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venerdì 21 aprile 2017

Tribunale Monsanto: la società statunitense ritenuta colpevole di violare i diritti umani



Sei mesi dopo la querela popolare nei confronti gigante agrochimico, martedì i giudici hanno emesso il loro "parere consultivo" e chiedono il riconoscimento del reato di ecocidio nel diritto internazionale.

Le conclusioni a cui è giunto il Tribunale internazionale Monsanto sono definitive: l'azienda americana specializzata nella biotecnologia agricola è stata riconosciuta colpevole di condotta dannosa per molti diritti umani.

L'accusa è di crimini contro l'umanità e ecocidio, compresa l'immissione nell'ambiente di prodotti tossici che hanno causato la morte di migliaia di persone, come ad esempio bifenilipoliclorurati (PCB), il glifosato - usato come erbicida e commercializzato dalla multinazionale con il nome Roundup - o ancora l'acido 2,4,5-triclorofenossiacetico, che costituisce l' "agente arancio", un erbicida spruzzato dagli aerei dell'aviazione militare degli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam.

Rilasciato martedì 18 Aprile a L'Aia, nei Paesi Bassi, e giunto dopo sei mesi di lavoro, il parere "consultivo" della corte presieduta da Françoise Tulkens, ex giudice della Corte europea dei diritti dell'uomo, non prevede alcuna condanna nel senso giuridico del termine; non è infatti "legalmente vincolante", come indicato nel documento. "Nella sentenza non c'è dunque alcuna indicazione di "attore", nessun "pubblico ministero" e nessun "accusato" nel senso giuridico di questi termini

Sensibilizzare l'opinione pubblica e far avanzare i diritti
Il giudici del Tribunale internazionale Monsanto

Il Tribunale Monsanto è infatti un tribunale popolare, senza riconoscimento ufficiale, che ha lo scopo di allertare l'opinione pubblica e far crescere i diritti. Nel corso di due giorni, dal 16 al 18 ottobre 2016 a L'Aia, cinque giudici professionali (provenienti da Argentina, Belgio, Canada, Messico e Senegal) hanno ascoltato trenta testimonianze tra esperti, vittime ed avvocati. La Monsanto ha rifiutato di "costituirsi". 


Sei criticità sono state sottoposte al Tribunale ed il parere consultivo dei giudici non lascia spazio a dubbi sulle azioni della Monsanto. Le prime quattro questioni sono relative al rispetto del diritto ad un'ambiente sano, al cibo, al diritto alla salute e alla "libertà fondamentale della ricerca scientifica": il tribunale ritiene che la multinazionale contravvenga alle normative ed al rispetto dei diritti fondamentali.

"Monsanto è impegnata in pratiche che hanno gravi implicazioni per l'ambiente", sostengono i giudici. Attività che ledono, secondo loro, i diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali.

"Commercializzazione aggressiva di sementi OGM"

Anche il diritto al cibo e alla salute vengono sistematicamente violati. La corte attribuisce ciò, in particolare, "alla commercializzazione aggressiva di sementi OGM" che "costringe gli agricoltori ad adottare metodi di coltivazione che non rispettano le pratiche delle culture tradizionali". I cinque giudici hanno anche denunciato che le pratiche della Monsanto danneggiano la libertà di ricerca scientifica, nonchè "la libertà di espressione e il diritto di accesso alle informazioni".

Meno netto il giudizio sulle ultime due domande poste ai giudici. Per quanto riguarda la complicità in crimini di guerra, hanno ritenuto di "non essere in grado di raggiungere una conclusione definitiva". Tuttavia, riconoscendo la distruzione ambientale e i danni causati al popolo vietnamita, i giudici sostengono che poiché la Monsanto  "ha fornito mezzi per fare la guerra in Vietnam", "era consapevole dell'utilizzo che doveva essere fatto dei prodotti", nonché che "era in possesso di informazioni in merito ai loro effetti nocivi per la salute e per l'ambiente", l'ipotesi non può essere scartata.

La sentenza della corte è molto pesante: la conclusione è che, qualora il reato di ecocidio fosse ricompreso nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, introducendo "una quinta categoria di reati internazionali", potrebbe essere intentata anche un'azione giudiziaria in sede civile ed i giudici potrebbero decidere in merito agli atti di distruzione perpetrati in Vietnam.

Il riconoscimento del reato di ecocidio

L’aviazione militare americana scaricò oltre 43 milioni di litri di “agent orange” e 30 milioni di litri di altri erbicidi sulle giungle del Vietnam del Sud per stanare i Viet cong, privandoli del manto vegetale, e distruggere i raccolti
La Croce rossa vietnamita calcola che fino a 3 milioni di persone sono state colpite, tra i quali 150 mila bambini con malformazioni congenite 
Questa conclusione risponde anche all'ultima questione affrontata: il reato di ecocidio deve essere riconosciuto nel diritto penale internazionale. Ciò avrebbe permesso di giudicare le attività della Monsanto, sostengono i togati.

