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giovedì 17 gennaio 2019

Demanio e lidi, le Regioni non hanno competenze

Roma, il lungomare di Ostia visto da Google Maps
Ancora un pronunciamento da parte della Corte Costituzionale, che il 9 gennaio ha ribadito, in un giudizio promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri contro la Regione Liguria relativamente alla Legge Regionale 26/2017 (Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative), che la tutela dell’affidamento degli operatori balneari riguarda una sfera di competenza riservata in via esclusiva alla legislazione statale, alla quale unicamente spetta disciplinare in modo uniforme le modalità e i limiti della tutela dell’affidamento dei titolari delle concessioni già in essere nelle procedure di selezione per il rilascio di nuove concessioni, per la ragione, appunto, che la tutela di tale affidamento incide sui criteri e le modalità di affidamento delle concessioni su beni del demanio marittimo, i quali devono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, e corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

Una sentenza che per la seconda volta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una norma della Regione Liguria (era già accaduto con la sentenza n.171/2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale  dell’art. 1 della l.r. Liguria n. 24/2012, nella parte relativa ad altra fattispecie di proroga automatica di concessioni del demanio marittimo) e che giunge proprio mentre in Parlamento sembrebbe essere stato raggiunto un accordo politico per sospendere per altri 15 anni gli effetti della cosiddetta direttiva Bolkestein sugli stabilimenti balneari: un tale provvedimento, tuttavia, significherebbe quasi sicuramente l'apertura di una nuova procedura di infrazione a carico dell'Italia, ed inoltre potrebbe scatenare un pesante contenzioso a carico di quei gestori i cui stabilimenti dovessero trovarsi in comuni intenzionati a procedere alla riassegnazione delle concessioni a mezzo gara pubblica in forza di una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 14 luglio 2016.

Ma leggiamo la sentenza n.1 della Corte Costituzionale del 9 gennaio 2019.




 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE


composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI

Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 10 novembre 2017, n. 26 (Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la notifica il 15 gennaio 2018, depositato in cancelleria il 23 gennaio 2018, iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;

udito nella udienza pubblica del 20 novembre 2018 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Lorenzo Cuocolo per la Regione Liguria.

Ritenuto in fatto

1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha proposto, in via principale, questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 2, e 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 10 novembre 2017, n. 26 (Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative), denunciandone il contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), della Costituzione.

1.1.– Secondo il ricorrente, l’art. 2, comma 2, della legge impugnata – il quale stabilisce che «[a]lle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico ricreative è riconosciuta l’estensione della durata della concessione di trenta anni dalla data di entrata in vigore della presente legge» – violerebbe:

a) l’art. 117, primo comma, Cost. – in relazione all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e all’art. 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, recepita dall’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) – in quanto, attribuendo una «indiscriminata» proroga di trenta anni in favore dei concessionari uscenti e non consentendo neppure di discernere tra situazioni di interesse transfrontaliero e situazioni che ne siano prive, determinerebbe «una ingiustificata e insuperabile barriera all’ingresso dei nuovi entranti nel mercato», senza che possa neppure invocarsi una «situazione di legittimo affidamento nel quale verserebbero i concessionari uscenti» stessi;

b) l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, contrastando «con l’esigenza di garantire la parità di trattamento e l’uniformità delle condizioni del mercato sull’intero territorio nazionale» e dovendo essere pur sempre la legge statale «a stabilire se tutelare il legittimo affidamento dei concessionari, in quali casi farlo, in quale misura e con quali forme».

Da ciò conseguendo l’illegittimità costituzionale anche dei commi 1 e 3 dello stesso art. 2, nella parte in cui, rispettivamente, si dispone «che è tutelato il legittimo affidamento del concessionario con la conservazione del diritto alla continuità aziendale» e si demanda ai Comuni di comunicare, ai titolari delle concessioni demaniali, «l’estensione della durata della concessione demaniale per trenta anni».

1.2.– A sua volta, il successivo art. 4, comma 1, della medesima legge regionale – per il quale «la durata della nuova concessione demaniale marittima non deve limitare la libera concorrenza oltre il tempo necessario a garantire l’ammortamento degli investimenti materiali e immateriali, nonché un’equa remunerazione dei capitali investiti», e «[i]n ogni caso la durata della concessione per finalità turistico ricreative non può essere inferiore a venti anni e superiore a trenta anni» – violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, giacché «l’elemento della durata minima o massima delle concessioni è aspetto in grado di incidere sulla concorrenza e sulle condizioni di mercato».

