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venerdì 17 gennaio 2020

Biomasse legnose, la pericolosità per la salute

Una ricerca pubblicata sul Lancet, estesa a livello mondiale negli ambienti urbani e rurali, ha stimato in circa 4,2 milioni ogni anno le morti premature dovute all’inquinamento atmosferico, principalmente a causa del PM2,5. Secondo gli autori, la maggior parte delle morti premature avvengono in Asia (soprattutto in India e Cina) e sono dovute all’inquinamento causato dalla combustione di residui fossili (carbone); tuttavia, vi sono importanti emissioni dannose anche negli Stati Uniti e in Europa, soprattutto a causa del traffico veicolare, della produzione energetica e industriale e delle attività agricole.
 
A settembre 2019, il dott. Ugo Corrieri, Coordinatore di ISDE-Medici per l'Ambiente per il Centro Italia, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Epidemiologia e Prevenzione lo studio "Le biomasse legnose non sono vere energie rinnovabili e il loro uso causa gravi effetti sulla salute": basandosi essenzialmente su dati ufficiali forniti dall’Agenzia ambientale europea (EEA), dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dal Gestore servizi energetici (GSE, società integralmente controllata dal Ministero italiano dell’economia), lo studio ha inteso mostrare come in Italia sia grande l’impatto sulla salute della popolazione dovuto alle emissioni di PM2,5 da parte della combustione di tutte le biomasse legnose, e come una parte non trascurabile di questo impatto sia dovuta alle centrali a biomasse incentivate con denaro pubblico per la produzione di energia elettrica. Si analizzano, inoltre, altri problemi che le biomasse causano all’ambiente e alla salute umana.

Ringraziamo il dott. Ugo Corrieri per averci inviato il seguente prezioso stralcio del suo studio (che ci sentiamo di condividere in toto), autorizzandoci alla divulgazione dello stesso:


1) le Biomasse sono gravemente climalteranti: per ogni kW ora di elettricità prodotta con biomasse legnose viene emessa 1,5 volte la CO2 emessa col carbone e 3 volte la CO2 emessa con gas naturale. Tale CO2 viene emessa in pochi secondi bruciando un albero di 100 anni e occorreranno altri 100 anni perché un nuovo albero (sempre che venga piantato!), crescendo, la assorba. E noi questo tempo non lo abbiamo: proseguendo con questo aumento, tra 100 anni le emissioni di CO2 avranno reso impossibile la vita umana sulla terra. Soprattutto, secondo il rapporto dell’8.10.2018, redatto a Incheon (Corea del Sud) dall’Intergovernmental Panel for Climate Change, IPCC (Gruppo Intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), frutto di due anni di lavoro di 91 ricercatori di 44 paesi che hanno esaminato 6.000 studi e valutato 42.000 dichiarazioni di colleghi e governi, il riscaldamento globale supererà la soglia di +1,5 gradi nel 2030. Quindi sono disponibili solo pochi anni per invertire la tendenza e per diminuire significativamente le quantità di CO2 emesse in atmosfera non dobbiamo più bruciare combustibili fossili, e in primo luogo le biomasse legnose, che ne emettono più degli altri!
Oltre alle emissioni dirette della combustione, vi sono ulteriori importanti emissioni dovute al taglio e trasporto a distanza delle biomasse.
Infine, gli accordi internazionali prevedono che la biomassa importata per la combustione non venga conteggiata nel bilancio delle emissioni del paese importatore e ciò aggrava notevolmente il bilancio effettivo della CO2 emessa dalle nostre centrali.

