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mercoledì 29 aprile 2020

Cinghiali, cosa sta succedendo senza l'uomo in giro

Parco di Veio
Dovunque, nel Lazio, si segnala la presenza di ungulati, e soprattutto cinghiali, in zone dove solo molto raramente erano stati avvistati: le misure contenitive dell'epidemia da Covid-19 hanno reso sporadica la presenza nell'uomo anche in aree rurali, e così la natura si sta riprendendo i propri spazi a dispetto dei cambiamenti di copertura ed uso del suolo (che sono le alterazioni uomo mediate più importanti della superficie terrestre).

Nella foto qui a sinistra, ad esempio, ci troviamo in zona Sorbo, a Formello: in pieno giorno una nutrita famiglia di cinghiali "si mostra" relativamente vicino alla strada. Sebbene nel territorio del Parco di Veio i cinghiali siano tutt'altro che rari, un avvistamento di questo tipo è stato ritenuto estremamente rilevatorio della sicurezza acquisita anche da questi ungulati che solitamente durante il giorno sono soliti tenersi ben a distanza dalle radure.

Il video qui sotto, invece, ci giunge da una zona dei Monti Tiburtini immediatamente a ridosso dell'abitato di Tivoli: qui gli avvistamenti di cinghiali anche nell'abitato periferico non sono rari, però da marzo si segnala una presenza significativamente maggiore.


In Italia il cinghiale (Sus scrofa L.) è l'ungulato selvatico più consistente ed ampiamente distribuito (con circa 700.000 unità), presente su oltre il 65% del territorio nazionale: proprio in virtù della sua presenza diffusa e consistente, della sua plasticità ecologica e dell'opportunismo alimentare (al punto che si parla di "inurbimento" [1] ) è ritenuto la specie maggiormente responsabile del danno economico al comparto produttivo agro-zootecnico-forestale, per non parlare degli incidenti stradali e delle predazioni. Secondo l'Arsial, nel Lazio l'areale di distribuzione si è quintuplicato rispetto agli
anni '50 e risulta presente in oltre il 62% del territorio regionale: la presenza non è stata ovviamente accertata ai laghi ed alle aree fortemente antropizzate (sia in termini di edificato che di agricoltura intensiva).

Ma quali sono i motivi di quello che appare a tutti gli effetti uno squilibrio? Sicuramente una serie di concause: 
  • i processi di riforestazione delle aree marginali con un incremento di superfici che rientrano nell'optimum ecologico [2];
  • i cambiamenti nelle pratiche di gestione forestale [3] e territoriale [4]; 
  • i cambiamenti climatici [5]; 
  • i limiti spaziali e temporali all'attività venatoria [6]; 
  • l'assenza di gestione attiva all'interno delle aree protette di cui alla L.394/91 e nel Lazio L.R. 29/97;
  • l'immissione illegale di soggetti provenienti dall'Europa centro-orientale [7] che si sono incrociati con il maiale domestico [8];
  • il foraggiamento artificiale (operato illegittimamente dalle squadre di caccia per limitare l'erratismo dei cinghiali e legarli alle zone di caccia assegnate) e dissuasivo (per prevenire i danni all'agricoltura;
  • la formazione di cosiddette zone di rifugio, come aree protette o comunque non gestite [9];
  • la mancanza di predatori naturali.
Tale esplosione della diffusione comporta un rilevante rischio ecologico rispetto a diverse specie segnalate nei SIC-ZPS del Lazio: anfibi e rettili (All. 2 Dir Habitat); invertebrati (All. 2 Dir Habitat); uccelli nidificanti a terra o in sua prossimità (All. I Dir Uccelli); lepre italica; e finanche orso bruno marsicano.

A tali criticità di aggiungono l'incombente peste suina africana (una malattia virale che colpisce suini e cinghiali: altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, non è, invece, trasmissibile agli esseri umani) e già due casi di ritrovamento di larve di Trichinella in cinghiali abbattuti a caccia ad Atina (in provincia di Frosinone) e Monte San Biagio (in provincia di Latina), segnalate dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (la Trichinellosi è una zoonosi parassitaria del genere Trichinella che può essere trasmessa sia ad altri esemplari che all'uomo il quale, poco dopo l’ingerimento del pezzo di carne contaminata, sviluppa sintomi quali diarrea, febbre, cefalea e malessere).


[1] Podgórski, T., Baś, G., Jȩdrzejewska, B., Sönnichsen, L., Śniezko, S., Jȩdrzejewski, W., Okarma, H., (2013). Spatiotemporal behavioral plasticity of wild boar (Sus scrofa) under contrasting conditions of human pressure: Primeval forest and metropolitan area. Journal of Mammalogy, 94 (1), pp. 109‐119. 
Cahill, S., Llimona, F., Cabañeros, L., Calomardo, F., (2012). Characteristics of wild boar (Sus scrofa) habituation to urban areas in the collserola natural park (Barcelona) and comparison with other locations. Animal Biodiversity and Conservation, 35 (2), pp. 221‐233. 
Kotulski, Y., König, A., (2008). Conflicts, crises and challenges: Wild boar in the Berlin City ‐ A social empirical and statistical survey. Natura Croatica, 17 (4), pp. 233‐246.
[2] Delibes‐Mateos M., Farfán MÁ., Olivero J., Márquez AL., Vargas JM., (2009) Long‐term changes in game species over a long period of transformation in the iberian Mediterranean landscape. Environ Manage 43 (6).
[3] Bobek B., Boyce MS., Kosobucka M. (1984) Factors affecting Red Deer (Cervus elaphus) population density in south‐eastern Poland. J Appl Ecol. 
[4] Milner JM., Bonenfant C., Mysterud A., Gaillard JM., Csanyi S., Stenseth NC., (2006) Temporal and spatial development of red deer harvesting in Europe: biological and cultural factors. J Appl Ecol. 
[5] Mysterud A., Stenseth NC., Yoccoz NG., Langvatn R., Steinheim G., (2001). Nonlinear effects of large‐scale climatic variability on wild and domestic herbivores. Nature.
[6] Servanty S., Gaillard JM., Toïgo C., Brandt S., Baubet E., (2009) Pulsed resources and climate‐induced variation in the reproductive traits of wild boar under high hunting pressure. J Appl Ecol.
[7] Saez‐Royuela C., Telleriia JL., (1986) The increased population of the wild boar (Sus scrofa L.) in Europe. Mammal Rev 16:97‐101. 
Apollonio M., Randi E., Toso S., (1988). The systematic of the wild boar (Sus scrofa L.) in Italy. B Zool.
[8] Herrero J., Fernández De Luco D. (2002). Wild boars (Sus scrofa L.) in Uruguay: scavengers or predators? Mammalia 67 (4).
[9] Amici A., Serrani F., Rossi C.M., Primi R. (2012). Increase in crop damage caused by wild boar (Sus scrofa L.): the "refuge effect". Agron. Sustain. Dev..