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Liguria, chiedendo la reiezione del ricorso.

2.1.– Quanto alla dedotta violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. ad opera dell’art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 26 del 2017, la resistente sostiene che la proroga automatica delle concessioni in atto, ivi prevista, non contrasterebbe con l’art. 49 TFUE, né con l’art. 12 della “direttiva servizi”, avendo carattere solo temporaneo e non limitativo della «partecipazione delle imprese, nazionali o meno, alle procedure di selezione che si terranno in futuro, una volta che il Legislatore nazionale avrà provveduto […] a revisionare il quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative». Diversamente, soggiunge la Regione, si verrebbe a creare un vuoto normativo in vista della scadenza delle concessioni fissata normativamente al 31 dicembre 2020, «lasciando gli operatori nella più assoluta incertezza» (anche sul piano della tutela degli attuali livelli occupazionali) e con lesione, quindi, dei principi dell’affidamento e della certezza del diritto, che, invece, sarebbero garantiti dalla disciplina regionale impugnata con il ricorso.

2.2.– In riferimento alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. da parte di entrambe le disposizioni denunciate (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1), la difesa regionale osserva poi che l’art. 84 del d.lgs. n. 59 del 2010 prevede una «clausola di cedevolezza», per cui le disposizioni del medesimo decreto legislativo, «nella misura in cui incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di competenza concorrente», trovano applicazione «fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione della direttiva 2006/123/CE adottata da ciascuna Regione e Provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto».

Le disposizioni censurate, in ambiti non riservati esclusivamente alla potestà legislativa statale, avrebbero dato «attuazione alla normativa europea» e «affidamento alle imprese e agli investitori», in tal modo colmando in via transitoria e in attesa dell’intervento congiunto Stato-Regioni di riordino della materia, un «vuoto normativo», così da potersi ascrivere al principio di «cedevolezza invertita», di cui alla sentenza n. 398 del 2006 di questa Corte.

3.–. In prossimità della pubblica udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri e la Regione Liguria hanno anche depositato memorie illustrative.

3.1.– A confutazione delle difese regionali, il ricorrente sostiene che l’asserita temporaneità della proroga non emergerebbe dal tenore letterale dell’art. 2, comma 2, denunciato e sarebbe, comunque, contraddetta, sia da un «termine di proroga fisso», sia dalla previsione del successivo comma 3, «che demanda ai Comuni di comunicare ai titolari delle concessioni demaniali di cui al comma 2 l’estensione della durata della concessione demaniale per trenta anni»; che neppure potrebbe invocarsi la tutela dell’affidamento e la certezza del diritto degli operatori balneari, giacché, incidendo una tale tutela sui criteri e sulle modalità di affidamento delle concessioni dei beni del demanio marittimo, la relativa disciplina spetterebbe, comunque, alla legislazione esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., come del resto ribadito dalla sentenza n. 118 del 2018 di questa Corte; che non sarebbe, inoltre, congruente il richiamo alla clausola di cedevolezza di cui all’art. 84 del d.lgs. n. 59 del 2010, poiché il relativo ambito di applicazione riguarderebbe solo le materie di competenza esclusiva regionale e di competenza concorrente, consentendo tal clausola allo Stato di attrarre in sussidiarietà, sia pure in via interinale, competenze regionali, ma non già alle Regioni di intervenire sull’intera materia regolata dalla direttiva; che, infine, anche il principio della «cedevolezza inversa», invocato dalla resistente, oltre a fondarsi su un preteso «vuoto normativo» invero inesistente (trovandosi nella legislazione statale «i principi che devono attualmente regolare l’affidamento dei beni del demanio marittimo, ferma restando, ovviamente, la facoltà del legislatore statale di riordinare la materia»), potrebbe valere semmai (giacché la legge regionale impugnata comunque «non attua il diritto dell’Unione europea, ma lo viola») soltanto per «l’esercizio di competenze originarie della regione, residuali o anche concorrenti», ma non per invadere una competenza esclusiva statale, quale quella in materia di tutela della concorrenza.

