte della discarica, ma il provvedimento fu stato annullato dal T.A.R. del Lazio su ricorso dei GRE, del Comitato No Discarica, e dell'Amministrazione Comunale (sentenza n. 5274 del 6 maggio 2016).

Il 14 agosto 2014, tuttavia, Idea 4 S.r.l. (la società proprietaria della discarica) presentò alla Città metropolitana di Roma Capitale una domanda per ottenere l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto di trattamento chimico-fisico del percolato prodotto dalla discarica, dopo che la Regione Lazio (con determinazione dirigenziale n. G11128 del 31 luglio 2014) ne aveva escluso l'assoggettabilità alla procedura di V.I.A. a condizione che fossero rispettate le prescrizioni contenute nella Relazione Istruttoria. Ma dopo quattro mesi la Città metropolitana di Roma Capitale si dichiarò incompetente, sostenendo che l'impianto fosse connesso alla discarica di inerti già autorizzata con determinazione n. A06398 dalla Regione Lazio.

Il 7 maggio 2015 Idea 4 presentò alla Regione Lazio un nuovo progetto, a suo dire oggetto solo di alcune precisazioni e piccole modifiche rispetto al progetto presentato in Provincia e all'area V.I.A., ma che in realtà tendeva a realizzare un impianto di trattamento del percolato prodotto dalla stessa discarica per rifiuti inerti (costituenti rifiuti portanti codici CER 190206, fanghi prodotti da trattamento chimico-fisico, e CER 190814, fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque Industriali diverse da 190803 - non pericolose - questi ultimi smaltibili nella stessa discarica, in base alla determinazione G09137 del 22 luglio 2015, annullata dal T.A.R. del Lazio con sentenza n. 5274/2016) nonché allo scarico delle c.d. "acque reflue" prodotte dall'impianto, in misura di 48 mc/giorno, nel fosso di Monte Pizio, (che afferisce al fosso Passetto Morlupo e al fosso della Selva, affluente del fiume Treja che attraversa il Parco Suburbano della Valle del Treja), dopo essere passate per un filtro a carbone e sabbia e per un pozzetto di campionamento fiscale. Le attività autorizzate ai fini della gestione di tale impianto erano le operazioni D15 (deposito preliminare di CER 190703) e D9 (trattamento chimico-fisico di CER 190703).

Ma la discarica si trova a meno di un chilometro dal centro abitato di Magliano Romano, a circa 1,5 km da due scuole (elementare - media e materna) ad aree agricole di particolare pregio (al confine esistono aziende agricole), nonché delicata dal punto di vista idrogeologico in quanto vicina al parco regionale di Veio (distanza KM 1,3) e al Parco suburbano Valle del Treja (Km 0,8). 

A poca distanza dalla discarica, inoltre, si trovano alcuni punti di approvvigionamento idrico dei Comuni siti nelle vicinanze della discarica (il pozzo comunale di emungimento dei Comuni di Magliano Romano e di Rignano Flaminio distano solo 600 metri dalla discarica) e, come se non bastasse, alcuni terreni sui quali si trova la discarica sono indicati nel PTPR (adottato con Delibera della Giunta Regionale 356/2007) come terreni costituenti paesaggi naturali di continuità, nei quali in base agli obiettivi di qualità la Regione Lazio deve attivarsi per eliminare la presenza di discariche realizzate e non sono consentite opere di ampliamento di discariche, essendo al contrarlo consentite le opere finalizzate al miglioramento della qualità del paesaggio.

L'autorizzazione della Regione, pertanto, violava il PTPR, il tutto senza sottoporre a procedimento di V.I.A. nonostante lo scarico nel Fosso di Monte Pizio (che, perlomeno per alcuni periodi dell'anno, è a portata nulla) non è mai stato autorizzato dalla Città metropolitana di Roma, che ha classificato come rifiuto le acque reflue prodotte dall'impianto.

Ma se la discarica di Magliano avrebbe dovuto essere destinata solo a materiali inerti, da dove proveniva il percolato da trattare (rifiuto definito col codice CER 190703), per giunta in quantità ritenute elevate dallo stesso Tar (48 tonnellate)?

