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venerdì 10 luglio 2020

Tevere: individuata la causa della nuova moria di pesci, tocca trovare il colpevole

In relazione alla nuova moria di pesci che si è verificata nel fiume Tevere a Roma il 5 luglio scorso, l’ARPA Lazio è subito intervenuta per un primo campionamento nei pressi di Ponte Vittorio Emanuele già nel pomeriggio di domenica 5 luglio ed è poi tornata sul posto lunedì 6 luglio per un sopralluogo più approfondito assieme al personale della ASL RM1 e alla Polizia di Roma Capitale; nel corso del sopralluogo è stato prelevato un secondo campione all'altezza di Ponte Umberto. 

Le analisi chimiche e microbiologiche sono effettuate dai laboratori di Roma dell’Agenzia. Nelle tabelle seguenti sono riportati i risultati parziali delle analisi relative a entrambi i campioni.



Per quanto concerne il campione prelevato il 5 luglio (quindi quello temporalmente più prossimo all’evento), i risultati analitici parziali, relativi principalmente ai parametri chimici di base e microbiologici, hanno evidenziato una concentrazione notevolmente elevata dei nutrienti dell’azoto (principalmente ammoniaca) e del fosforo (principalmente ortofosfato). Notevole è anche la presenza di materiale in sospensione, del COD e dell’indicatore microbiologico di contaminazione fecale Escherichia coli. Tali valori sono nettamente più elevati di quelli generalmente riscontrati durante il monitoraggio delle acque superficiali condotto nel 2019 presso le stazioni del fiume Tevere F4.06 (Ripetta) e F4.62 (Marina di Roma). Viceversa, i valori analitici parziali riscontrati nel campione prelevato il 6 luglio sono notevolmente più bassi rispetto a quelli riscontrati il giorno precedente e sono più in linea con quelli generalmente riscontrati durante le attività di monitoraggio. 

I dati fin qui analizzati danno conto di un notevole carico organico – secondo ARPA potenzialmente legato alle forti precipitazioni verosimilmente intervenute il 4 luglio 2020 – che ha interessato il Tevere, con l’innesco di possibili fenomeni di anossia. Questo fenomeno è anche suggerito dalla relativamente bassa percentuale di ossigeno disciolto, rilevata il 6 luglio nella stazione F4.62 (Marina di Roma, ricadente nella parte finale del corso del fiume) durante le ordinarie attività di monitoraggio. ARPA Lazio precisa che tali considerazioni qui riportate sono solo ipotetiche e che valutazioni più complete saranno possibili solo alla conclusione delle attività analitiche ancora in corso.

A nostra avviso, tuttavia, il carico organico può solo parzialmente giustificare quanto accaduto ed andrebbe invece indagata la notevole presenza di ammoniaca, ortofosfati e COD, indirizzandola soprattutto verso gli scarichi (sia di impianti che non). 

Il COD ad esempio, indica la domanda chimica di ossigeno e valuta il grado di inquinamento mediante l'ossidazione chimica (anzichè biologica) dei composti presenti nelle acque con una soluzione di bicromato di potassio: poichè si tratta di un'analisi chimica, questo test misura anche le sostanze non biodegradabili che non sono determinate con altri tipi di analisi. 

L'ammoniaca, invece, può essere un composto dell'azoto, mentre gli ortofosfati indicano la presenza di fosforo, individuato convertendo mediante idrolisi acida i polifosfati e i fosfati precipitati, poi determinati con metodo colorimetrico. Fosforo ed azoto si definiscono "nutrienti" perché indispensabili alla crescita sia di molti organismi unicellulari, sia di vegetali pluricellulari: affinché si abbia anossia in un corpo d'acqua a enorme ricambio come è il Tevere, la quantità riversata deve necessariamente essere stata considerevole.