3.2.– La resistente sottolinea, a sua volta, come precipua finalità della disciplina impugnata sia quella di «preservare la certezza del diritto a fronte di un contesto normativo che, a livello statale, è caratterizzato da assoluta incertezza» e sostiene che, proprio in ragione di questa finalità, la disciplina stessa risulti in linea con la giurisprudenza europea, per la quale il principio della certezza del diritto si impone anche alle autorità nazionali incaricate di applicare il diritto dell’Unione.

L’intervento regionale limitativo della libera circolazione dei servizi sarebbe, quindi, giustificato da un «motivo di interesse generale» (quale, appunto, l’esigenza di certezza del diritto), nel rispetto del requisito della proporzionalità (trattandosi di normativa con carattere di “cedevolezza”), e garantirebbe la continuità di rapporti giuridici, a tutela dell’interesse (privato) dei concessionari alla valorizzazione dei propri investimenti e dell’interesse (pubblico) alla conservazione della funzione di presidio sociale e territoriale che la presenza degli stabilimenti balneari adempie nei comuni costieri.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia gli artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 10 novembre 2017, n. 26 (Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative), per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione – in relazione all’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e all’art. 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, recepita dall’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) – e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

2.– La legge regionale, oggetto in parte qua della odierna impugnativa, si inserisce in una articolata cornice normativa segnata da una sequenza di interventi del legislatore statale che hanno, alternativamente, dato e tratto causa da procedure di infrazione Corte di giustizia dell’Unione europea.

2.1.– Risale al febbraio 2009 l’avvio, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione (n. 2008/4908) contro l’Italia in ragione del ritenuto regime preferenziale riservato al concessionario uscente quanto al meccanismo di attribuzione delle concessioni demaniali marittime, come regolato dell’art. 37 del regio decreto 30 marzo 1942 n. 327 (codice della navigazione) e dall’art. 01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, rispettivamente prevedenti il cosiddetto diritto di insistenza di quel concessionario e il rinnovo automatico delle concessioni sessennali.

Tale procedura d’infrazione – attivata dapprima in base all’art. 43 del Trattato CE (ora art. 49 del TFUE) e continuata anche in forza dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, cosiddetta “direttiva Bolkestein” o “direttiva servizi” – si concluse a seguito dell’emanazione dell’art. 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010), che eliminò ogni rinvio al regime del rinnovo automatico delle concessioni.

2.2.– La delega per il riordino della normativa concernente le concessioni demaniali marittime, recata dal comma 2 dello stesso citato art. 11, non venne però esercitata e con l’art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, il termine di durata delle anzidette concessioni a uso turistico ricreativo – in scadenza al 31 dicembre 2015, in virtù della legge 26 febbraio 2010, n. 25, di conversione, con modificazioni, dell’art. 1, comma 18, del decreto-legge 301 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative) – veniva «prorogato fino al 31 dicembre 2020».

2.3. – Quella proroga ope legis diede luogo a rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea, decisi con la sentenza del 14 luglio 2016, nelle cause riunite C-458/14 (Promoimpresa srl) e C-67/15 (Mario Melis e altri), la quale, oltre a confermare che le concessioni demaniali marittime rientrano, in linea di principio, nel campo di applicazione dell’art. 12 della “direttiva servizi”, ha ritenuto: che tali concessioni possano essere qualificate come «autorizzazioni»; che le concessioni aventi un «interesse transfrontaliero certo» debbano essere affidate nel rispetto delle regole del TFUE e del principio di non discriminazione; e che una disparità di trattamento tra concessionari esistenti e coloro che aspirano alla concessione può trovare giustificazione, a determinate condizioni, in base a «motivi imperativi di interesse generale, in particolare dalla necessità di rispettare il principio della certezza del diritto».

2.4. – Alla sentenza “Promoimpresa srl” – che, in sostanza, chiariva che era passibile di disapplicazione la proroga al 2020 delle concessioni esistenti, disposta dall’art. 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 – ha fatto seguito l’emanazione della legge 7 agosto 2016, n. 160, di conversione del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio), il cui art. 24, comma 3-septies, dispone che «[n]elle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25».

2.5.– Il successivo progetto di legge di riordino, presentato dal Governo il 15 febbraio 2017, è, però, decaduto con la conclusione della XVII Legislatura.