In ricorso, inoltre, sono stati articolati due motivi di violazione di legge ed eccesso di potere:

  1. il primo motivo ripropone, con riferimento all'intero procedimento, le censure formulate nel primo motivo del ricorso introduttivo, deducendo l’illegittimità derivata del provvedimento di autorizzazione alla messa in esercizio dall’illegittimità del provvedimento di autorizzazione della modifica sostanziale dell’impianto;
  2. il secondo motivo è diretto a censurare il provvedimento con cui la Regione Lazio ha determinato di: a) prendere atto del certificato di collaudo; b) accettare le garanzie finanziarie prestate mediante polizza fideiussoria n. 201607251090307104 del 28 novembre 2016 emessa dalla Gable Insurance AG per un importo pari ad € 80.700,00; c) prendere atto degli esiti positivi del sopralluogo effettuato in data 29 luglio 2016 e quindi di consentire l'esercizio dell'impianto di trattamento di chimico fisico di percolato a servizio della discarica per inerti nel rispetto di quanto previsto nella determinazione del 31 marzo 2016.

Quanto alle garanzie finanziarie la Regione, ancora una volta, non avrebbe effettuato alcun controllo, avendo accettato la garanzia finanziaria emessa da una società, la lussemburghese Gable Insurance AG, poi sottoposta a divieto di concludere nuovi contratti e di disporre del proprio patrimonio dal 9 settembre 2016 e, in data 10 ottobre 2016, posta in amministrazione straordinaria. Quindi la Regione avrebbe accettato supinamente una polizza nulla, con ciò vanificando l’utilità stessa delle garanzie imposte per legge anche a tutela dell’ambiente.
La discarica di Magliano vista da Google maps

La determinazione impugnata sarebbe omissiva anche con riguardo al collaudo, essendosi limitata la Regione ad una mera presa d'atto del certificato di parte per di più per un impianto che rende concreto il rischio di inquinamento dell'ambiente.

Secondo il Tar del Lazio è fondata la nostra censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria, laddove abbiamo rilevato, da un punto di vista formale, che il progetto autorizzato è diverso da quello su cui l’ARPA si era espressa nel senso della non assoggettabilità a V.I.A. e, sotto il profilo sostanziale, che la Città metropolitana di Roma non ha rilasciato l'autorizzazione per lo scarico nel Fosso di Monte Pizio (che afferisce al fosso Passetto Morlupo e al fosso della Selva, affluente del fiume Treja che attraversa il Parco Suburbano della Valle del Treja) delle acque reflue prodotte dall'impianto, classificandole come rifiuto e che, in ogni caso, il Fosso di Monte Pizio è spesso a portata nulla, situazione che renderebbe serissimo il rischio di inquinamento del suolo e delle acque sotterranee.

A tal proposito il Collegio  ha rilevato che, nel provvedimento impugnato, non si dice nulla in relazione alla portata del Fosso: la questione non è di poco conto se si considera che, nel rilasciare una autorizzazione di tal specie, vanno tenute presenti le diverse situazioni meteorologiche e climatiche, fra cui quella attuale, che si protrae da molti mesi, connotata dalla perdurante carenza di precipitazioni e da conseguente siccità che rende gli invasi, perfino i più grandi, quasi totalmente prosciugati. L’autorizzazione allo scarico dei liquidi residui, a prescindere dalla loro natura di reflui o di veri e propri rifiuti, in un Fosso il cui rischio di essere prosciugato per gran parte dell’anno è assai concreto, risulta quanto mai perplessa e azzardata, considerato che non risultano effettuati approfondimenti o indagini istruttorie sul punto, essendosi limitata la Regione a prendere atto di quanto dichiarato da Idea 4.

Alessio de Guttry - Presidente del
Comitato No Discarica
D’altra parte, sulla natura di rifiuto delle "acque reflue" la Regione si è limitata a dare atto che "il tavolo concorda sul fatto che nel caso in cui percolato sia conferito all'impianto di trattamento tramite condotta, questa debba connotarsi quale impianto di trattamento di reflui": si tratta, con tutta evidenza, di una affermazione che si riferisce a dati astratti e ipotetici ma che non ne garantisce la certa applicabilità al caso concreto dell’impianto di Idea 4.

