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venerdì 21 dicembre 2018

Ambiente, Roma ai piedi di Pilato!

Il TMB Salario andato a fuoco l'11 dicembre scorso

Chi aspettava la tempesta perfetta, è servito: l’incendio del TMB Salario ha al tempo stesso fatto esplodere un’altra bomba ecologica su Roma (un’altra perché Roma ha “diverse” criticità che i Gre Lazio denunciano da tempo, in primis i roghi tossici nei quadranti est e sud) ma anche messo a nudo l’inesistenza della gestione del ciclo dei rifiuti. Mentre toccherà alla magistratura provare a individuare un colpevole, mentre la politica continuerà il teatrino delle reciproche accuse e i continui scaricabarile, la nostra preoccupazione al termine di questo annus horribilis dal quanto di vista ambientale è duplice: gli effetti dell’incendio dell’impianto di AMA sulla salute e sull’ecosistema di Roma, e la soluzione alla catastrofe-rifiuti che ne seguirà inevitabilmente entro qualche giorno.

Sin dalle primissime ore di quel nefasto 11 dicembre, l’Arpa Lazio (l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente deputata, tra gli altri compiti, al controllo di fonti e di fattori di inquinamento) si è immediatamente adoperata per effettuare delle attività di campionamento dei microinquinanti che, tenuto conto dell’evoluzione dell’evento, sono state programmate su un arco temporale di 24 ore. Al fine di avere delle informazioni in tempi rapidi sullo spostamento della nube generata a seguito dell’incendio, l’Arpa ha verificato attraverso i modelli la direzione prevalente del vento a partire dalle prime ore di martedì 11 dicembre nonché verificato i dati rilevati dalle tre centraline della rete fissa di monitoraggio più vicine all’impianto Salario: Bufalotta, Villa Ada, e Francia.

Mentre parametri di biossido di azoto, monossido di carbonio, biossido di zolfo sono sostanzialmente in linea con i dati precedenti all’evento, il particolato (PM10) ne è stato sicuramente influenzato, con valori che si sono incrementati nel tempo e che nella zona di Villa Ada hanno sforato i limiti posti dal d.lgs. n.155/2010 (la norma per la qualità dell’aria ambiente): da un approfondimento sui dati rilevati da questa centralina, in particolare sono aumentati benzene e etilbenzene.

Ma ad allertare i romani, è stato sin da subito il forte odore acre che ha accompagnato la nube rossastra: tale molestia è pertanto da ascriversi ai numerosi composti chimici che si sono dispersi nell’aria a seguito dell’incendio, sebbene non ascrivibili agli inquinanti normalmente rilevati dall’Agenzia. Martedì 11, pertanto, Arpa ha installato due campionatori mobili: il primo a ridosso dell’impianto andato a fuoco, il secondo in un istituto sito a piazza Minucciano, scuola Piaget Majorana (ad 1 km dall’impianto). Se da un lato i metalli pesanti, presenti in atmosfera sotto forma di particolato aerotrasportato e per questo motivo misurati nelle polveri sospese, non hanno sforato i limiti di legge (previsti però solo per arsenico, cadmio, nichel e piombo) in nessuno dei due campionatori, i valori degli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) sono stati particolarmente elevati ed in particolare quello del benzo(a)pirene, l’unico fissato dal d.lgs. n.155/2010.

Elaborazione GRE Lazio su dati diffusi da Arpa Lazio
A destare preoccupazione è però il dato rilevato per le diossine, i furani ed i policlorobifenili (PCB), soprattutto in prossimità dell’impianto, che hanno iniziato a decrescere solo venerdì 14 perché ormai dispersi in aria; per quanto riguarda le diossine non esiste un riferimento normativo in aria ambiente, e pertanto ci si riferisce ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel documento Guidelines for Europe 2000 stima le concentrazioni di tossicità equivalente (TEQ) in ambiente urbano di diossine e furani ad un livello pari a circa 100 fg/m3. 