Questa tesi fu già  sollevata a Stoccolma  nel 1972 dal primo ministro svedese nel corso del suo discorso di apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente, proprio citando la guerra del Vietnam.

Da allora, il diritto ambientale è stato lentamente riconosciuto nelle legislazioni nazionale. La natura ha anche ottenuto l'esplicito riconoscimento di diritti in Ecuador, quando, nel 2008,  il governo ha conferito status giuridico di montagne, fiumi e terreni.

Il Tribunale Internazionale Monsanto vuole andare oltre: ritiene infatti che "è giunto il momento di proporre l'introduzione di un nuovo concetto giuridico relativo al reato di ecocidio e inserirlo con una modifica in una versione futura dello Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale." E i magistrati ricordano che nel 2016 "il procuratore della Corte penale internazionale ha annunciato che un particolare punto d'onore sarà il perseguimento dei colpevoli di reati (...) rivolti direttamente o indirettamente, tra gli altri, alla distruzione dell'ambiente (...)".

"Giudici e parti"

Ad ottobre 2016, la Monsanto aveva già ha espresso le proprie riserve su questo tribunale popolare, sostenendo che i giudici fossero di parte, e pertanto non avrebbe riconosciuto il valore delle sue conclusioni.

"Quest'iniziativa è stato orchestrato da un piccolo gruppo di oppositori alla Monsanto e alle tecnologie agricole, i quali sono organizzatori, giudici e parti lese. La corte ha negato l'esistenza di prove scientifiche e giurisprudenza consolidata per arrivare ad un verdetto predeterminato", ha dichiarato Brian Carroll, portavoce di Monsanto Europe. "Noi continueremo a lavorare con le organizzazioni e le legittime autorità di regolamentazione nelle varie regioni in cui operiamo e riaffermiamo il nostro impegno a trovare soluzioni alle sfide della fame, della sicurezza alimentare e al ruolo degli agricoltori per alimentare in modo sostenibile un mondo in cui la popolazione è in costante crescita".


Il fatto che la Monsanto abbia declinato l'invito del giudice Françoise Tulkens a recarsi a L'Aia nel mese di ottobre 2016, non ha reso meno autorevole la sentenza, ha sostenuto la Presidente del Tribunale. "Si tratta di un giudizio di diritto, non fondato sul contraddittorio tra entrambe le parti, in quanto siamo giunti alle nostre conclusioni sulla base di numerose relazioni e testimonianze che non sono state contraddette, fatti che non sono stati contestati. Spero che questo parere farà evolvere la giustizia internazionale", ha spiegato la signora Tulkens al quotidiano Le Monde.

"Ridefinire la gerarchia delle norme"

Secondo la Presidente, il documento, di una sessantina di pagine, permetterà di affermare il nuovo reato di ecocidio e di aiutare gli Stati a far rispettare meglio i diritti fondamentali, come il cibo, la salute, l'informazione, eccetera. "Gli Stati sottoscrivono testi, in abbondanza, e non vengono applicati; noi forse aiuteremo a comprenderne meglio la portata", afferma Françoise Tulkens.

Un altro obiettivo è stato avanzato da Arnaud Apoteker, del comitato organizzatore del Tribunale internazionale Monsanto: "Questa sentenza deve incoraggiare le vittime a usare argomentazioni giuridiche per perseguire Monsanto dinanzi ai giudici nazionali".

Tra le novità importanti che potrebbero derivare da tale parere consultivo, che a breve verrà notificato alle Nazioni Unite, alla Corte penale internazionale, al Comitato dei diritti dell'uomo nonché alla stessa Monsanto, c'è l'introduzione della responsabilità delle imprese rispetto ai reati contro l'ambiente. Fino ad oggi, infatti, in base allo Statuto della Corte penale internazionale, possono essere incriminate solo le persone fisiche per responsabilità individuali.

"Al diritto commerciale, alle regole del commercio mondiale, viene data priorità rispetto ai diritti umani e a quelli della natura. E' il momento di ridefinire la gerarchia delle norme", ritiene l'avvocato Valérie Cabanes, specializzato in diritto internazionale umanitario e dei diritti umani nonchè autore della pubblicazione Un nouveau droit pour la Terre  (Editions du Seuil, 2016).

pubblicato da Le Monde - traduzione a cura dei Gre Lazio