Eppure ARPA Lazio (con nota del 30 giugno 2015 prot. 53090, quindi successiva alla chiusura del procedimento di assoggettabilità a V.I.A.) aveva chiesto integrazioni alla relazione tecnica, rappresentando la necessità di prevedere, nella richiesta, anche l'autorizzazione D15, preliminare a quella D9, nonché di integrare la relazione proprio in merito alla gestione dei rifiuti, indicando la qualità attesa del percolato in ingresso e verifiche in fase di esercizio, le verifiche qualitative successive al trattamento, la dimostrazione dell'efficacia del processo applicato, la predisposizione di un sistema di misurazione del percolato prodotto, trattato e smaltito. A seguito delle integrazioni fornite, ARPA Lazio, nella nota del 22 agosto 2015, ha evidenziato che "la società, in qualità di produttore di tale rifiuto, ha in ogni caso il dovere di classificarlo come previsto dalla vigente norma in materia di rifiuti, anche in relazione al fatto che si tratta di un codice specchio".

Osserva il Collegio che l’Agenzia preposta alla protezione dell’ambiente ha evidenziato criticità che avrebbero dovuto trovare una soluzione tranquillizzante nel testo del provvedimento; soluzione che, viceversa, manca e la cui mancanza risulta ancora più preoccupante se si considerano alcune circostanze, ben note alla Regione: infatti, alla data di adozione dell’impugnato provvedimento (31 marzo 2016) nella discarica, alla quale andrebbe asservito l'impianto, venivano conferiti oltre un centinaio di codici CER. A quelli inizialmente autorizzati seguivano i codici 170506 e 191304, tacitamente autorizzati con determinazione n. G04580 del 10 aprile 2014, con cui la Regione prendeva atto dell’intervenuta formazione del silenzio - assenso alla modifica non sostanziale per l'accesso in discarica dei suddetti due nuovi codici CER, nonchè altre 21 tipologie di codici CER, autorizzate in data 22 luglio 2015, con determinazione n. G09137. Tale ultima determinazione veniva, infatti, annullata solo successivamente, con sentenze della Sez. I Ter, n. 5274 e n. 5275, entrambe del 5 maggio 2016. 

Gli avvocati Vittorina Teofilatto, Alessandro Di Matteo e
Daniela Terracciano
Dunque, a fronte di un così elevato numero di rifiuti in ingresso nella discarica, la Regione con l'ultimo provvedimento ha autorizzato lo scarico, nell’esiguo Fosso di Monte Pizio, dei reflui risultanti dal trattamento del percolato prodotto da rifiuti la cui natura inerte non risultava affatto certa, senza che sia stato previsto un adeguato e puntuale controllo da parte di un soggetto terzo sulla composizione e sulla natura dei rifiuti conferiti.

Il Tar, traendo le somme, ha rilevato che la decisione di non sottoporre a V.I.A. la variante sostanziale per cui è causa e, soprattutto, di non considerare nella loro complessiva portata le diverse istanze presentate a scaglioni da Idea 4 S.r.l., sia il frutto di un patente difetto di istruttoria da parte della Regione, che non poteva ignorare come, nel coevo procedimento che doveva poi esitare nella determinazione G12156 del 20 ottobre 2016 riguardante l’immissione di nuovi codici CER dopo un primo annullamento giurisdizionale, ARPA Lazio fin dalla nota prot. 53916 del 2 luglio 2015, avesse richiamato l’attenzione “sulla necessità di documentare l’effettiva natura inerte dei rifiuti ammessi in discarica, con particolare riferimento a quelli il cui codice CER, definito nell’allegato D alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. e riportato nel capitolo 3 del Protocollo inviato dalla Società, non dà garanzia a priori sull’effettiva natura inerte del rifiuto stesso”.

In quella nota l’ARPA evidenziava, altresì, che “a fronte dell’ampio numero di tipologie di rifiuti che la società chiede di poter gestire, si vuole richiamare l’attenzione sul fatto che debba essere prevista una approfondita verifica per i rifiuti che potrebbero per effettive caratteristiche chimico/fisiche non essere “inerti” secondo la definizione di legge richiamata (come ad esempio i fanghi prodotti dal trattamento di effluenti industriali e delle acque reflue urbane, il compost fuori specifica, i rifiuti il cui codice CER può identificare una vasta gamma di tipologie quale il 191212, ecc. ecc.)”.