3.– In questo contesto interviene la legge della Regione Liguria n. 26 del 10 novembre 2017, il cui obiettivo – come esplicitato dal comma 2 del suo art. 1 – è quello di stabilire «adeguate garanzie per la conservazione del diritto alla continuità delle concessioni in atto». E ciò al fine di «tutelare l’organizzazione sociale delle aree costiere», di «garantire la continuità aziendale delle attività che operano sulla base di un titolo concessorio attualmente vigente», di «assicurare la tutela del legittimo affidamento dei titolari di concessioni demaniali attualmente operanti in forza dei rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del d.l. 194 del 2009 convertito dalla legge 25 del 2010» e, infine, di «mantenere il livello attuale di presidio delle aree demaniali marittime nelle more dell’entrata in vigore della nuova disciplina».

3.1.– A queste finalità rispondono, appunto, le disposizioni denunciate.

L’art. 2, rubricato «Concessioni demaniali vigenti» – dopo aver previsto, al comma 1, la tutela del «principio del legittimo affidamento delle imprese balneari titolari di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo, in essere ovvero rilasciate anteriormente al 31 dicembre 2009, con la conservazione del diritto alla continuità aziendale» – stabilisce, al comma 2 censurato, che «[a]lle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico ricreative attualmente vigenti, è riconosciuta l’estensione della durata della concessione di trenta anni dalla data di entrata in vigore della presente legge».

L’art. 4, rubricato «Durata della concessione demaniale marittima», stabilisce, al comma 1 denunciato, che «[l]a durata della nuova concessione demaniale marittima non deve limitare la libera concorrenza oltre il tempo necessario a garantire l’ammortamento degli investimenti materiali e immateriali, nonché un’equa remunerazione dei capitali investiti. In ogni caso la durata della concessione per finalità turistico ricreative non può essere inferiore a venti anni e superiore a trenta anni».

4.– Il contrasto dell’art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 26 del 2017 con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost. consegue, secondo il ricorrente, alla «ingiustificata e insuperabile barriera all’ingresso dei nuovi entranti nel mercato», alla quale – senza neppure distinguere tra situazioni di interesse transfrontaliero e situazioni che ne siano prive – darebbe appunto luogo l’«indiscriminata» proroga di trenta anni delle concessioni in atto, quale disposta dalla norma censurata.

La Regione, nel contestare tale prospettazione, sostiene che la disposizione censurata sia, viceversa, compatibile con i parametri costituzionali in riferimento ad essa evocati. E ciò in ragione del suo carattere temporaneo e della sua finalità di tutela dell’affidamento e della certezza del diritto nei confronti degli operatori liguri.

Detta disposizione non invaderebbe, pertanto, la sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, attenendo propriamente ad ambiti riservati alla legge regionale, quali sono gli interventi che, pur interferendo con la predetta materia, siano come nella specie «sintonizzati sulla realtà produttiva regionale».

La resistente richiama, quindi, al riguardo la «clausola di cedevolezza» prevista, dal legislatore statale, all’art. 84 del d.lgs. n. 59 del 2010 (di recepimento della “direttiva servizi”) e, in prospettiva rovesciata, sostiene che l’intervento della legge regionale avrebbe «colmato – seppur in via transitoria, e cioè fino al complessivo riordino della normativa ad opera di un intervento congiunto Stato-Regioni – un “vuoto normativo”. Ciò con il duplice effetto di dare attuazione alla normativa europea e di dare affidamento alle imprese e agli investitori, altrimenti lasciati nell’incertezza dall’inerzia del legislatore statale».

4.1.– La questione relativa all’art. 2, comma 2, dell’impugnata legge regionale è fondata, in relazione al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., restando assorbito ogni altro profilo di censura.

4.1.1.– L’enunciata finalità di tutelare, relativamente alla Regione Liguria, l’affidamento e la certezza del diritto degli operatori locali, non vale ad escludere il vulnus arrecato dalla disposizione in esame alla competenza esclusiva dello Stato, in materia di tutela della concorrenza.