Sebbene l’andamento dei valori di diossine e furani potrebbe essere riconducibile alla consistente presenza di aerosol dovuto all’acqua utilizzata per lo spegnimento dell’incendio e alla ricaduta a terra delle polveri dovuta all’abbassamento delle temperature di emissione e quindi alla riduzione della spinta verso l’alto delle polveri stesse, i valori di diossina e furani misurati presso la scuola il giorno 12 dicembre (campionatore basso volume) nonché quelli rilevati a Villa Ada i giorni 11 e 12 dicembre sono risultati dello stesso ordine di grandezza del valore guida definito dal WHO. I valori di diossina e furani misurati presso la scuola il giorno 13 dicembre (campionatore basso volume) sono risultati invece inferiori al valore guida definito dall’OMS. Anche per i policlorobifenili (PCB) non esistono valori di riferimento: tuttavia, l’Arpa ha rilevato un valore dei PCBs totali relativo al campione di martedì 11 dicembre di gran lunga superiore ai valori misurati in seguito agli incendi in cui è intervenuta negli ultimi anni, come ad esempio quello che ha interessato lo stabilimento Eco X di Pomezia il 5 e 6 maggio 2017.
Il possibile fall-out secondo Arpa Lazio (previsioni al 19 dicembre)

Infine l’Arpa Lazio ha anche operato una primissima simulazione delle aree di massima potenziale ricaduta degli inquinanti al suolo (senza alcuna informazione legata alla concentrazione), tendenzialmente individuate nella zona verso Ponte Milvio, Balduina, Boccea, Aurelia e comunque in direzione del quadrante ovest sud-ovest. 

Questo per quanto riguarda il drammatico inquinamento. Ma veniamo al secondo problema che rischia di affliggere la martoriata Roma durante le festività natalizie, quando storicamente si è sempre registrata qualche difficoltà nella raccolta a causa dell’aumento della produzione di rifiuti nonché delle maggiori turnazioni tra i dipendenti. Il sempre contestatissimo TMB Salario lavorava circa 400 tonnellate di rifiuti al giorno: se non si individuerà velocemente una soluzione, una mole enorme di scarti rischia di restare quindi per terra.  


Discarica e tmb di Malagrotta viste da Google Maps
Il Campidoglio ha ipotizzato diverse soluzioni, oltre al rinnovo la convenzione con l’Abruzzo, relative all’aumento della capacità di trattamento dei TMB privati presenti sul territorio laziale: a iniziare dai due impianti di Malagrotta (del Consorzio Colari, ma in relazione al presunto malfunzionamento dei quali tra il 2006 e il 2013 la Procura ha appena chiesto il rinvio a giudizio per l’ex patron Manlio Cerroni e altre sei persone), quello di Colfelice (della SAF), Casale Bussi a Viterbo (della Ecologia Viterbo) e Aprilia (della RIDA). Come era ovvio, tuttavia, nei vari territori ci sono anche vere e proprie levate di scudi: il sindaco di Aprilia Antonio Terra, ad esempio, si è detto contrario all’accoglimento dei rifiuti della Capitale nell’impianto di RIDA di Campoverde, che dovrebbe assorbire 300 tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno per sei mesi, cioè fino al 30 aprile 2019. Ma comunque sussisterebbe il problema degli scarti di lavorazione di tale impianto e del tmb di Colfelice, che la Regione Lazio ha ipotizzato di portare nella discarica di Colle Fagiolara a Colleferro (gestita da Lazio Ambiente, una società controllata dalla Regione stessa) che però dovrà chiudere definitivamente i battenti a fine 2019 e contro l’ampliamento della quale si è già espresso categoricamente il sindaco di Colleferro Pierluigi Sanna.



Poi ci sono le soluzioni fuori regione, seppur iniziano a fioccare i dinieghi: come quello della A2A di Brescia, che già riceve dal Lazio poco meno di 35mila tonnellate l’anno di rifiuti, ma ritiene ormai saturo il termoutilizzatore di Brescia. O quello della Regione Toscana, che dopo una disponibilità iniziale ha precisato che nei propri impianti non c’è più spazio. Trattativa in corso con l’Abruzzo, invece, mentre il Piemonte aspetta ancora una richiesta ufficiale.

Quello che però continua a mancare da parte di Roma Capitale è una programmazione seria e coraggiosa, continuando a procedere in maniera insensata e sconnessa.