Gli atti dei procedimenti relativi ai rifiuti da conferire in discarica sono necessariamente collegati e, anzi, propedeutici a quello per cui è causa, riguardante la variante per l’impianto di trattamento del percolato al servizio della discarica. In tali procedimenti è risultata dubbia la natura “inerte” di alcuni codici CER conferiti in discarica, come evidenziato dall’ARPA, e, viepiù, risulta dubbio perfino se la discarica in questione sia realmente una discarica per soli inerti o se tratti, a ben vedere, anche rifiuti di diversa natura.

Non va dimenticato, in proposito, che nella sentenza n. 5274/16 il T.A.R., dopo aver prescritto il riavvio del procedimento per l’autorizzazione all'introduzione di ulteriori codici CER, nel suggerire alcuni accorgimenti che avrebbero potuto rendere più coerente e completa l’azione amministrativa, osservava: “Qualora poi, per effetto di una rinnovata e più approfondita ed aggiornata istruttoria, la Regione dovesse avvedersi di un eventuale intento di parte orientato a far modificare in modo sostanziale l’assenso alla discarica di cui già dispone (da discarica per inerti a discarica di rifiuti di natura diversa), la stessa avrà altresì modo di valutare se ed in quale misura le circostanze di fatto ed ambientali siano in grado di prendere in considerazione un tale più ampio intento di Idea4, alla luce peraltro degli interessi altresì coinvolti delle altre parti privati e di quelli di più generale e pubblica natura”.

La Regione, quindi, era perfettamente edotta della eventualità che l’obiettivo realmente perseguito da Idea 4 S.r.l., nell'inoltrare richieste diverse scaglionate nel tempo di pochi giorni, potesse essere perfino quello di far modificare in modo sostanziale l’assenso alla discarica di cui dispone, non foss’altro perché tale eventualità era stata evidenziata in una pronuncia giurisdizionale.

Idea 4 S.r.l. era quindi stata autorizzata a realizzare un impianto di trattamento del percolato, rifiuto definito col codice CER 190703 (percolato di discarica, non contenente sostanze pericolose), che risulta prodotto dalla discarica di Magliano Romano in quantità piuttosto elevate (6 tonnellate/h per 8 ore al giorno per un totale di 48 t/giorno e 13.722,76 tonnellate di rifiuto annuo), nonostante il gestore avesse dichiarato che i rifiuti inerti gestiti nella discarica non producevano percolato e che, ai sensi dell'art. 2 lett. e) della direttiva 1999/31, "la tendenza dei rifiuti inerti a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale del rifiuti nonché l’ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e sotterranee".

Ma la produzione di 48 tonnellate di percolato, come da progetto approvato, non può essere considerata un quantitativo trascurabile per una discarica che, per definizione, è per inerti e nella quale, ai sensi dell'art. 7 D.Lgs. 36/2003, non possono essere ammessi rifiuti non inerti: il Collegio ha pertanto ribadito che vada accertato, al di là di ogni dubbio, la natura inerte di tutti i codici CER immessi prima di qualunque autorizzazione al trattamento chimico fisico del percolato prodotto in discarica, atteso che dalla natura dei primi e dai controlli sugli stessi, deriva l’accertamento della natura di refluo piuttosto che di rifiuto liquido di ciò che esita dal trattamento del secondo.

Adesso la Regione dovrà riavviare ex novo il procedimento, tenendo conto di tutte le indicazioni fornite nella sentenza, possibilmente convogliando in un unico procedimento le diverse e pressoché coeve istanze presentate dalla società Idea 4 relativamente al complessivo impianto di Monte della Grandine, ovvero comunque collazionando in ciascun procedimento le risultanze degli atti acquisiti negli altri, in modo da pervenire all'adozione di provvedimenti il più possibile completi, che tengano conto di tutti i complessi profili di rischio ambientale, nel rispetto del principio di precauzione.