Come, infatti, anche di recente ribadito dalla sentenza n. 118 del 2018 (in linea con le precedenti sentenze n. 157 e n. 40 del 2017), la tutela dell’affidamento degli operatori balneari riguarda una «sfera di competenza riservata in via esclusiva alla legislazione statale, alla quale unicamente spetta disciplinare in modo uniforme le modalità e i limiti della tutela dell’affidamento dei titolari delle concessioni già in essere nelle procedure di selezione per il rilascio di nuove concessioni», per la ragione, appunto, che la tutela di tale affidamento incide sui «criteri e le modalità di affidamento delle concessioni su beni del demanio marittimo», i quali «devono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, e corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.».

Ciò che, del resto, è stato da questa Corte già sottolineato, con la sentenza n. 171 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 30 luglio 2012, n. 24 della medesima Regione Liguria, recante «Modifica della legge regionale 28 aprile 1999, n. 13 (Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell’ambiente marino e costiero demanio marittimo e porti) per la salvaguardia dei litorali erosi dalle mareggiate», nella parte relativa ad altra fattispecie di proroga automatica di concessioni del demanio marittimo.

4.1.2.‒ Non vale, d’altra parte, evocare concorrenti competenze regionali, indotte dalla natura prettamente locale della realtà sulla quale interviene la legge reg. Liguria n. 26 del 2017, poiché il mercato delle concessioni balneari non ha dimensione solo locale, ma rilievo potenzialmente transfrontaliero (tanto da interessare le competenze dell’Unione europea, che appunto sono impegnate sul presupposto che l’offerta di una concessione balneare possa intercettare l’interesse di un operatore stabilito in altro Stato membro).

4.1.3.– Né maggior pregio ha, infine, l’argomento della resistente che fa leva sulla «clausola di cedevolezza», di cui all’art. 84 del d.lgs. n. 59 del 2010, giacché l’ambito di applicazione di tale clausola attiene alle materie di competenza esclusiva regionale e a quelle di competenza concorrente. Competenze, queste, che – al fine di assicurare il tempestivo recepimento della direttiva 2006/123/CE – lo Stato può “attrarre in sussidiarietà” nelle more del loro esercizio da parte delle Regioni, senza, però, che la previsione della clausola consenta, poi, alle Regioni di intervenire sull’intera materia regolata dalla direttiva e, quindi, anche in ordine a suoi contenuti o profili che attengano alla competenza esclusiva del legislatore statale.

Il che vale anche nella prospettiva della cosiddetta “cedevolezza invertita”, poiché l’intervento che il legislatore regionale può anticipare nell’inerzia del legislatore statale attiene pur sempre (e soltanto) a materie di competenza concorrente della Regione. Ed invero la sentenza n. 398 del 2006 – dalla quale la resistente ritiene di evincere un tale (inespresso) speculare principio di cedevolezza − afferma bensì «[l]a legittimità dell’intervento legislativo di una Regione in funzione [immediatamente] attuativa di una direttiva comunitaria», ma contestualmente precisa che tale intervento dipende «dalla sua inerenza ad una materia attribuita alla potestà legislativa regionale».

4.1.4.– Da qui, dunque, l’illegittimità costituzionale dell’esaminato art. 2, comma 2, della legge reg. Liguria n. 26 del 2017, che coinvolge, nella correlativa declaratoria, anche le connesse disposizioni di cui al comma 1 (che fissa l’ambito di operatività della proroga ex lege) e al comma 3 del medesimo art. 2 (che demanda, come detto, ai Comuni di comunicare l’estensione della durata della concessione ai rispettivi titolari).

5.– Alla stregua delle considerazioni che precedono, risulta fondata anche la questione di legittimità costituzionale del successivo art. 4, comma 1, della legge reg. Liguria n. 26 del 2017, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

La fissazione, ivi disposta, di una durata minima (20 anni) e massima (30 anni) delle “nuove” concessione demaniali viene a disciplinare, infatti, un oggetto – la durata, appunto, dell’affidamento in concessione – che è riservato alla competenza dello Stato in materia di tutela della concorrenza. E su tale materia incide, per di più, in modo particolarmente accentuato, in ragione della eccessiva estensione della durata delle concessioni in atto, poiché, anche alla luce del diritto europeo, «durate eccessive stimolano gestioni inefficienti» (sentenza n. 176 del 2018).

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 2 e 3, e dell’art. 4, comma 1, della legge Regione Liguria 10 novembre 2017, n. 26 (Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 gennaio 2019.