2) soprattutto, le biomasse uccidono circa 20.000 italiani ogni anno. Il calcolo è semplice e preciso: l’Agenzia Ambientale Europea-EEA (Air Quality in Europe, Report 2018) attribuisce all’Italia (dati riferiti al 2015) 60600 morti precoci ogni anno per il PM2,5 atmosferico. Secondo ISPRA, circa la metà del PM2,5 è secondario e circa la metà è primario emissivo e sempre secondo ISPRA oltre il 68% del PM2,5 primario emissivo è emesso dalla combustione di tutte le biomasse solide (dalle stufe alle centrali). Le biomasse, quindi, causano con certezza circa 20.000 morti precoci ogni anno. Ci sono poi malattie e morti in più, difficili da stimare come numero, dovute alle emissioni di diossina e furani, mercurio, arsenico, IPA ecc. che vengono emessi bruciando legno. Una parte di queste morti precoci sono dovute alle emissioni di PM2,5 delle centrali a biomasse direttamente incentivate con denaro pubblico dal GSE (causando come minimo circa 1500 morti/anno), ma di fatto tutta la combustione del legno viene incentivata in vari modi (IVA agevolata ecc.) e ciò è assolutamente inammissibile. I dati sono costanti: ad esempio, l’Air Quality in Europe, Report 2019, da poco uscito, certifica una lieve diminuzione, cioè 58600 morti precoci/anno in Italia per PM2,5 (dati riferiti al 2016), ma ISPRA, che è avanti un anno rispetto all’EEA, nel suo “Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera 1990-2017, Informative Inventory Report 2019”, anch’esso da poco uscito, certifica che nel 2017 vi è stato un aumento del PM2,5 emissivo in atmosfera, totalmente dovuto alle emissioni delle biomasse, che sono incrementate del 9,4% ripeto al 2016, e di conseguenza si può prevedere che le morti precoci stimate per il PM2,5, nel prossimo Report EEA che sarà riferito al 2017, nuovamente per l’Italia aumenteranno.
Non è ammissibile che per le pressioni delle “lobby del legno”, cioè di AIEL (le industrie che producono plettes, caldaie, centrali a Biomasse ecc.) e degli Agronomi che traggono lauti guadagni dai progetti di taglio degli alberi, lo Stato Italiano debba incentivare la combustione del legno che uccide, dati alla mano, ogni anno oltre 20.000 suoi cittadini: quando ad esempio l’uso del gas naturale, che produce 2.000 volte meno pm2,5, produrrebbe 2.000 volte meno morti precoci, cioè 10 (dieci) morti/anno anziché ventimila!
Ed è parimenti inammissibile che la Società pubblica partecipata “Ricerca Sistema Energetico, RSE S.p.A.”, in data 25/11/2019 su un dossier concernente “Energia delle Biomasse legnose” possa impunemente sostenere tesi opposte alle concordi evidenze scientifiche affermando a) che le emissioni di CO2 delle biomasse siano “del tutto equivalenti al fotovoltaico (clamoroso falso, come vedasi sopra); b) che le emissioni di particolato siano drasticamente ridotte dai filtri a maniche (è vero l’opposto: ISPRA, nell’Italian Emission Inventory 1990-2017: Informative Inventory Report 2019 riferito alle emissioni 2017, da poco pubblicato, mostra come nel settore M2, composto al 99% dalla combustione di tutte le biomasse legnose, le emissioni di PM2,5 siano aumentate di quasi il 10% rispetto al 2016 e direttamente, sempre ISPRA ha comunicato come il fattore di emissione attuale delle biomasse legnose sia 388 g di PM2,5 per ogni Gj di energia prodotto (312g/Gj le centrali a biomasse), a conferma del fatto, anch’esso scientificamente verificato, che le dimensioni delle polveri sottili emesse dal legno siano dell’ordine della nanoparticelle (diametro dell’elica del DNA), che nessun filtro è in grado di trattenere. Non è possibile che interessi economici debbano portare ad affermazioni false da parte di società partecipate dallo Stato, tacendo inammissibili rischi per la vita delle persone!

3) Senza incentivi, produrre energie da biomasse può essere antieconomico e l’energia utilizzata può addirittura superare l’energia prodotta! Lo dimostrano vari studi che riporto nel mio articolo allegato.

4) Le biomasse comportano rischi di incendi e di infiltrazioni mafiose. Secondo il Procuratore di Cosenza Mario Spagnuolo e il Capo della Protezione civile regionale calabrese Carlo Tansi (Avvenire.it del 9.8.2017), dietro gli incendi nel Parco della Sila ci sono aziende forestali, che riforniscono di legname le centrali elettriche a biomasse: gli alberi bruciati mantengono un 70% di potere calorico e vengono cippati e bruciati nelle centrali, mentre senza incendi, essendo in un Parco nazionale, nessuno avrebbe potuto toccarli.

5) Le biomasse sono responsabili del taglio generalizzato degli alberi. Stanno causando la distruzione delle nostre foreste e delle alberature delle nostre città. Il consumo italiano di biomasse forestali vergini, secondo GSE (2017), tra elettrico e termico è circa 52 Mton/anno mentre secondo ENEA (2017) disporremo “solo” di 26 Mton/anno di biomasse vergini: la metà! Per mantenere accese le centrali stiamo deforestando e tagliando alberi dappertutto con le più varie motivazioni, ovviamente surrettizie…

6) Cominciamo ad avere anche evidenze scientifiche dirette di danni alla salute: danni respiratori, neurotossici e aumento del rischio cancerogeno sono mostrati nei lavoratori e negli abitanti vicino alle centrali a biomasse da vari studi scientifici, che riporto nel mio articolo allegato.