venerdì 25 agosto 2017

Discarica di Magliano: vittoria dei GRE al TAR del Lazio

Il TAR dichiara la nullità della determina regionale di ampliamento dei rifiuti conferibili nella discarica di inerti di Magliano Romano


Con soddisfazione, quale associazione ambientalista, Vi comunichiamo che il Tar del Lazio, con sentenza n. 9428 del 24.08.2017, si è pronunciato favorevolmente sul giudizio di ottemperanza proposto dal Comitato No discarica di Magliano Romano e dal GRE Lazio, rappresentati dagli avvocati Vittorina Teofilatto, Daniela Terracciano, Alessandro Di Matteo, dichiarando nulla la determinazione con cui la Regione Lazio, dopo la sentenza n.5274/2016, aveva emesso nuovamente la determinazione di ampliamento dei codici CER dei rifiuti conferibili nella discarica di Magliano Romano.

La sentenza ha accolto il ricorso, rilevando che la Regione Lazio non aveva consentito la partecipazione procedimentale delle associazioni come invece richiesto dal TAR nella sentenza n.5274/2016 ed aveva incluso un allegato tecnico alla determinazione senza però ottemperare il tenore della sentenza, che aveva fatto presente come, sulla base della nota tecnica dell'ARPA, dovesse essere approfondito se i rifiuti fossero inerti per effettive caratteristiche chimico/fisiche. 

Onore al merito all'associazione Raggio Verde, al Comitato No discarica di Magliano Romano e al Gre Lazio che stanno perseguendo in maniera costante e proficua un'importante azione di tutela del territorio e della salute dei cittadini. 

Gre Lazio
Comitato No discarica Magliano Romano
Raggio Verde


martedì 15 agosto 2017

Uova al Fipronil, un'altra frittata europea

Per i GRE l'insetticida va cercato anche nei mangimi.

L’insetticida tossico Fipronil ritrovato nelle uova prodotte in Olanda e Belgio e destinate all'industria alimentare di tutta Europa sta gettando scompiglio sia a livello comunitario che tra i governi dei singoli Stati membri, che devono fronteggiare all'ennesima emergenza per la tutela della salute dei consumatori. Ma, stando almeno alle notizie ufficiali riportate dai media di tutto il continente, secondo i Gruppi di Ricerca Ecologica (associazione riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente) e European Consumers (associazione a difesa dei consumatori riconosciuta nel CRUC) qualcosa sembrerebbe non tornare.

«In tutta l’UE attualmente non esiste alcun prodotto autorizzati per uso veterinario contenente il Fipronil  – ha affermato Marco Tiberti, Responsabile Agromafie G.R.E. e Responsabile Dipartimenti Acque e Alimentazione in European Consumers – La versione ufficiale dice che il Fipronil sarebbe stato utilizzato come insetticida ad allevamenti vuoti e successivamente non sarebbero stati rispettati i tempi di persistenza, da cui la contaminazione di tutta la filiera. Ma questa versione fa acqua da tutte la parti, proprio perché è noto che il Fipronil, oltre ad essere altamente tossico per le api, lo è anche per gli uccelli gallinacei ed in particolare per i galliformi: a dosi subtossiche altera la crescita e lo sviluppo di mammiferi, uccelli, pesci e anfibi. Inoltre può provare danni al materiale genetico e alle cellule e comportamenti anormali. Appare quindi assai strano che sia stato usato come disinfettante sui polli da parte di grandi industrie di pollicoltura che ne dovrebbero, tramite i loro specialist, ben conoscere la tossicità sui gallinacei». 

Continua Tiberti, che a questo punto invita le Autorità a cercare anche in altre direzioni: «è strano, invece, che non si sia presa in considerazione l’ipotesi che il Fipronil, anziché come insetticida per i polli, che possa essere entrato nella catena alimentare in modi alternativi quali:
  1. mais da concia utilizzato come mangime;
  2. mangimi con fecola o altri derivati delle patate.

In Bulgaria, ad esempio, l’utilizzo di Fipronil su mais e girasole è stato autorizzato fino al giugno 2015 nella concia dei semi; analogamente, su patata alla semina è stato autorizzato nel 2015 in Estonia e Germania, oltre che in Italia nel 2014 ed in particolare in Emilia Romagna dove si è agito in deroga su autorizzazione del Ministero della Salute nella lotta agli elateridi. A distanza di due anni questi prodotti potrebbero ancora essere stoccati o presenti in mangimi secchi. Inoltre poco si sa di quanto avviene nei paesi privi di norme restrittive quali quelli asiatici: in particolare ci risulta ancora utilizzato nella concia dei semi in India. 
Formula chimica del Fipronil
Ma l’utilizzo di semi di concia del mais e del girasole come mangime per il pollame è severamente vietato, e quindi le responsabilità dei soggetti coinvolti potrebbero essere ben maggiori. Come ben maggiori potrebbero essere anche i comparti interessati alla contaminazione: è per questo che gli Istituti competenti dei paesi UE, ed in Italia i NAS, dovrebbero quindi analizzare anche patate, mais e mangimi per pollicoltura».

«Come ci hanno segnalato i nostri consulenti nonché ricercatori dell’ISPRA, Pietro Massimiliano Bianco e Valter Bellucci  – ha concluso Marco Tiberti – il Fipronil è un insetticida ad ampio spettro che determina la morte degli insetti impedendo il passaggio degli ioni cloruro nei recettori nervosi. Ciò causa ipereccitazione dei nervi e morte degli insetti contaminati. 
Valter Bellucci (ISPRA)
L’insetticida Fipronil, utilizzato per trattare le sementi, rappresenta un elevato rischio acuto per le api mellifere: queste le conclusioni di una relazione dell’EFSA elaborata su incarico della Commissione europea. Ma il Fipronil è anche classificato come cancerogeno (US EPA, 2016): può causare il cancro della tiroide nei cani. Secondo il Journal of Toxicology cani che sono stati trattati con Fipronil per uso topico hanno un rischio maggiore di sviluppare cancro alla vescica. In uomini ed animali domestici l’avvelenamento da Fipronil si manifesta essenzialmente a seguito dell’ingestione; i sintomi sono: ipersalivazione, vomito, letargia, irritazione cutanea, dilatazione delle pupille, tremori ed anche convulsioni». 


Bibliografia
Bottaccini T., 2012. Influenza di condizioni ambientali e modalità di somministrazione sulla DL50 di insetticidi sistemici in Apis mellifera L.. Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova Corso di laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie, anno accademico 2011-2012.
CDPR. 2009. Fipronil [CASRN: 120068-37-3] Materials for the July 28-29, 2009Meeting of the California Environmental Contaminant Biomonitoring Program (CECBP) Scientific Guidance Panel (SGP). California Department of Pesticide Regulation
FAO, 1997. Fipronil (T). Pesticide residues in food. Food and Agriculture Organization Plant Production and Protection Paper 145
FAO, 2009. Fipronil -FAO Specifications and Evaluations for Agricultural Pesticides. Food and Agriculture Organization of the United Nations.
Lassiter T.L., MacKillop E.A., Ryde I.T., Seidler F.J., Slotkin T.A., 2009. Is fipronil safer than chlorpyrifos? Comparative developmental neurotoxicity modeled in PC12 cells. Brain Research Bulletin, 78: 313-322.
Ohi M., Dalsenter P.R., Andrade A.J., Nascimento A.J., 2004. Reproductive adverse effects of fipronil in Wistar rats. Toxicol Lett. Jan 15;146(2):121-7.
U.S. Environmental Protection Agency, 2016. Chemicals Evaluated for Carcinogenic Potential Office of Pesticide Programs. Annual Cancer Report 2016
Zanella A., 2011. Contaminazione ambientale di api da insetticidi neonicotinoidi. approntamento di una metodologia analitica per la sua valutazione su singolo insetto. Facoltà di Scienze MM.FF.NN., Dipartimento di Scienze Chimiche, Tesi di Laurea in Chimica, Anno accademico, 2010-11.

martedì 1 agosto 2017

Roghi, le nostre proposte in Commissione di inchiesta

Che i roghi tossici configurino un atto criminale operato in contesti di elevato degrado sociale spesso in connessione alle attività della criminalità organizzata è fatto noto e notorio. Tuttavia l’aggravante del danno ambientale impone l’adozione urgente di provvedimenti atti a dotare il Lazio e in particolare Roma Capitale degli strumenti (sia operativi che normativi) atti a fronteggiare adeguatamente una significativa criticità per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini.


A tal proposito, i Gruppi Ricerca Ecologica del Lazio ritengono che un efficace controllo del territorio ed un efficiente contenimento dei roghi tossici non possa prescindere, parallelamente alla prevenzione operabile attraverso costanti azioni di controllo da parte delle forze dell’ordine nei contesti sociali maggiormente interessati al fenomeno, da interventi tesi direttamente a spezzare la filiera dell’illegalità, e cioè:

  1. bonificare le innumerevoli discariche e microdiscariche abusive presenti sul territorio di Roma Capitale sia su suoli pubblici che in aree private (che, oltre ad essere di per sé una piaga inquinante e pericolosa, rappresentano un’agevole fonte di approvvigionamento di materiali da incendiare per recuperarne parti commercialmente preziose), nonché operare interventi immediati di pulizia straordinaria e smaltimento dei rifiuti interni e in prossimità dei campi rom (in attesa del superamento degli stessi), prevenendo il reiterarsi degli illeciti;
  2. avviare una rete di stazioni di monitoraggio ambientale con sensori ottici multispettrali per effettuare un´analisi in tempo reale e rendere immediato l’intervento delle autorità competenti ad ogni avvio di rogo (così da rendere possibile l’applicazione di quanto disposto dall'articolo 256-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 recante norme in materia ambientale, cd. Codice ambientale), analogamente a quanto avviene in montagna per la prevenzione degli incendi: ciò consentirà – tra l’altro -  il monitoraggio automatico delle zone di interesse, l’identificazione automatica dei fumi nonché delle coordinate dei focolai. Intervenendo tempestivamente per reprimere l’atto illecito, oltre a prevenire l’inquinamento, renderà estremamente “svantaggioso” il compimento dell’atto criminale;
  3. estendere integralmente alla Regione Lazio tutti gli ambiti operativi del SISTRI, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti nato su iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per permettere l'informatizzazione della tracciabilità dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani della Regione Campania, e di cui l’Arma dei Carabinieri gestisce i processi ed i flussi di informazioni in esso contenuti: si tratta di comuni, imprese di trasporto e gli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani ubicati nel territorio della regione Lazio, di cui al comma 4 dell’articolo 188-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed i centri di raccolta comunali o intercomunali localizzati nel territorio della regione Lazio. Inoltre prevedere l’obbligatorietà dell’iscrizione al SISTRI per tutte le categorie di soggetti per i quali l’iscrizione al momento è volontaria, ovvero:


  • enti e imprese fino a dieci dipendenti produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi;
  • enti e imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi da attività agricole ed agroindustriali che, indipendentemente dal numero di dipendenti, siano imprenditori agricoli ai sensi dell’art. 2135 del codice civile e conferiscano i propri rifiuti nell'ambito di circuiti organizzati di raccolta;
  • enti e imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi da attività di pesca professionale e acquacoltura che indipendentemente dal numero di dipendenti, siano iscritti alla sezione speciale «imprese agricole» del registro delle imprese e conferiscano i propri rifiuti nell'ambito di circuiti organizzati di raccolta;
  • enti e imprese produttori iniziali di rifiuti non pericolosi;
  • trasportatori professionali di rifiuti speciali non pericolosi;
  • trasportatori in conto proprio di rifiuti speciali non pericolosi;
  • trasportatori in conto proprio di rifiuti speciali pericolosi non iscritti in categoria 5 e comunque non obbligati come produttori (con meno di dieci dipendenti);
  • trasportatori di rifiuti urbani;
  • gestori di rifiuti non pericolosi;
  • nuovi produttori di rifiuti non pericolosi derivanti da attività di trattamento di rifiuti non pericolosi (si intendono per tali gli enti o le imprese che sottopongono i rifiuti non pericolosi ad attività di trattamento ed ottengono nuovi rifiuti non pericolosi diversi da quelli trattati, per natura o composizione).

Restiamo a disposizione per un approfondimento di quanto sopra anche in sede di specifica audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie.